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IL XX FESTIVAL VERDI INAUGURA

CON LA PRIMA ESECUZIONE IN EPOCA MODERNA DI

MACBETH, VERSIONE DI PARIGI 1865,

IN FORMA DI CONCERTO

Roberto Abbado dirige la Filarmonica Arturo Toscanini

e il Coro del Teatro Regio di Parma preparato da Martino Faggiani.

Interpreti Ludovic Tézier (Macbeth), Silvia Dalla Benetta (Lady Macbeth),

Riccardo Zanellato (Banquo), Giorgio Berrugi (Macduff), David Astorga (Malcom),

Francesco Leone (Un médecin), Natalia Garvrilan (La Comtesse),

Jacobo Ochoa (Un serviteur, Un sicaire, Premier fantôme)

Parco Ducale di Parma

venerdì 11 settembre 2020, ore 20.00

domenica 13 settembre 2020, ore 20.00

S’inaugura venerdì 11 settembre 2020, alle ore 20.00 il XX Festival Verdi, “Scintille d’Opera”, nel nuovo teatro all’aperto di Parco Ducale (replica domenica 13 settembre 2020, ore 20.00), con la prima ripresa assoluta dalla sua prima esecuzione a Parigi nel 1865 di Macbeth (1865), melodramma in quattro parti di Giuseppe Verdi, su libretto di Francesco Maria Piave e Andrea Maffei tradotto in francese da Charles Louis Étienne Nuittier e Alexandre Beaumont.

Roberto Abbado, Direttore musicale del Festival Verdi, dirige la Filarmonica Arturo Toscanini e il Coro del Teatro Regio di Parma, preparato da Martino Faggiani, nell’edizione critica della partitura curata da David Lawton, revisionata da Candida Mantica. Il cast è composto da Ludovic Tézier (Macbeth), al suo debutto a Parma e al Festival Verdi, Silvia Dalla Benetta (Lady Macbeth), Riccardo Zanellato (Banquo), Giorgio Berrugi (Macduff), anch’esso al debutto a Parma e al Festival Verdi, David Astorga (Malcolm), Francesco Leone (Un médecin), Natalia Gavrilan (La Comtesse) e Jacobo Ochoa (Un serviteur / Un sicaire / Premier fantôme).

Sarà molto emozionante ascoltare per la prima volta ciò che i parigini ascoltarono in quel lontano 1865, afferma Anna Maria Meo, Direttore artistico del Festival Verdi e Direttore Generale del Teatro Regio di Parma. È questa una delle ragioni di esistenza del Festival Verdi: ascoltare proprio questo Macbeth, in questa versione, non nella prima versione “fiorentina”, del 1847 o in quella del 1865, in italiano, che si può ascoltare in tutto il mondo.

Il Macbeth di Giuseppe Verdi è un’opera coinvolgente, di grande modernità, sia per la scelta del suo soggetto, di genere “fantastico”, sia per la sua concezione teatrale e drammaturgica, fortemente influenzata da Giuseppe Verdi, sia per la sua musica, di grande sottigliezza emotiva e psicologica. Un’opera di cui Giuseppe Verdi seguì personalmente e maniacalmente tutte le fasi realizzative, fin dal suo debutto a Firenze nel 1847 e, successivamente, curando con assiduità il processo trasformativo dell’opera, tra 1864 e 1865, che ci ha consegnato un capolavoro potenziato, sotto tutti gli aspetti, sublime. Un’opera che getta uno sguardo disincantato sulla natura umana, quella dei suoi scellerati personaggi, accecati dalla sete di potere, ma che di parla molto dell’umanità di Giuseppe Verdi, che riesce nonostante tutto ad offrire alle sue “creature” una musica intrisa di pietà”.

Il direttore musicale Roberto Abbado, nelle note di direzione, anticipa: “In Macbeth Giuseppe Verdi aveva in mente e voleva qualcosa di nuovo. Le sue indicazioni si riferiscono peraltro a tutte le dimensioni dell’opera, che diventa un tutt’uno di teatro, poesia, musica, un Gesamtkunstwerk, anticipando le idee e la concezione dell’opera wagneriane, a vantaggio di una estrema concentrazione di espressività. Lavora in particolar modo sull’espressione, sui colori, sul timbro, sul tipo di suono che le parti vocali devono emettere, specialmente nel caso di Lady Macbeth e di Macbeth. La partitura originaria è corredata da una grandissima quantità di indicazioni e prescrizioni, estremamente nuove e precise, talvolta paradossali. Da queste si evince chiaramente che Verdi è alla ricerca di un nuovo tipo di canto, non più un canto belcantistico. E inventa un canto “sussurrato”, che diventerà tipico anche di altre opere future”.

L’ascolto del Macbeth “di Parigi” nella sua versione originale è possibile grazie all’adozione delle edizioni critiche delle partiture verdiane, una scelta coerente con un più ampio disegno del Festival Verdi che, grazie alla preziosa e fruttuosa collaborazione con l’Istituto Nazionale di Studi Verdiani, servendosi di un apporto scientifico rigoroso intende offrire un punto di riferimento al mondo dell’interpretazione musicale verdiana. Le esecuzioni sono integrali e fanno riferimento alla prassi interpretativa ottocentesca, soprattutto per quanto riguarda la vocalità, ferme restando la flessibilità e creatività necessarie a far rivivere la musica di Verdi nel mondo di oggi.

Tra i progetti di quest’anno, spiega Francesco Izzo, Direttore scientifico del Festival Verdi, la “scintilla” più sorprendente è senz’altro il Macbeth in lingua francese. La versione parigina dell’opera (1865) si esegue regolarmente in lingua italiana, e pochi oggi ricordano che essa fu in realtà concepita per essere tradotta in francese, e la prima esecuzione a Parigi avvenne proprio in lingua francese. Verdi era ben consapevole e partecipe di questa scelta, e oggi, per la prima volta da quel debutto del 1865, possiamo far rivivere un testo coinvolgente e sorprendentemente diverso da quello ben noto del libretto italiano. Candida Mantica, ha preparato l’edizione critica di questo testo francese sulla base del lavoro precedentemente svolto da David Lawton, mettendo ordine tra una mole imponente di documenti per presentare un testo francese che rifletta le aspettative di Verdi. Con questo progetto ambizioso e affascinante continua la nostra esplorazione dei rapporti tra Verdi e la cultura operistica francese, seguendo il cammino già tracciato dalle prime esecuzioni in edizione critica di Jérusalem (2017) e Le trouvère (2018)”.

Gli intrighi, la sete di potere, la solitudine, la follia omicida di una coppia al comando sono i protagonisti di “un’opera senza amore”, come fu definita dai suoi contemporanei, già in occasione della prima esecuzione della sua prima versione, a Firenze nel 1847. Allo stesso modo, vent’anni dopo, i parigini la recepirono con freddezza, – come scrive Giuseppe Martini – forse intimiditi da quest’indagine “nel magma oscuro dell’animo umano, attraverso una presa di posizione sulle priorità dei valori civili, e sulle minacce delle fragilità della psiche, possibile da ottenere scenicamente solo grazie a un impatto brutale, che anche nel 1865 risultava ancora inatteso per i parametri estetici correnti, e che sarà apprezzato compiutamente solo nella seconda metà del Novecento”.

Il Macbeth”, opera dalla specifica e inconfondibile “tinta”, “tragoidia” sul tramonto del dispotismo, “noir” avvicente e al contempo dramma carico di pietas, canto della coscienza più remota, capace di dare corpo teatrale alle future conquiste della scienza, per Giuseppe Verdi – come possiamo leggere in una sua lettera, inviata il 4 settembre 1846, a Francesco Maria Piave – era “…una delle più grandi creazioni umane!… Se noi non potremo fare una gran cosa cerchiamo di fare almeno una cosa fuori del comune”.

Il pubblico potrà ascoltare Macbeth seguendo il libretto dell’opera sul proprio smartphone o tablet, nella versione in francese e nella versione in italiano, utilizzando l’app Lyri Live, che può essere scaricata dal gratuitamente. L’applicazione Lyri è disponibile per i dispositivi Apple, Android e Windows Phone. Si consiglia di scaricare l’applicazione prima di recarsi a Parco Ducale ove, in occasione degli spettacoli del Festival Verdi, sarà comunque disponibile una rete wifi denominata “Lyri”. Tre facili passaggi: 1. Scaricare Lyri sullo smartphone/tablet; 2. collegarsi alla rete gratuita Wi-Fi “Lyri”; 3. Avviare la app Lyri e inserire le seguenti credenziali: username: opera | password:opera Il personale di sala sarà a disposizione del pubblico per ogni eventuale necessità.

INFORMAZIONI AL PUBBLICO

I biglietti per gli spettacoli del Festival Verdi sono nominativi.

L’acquisto può essere effettuato alla Biglietteria del Teatro Regio di Parma, la biglietteria del Festival Verdi sita all’ingresso di Parco Ducale, o sul sito teatroregioparma.it senza alcuna commissione aggiuntiva.

I biglietti acquistati sul sito del Teatro saranno inviati via email all’indirizzo fornito all’atto della prenotazione.

Per poter accedere alla sala sarà necessario stamparli o presentarsi muniti di dispositivo mobile su cui esibire la loro versione digitale, assieme a un documento di identità in corso di validità.

L’unico ingresso al Parco Ducale sarà quello dal Ponte Verdi, ove si trova anche la biglietteria del Festival. Ricordiamo di presentarsi con documento di identità valido e mascherina, senza i quali l’accesso non sarà consentito. La mascherina dovrà essere indossata correttamente coprendo naso e bocca per tutto il tempo necessario al raggiungimento del proprio posto e tutte le volte che lo si abbandonerà.

Per evitare ogni forma di assembramento e per ridurre i tempi d’accesso di ogni singolo spettatore, gli ingressi saranno scaglionati, come richiesto dalle autorità competenti, nel modo seguente:

– settore I presentarsi all’ingresso tra le ore 19.00 e le 19.25.

– settore II presentarsi all’ingresso tra le ore 19.30 e le 19.55.

Il Teatro invita dunque gli spettatori a verificare il settore assegnato e a presentarsi all’entrata nella fascia oraria corrispondente.

Ricordiamo che nella zona prospiciente il teatro all’aperto saranno disponibili la caffetteria, il bookshop oltre alle toilette. Non è previsto il servizio di guardaroba.

Un parcheggio coperto, convenzionato con il Teatro Regio di Parma è presente in Viale Toschi (il ticket del parcheggio potrà essere timbrato nell’apposita vidimatrice all’ingresso del parco e garantirà uno sconto sulla sosta del veicolo).

BIGLIETTERIA DEL TEATRO REGIO DI PARMA

Strada Giuseppe Garibaldi, 16/A 43121 Parma

Tel. +39 0521 203999

biglietteria@teatroregioparma.it

Orari di apertura

Fino al 30 agosto 2020 dal lunedì al venerdì ore 11.00-13.00 e 17.00-19.00

Dal 31 agosto 2020 dal martedì al sabato ore 11.00-13.00 e 17.00-19.00

Modalità di pagamento

Il pagamento presso la biglietteria del Teatro Regio di Parma può essere effettuato con denaro contante in Euro, con assegno circolare non trasferibile intestato a Fondazione Teatro Regio di Parma, con PagoBancomat, con carte di credito Visa, Cartasi, Diners, Mastercard, American Express.

BIGLIETTERIA ONLINE DEL TEATRO REGIO DI PARMA

I biglietti per tutti gli spettacoli sono disponibili anche su teatroregioparma.it. L’acquisto online non comporta alcuna commissione di servizio.

PARTNER E SPONSOR

La Stagione 2019-2020 del Teatro Regio di Parma e il Festival Verdi 2020 sono realizzati grazie al contributo di Comune di Parma, Parma Capitale Italiana della Cultura 2020+21, Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo, Reggio Parma Festival, Regione Emilia-Romagna. Major partner Fondazione Cariparma. Main partners Chiesi, Crédit Agricole. Media partner Mediaset. Main sponsor Iren, Barilla, Parmacotto. Sponsor Opem, Dallara, Unione Parmense degli Industriali. Sostenitori Ares, Dulevo, Mutti, Sicim, Agugiaro&Figna, La Giovane, Parmalat, Grasselli, HLB Analisi, Glove ICT Poliambulatori Dalla Rosa Prati, GHC Garofalo Health Care. Legal counselling Villa&Partners. Con il supporto di “Parma, io ci sto!”. Advisor AGFM. La Stagione Concertistica è realizzata da Società dei Concerti di Parma, con il sostegno di Chiesi, in collaborazione con Casa della musica. ParmaDanza è realizzata con il sostegno di CePIM in collaborazione con ATER Associazione Teatrale dell’Emilia-Romagna e Arci Caos. RegioYoung è realizzato con il sostengo di Paladini Otello Supermercati. Con il contributo di Diocesi di Parma, Comitato per San Francesco del Prato, Istituto Nazionale di Studi Verdiani, Opera Europa, Fondazione Monte Parma, Camera di Commercio di Parma, Ascom e Ascom Confcommercio Parma Fondazione. Il Concorso Voci Verdiane è realizzato in collaborazione con Comune di Busseto, Concorso Internazionale Voci Verdiane Città di Busseto, Verdi l’Italiano. Partner istituzionali La Toscanini, Teatro Comunale di Bologna. Partner artistici Coro del Teatro Regio di Parma, Società dei Concerti di Parma, Conservatorio “Arrigo Boito” di Parma, Barezzi Festival. Tour operator partner Parma Incoming. Radio Ufficiale Radio Monte Carlo. Sostenitori tecnici Novotel, Graphital, Codarini Tuega, Cavalca, IgpDecaux, MacroCoop, Grafiche Step, Milosped, Andromeda’s, De Simoni, Azzali editori, Bip Business integration Partners . La promozione internazionale del Festival Verdi 2020 è realizzata dal Teatro Regio di Parma in collaborazione con Italia – Italian national tourist board, Istituti italiani di cultura, Via Emilia | Emilia Romagna A land with a soul, Assessorato alla Cultura della Regione Emilia-Romagna, Emilia-Romagna APT Servizi, Assessorato al Turismo e Commercio del Comune di Parma, con il tour operator partner Parma Incoming. L’immagine esclusiva del Festival è il ritratto di Giuseppe Verdi realizzato a matita da Renato Guttuso negli anni ’60, donato al Teatro Regio di Parma dall’Archivio storico Bocchi e concesso da Fabio Carapezza Guttuso ©Renato Guttuso by SIAE 2020.

Parma, 10 settembre 2020

Paolo Maier

Responsabile Area Comunicazione, Ufficio Stampa, Progetti speciali

Teatro Regio di Parma, strada Garibaldi, 16/A 43121 Parma – Italia
Tel. +39 0521 203969

p.maier@teatroregioparma.it; stampa@teatroregioparma.it

www.teatroregioparma.it

Parco Ducale di Parma

venerdì 11, settembre 2020, ore 20.00, serata inaugurale

domenica 13 settembre 2020, ore 20.00

Durata 3 ore e 20 minuti, compreso un intervallo

MACBETH
IN FORMA DI CONCERTO

Versione di Parigi (1865)

Melodramma in quattro parti su libretto di Francesco Maria Piave e Andrea Maffei, da Shakespeare.
Traduzione in francese di Charles Louis Étienne Nuitter e Alexandre Beaumont.

 

Musica GIUSEPPE VERDI
Revisione a cura di Candida Mantica sull’edizione critica a cura di David Lawton
The University of Chicago Press, Chicago e Casa Ricordi, Milano

Personaggi

Interpreti

Macbeth

LUDOVIC TÉZIER

Lady Macbeth

SILVIA DALLA BENETTA

Banquo

RICCARDO ZANELLATO

Macduff

GIORGIO BERRUGI

Malcolm

DAVID ASTORGA

Un médecin

FRANCESCO LEONE

La Comtesse

NATALIA GAVRILAN

Un serviteur /Un sicaire /

Premier fantôme

JACOBO OCHOA

Maestro concertatore e direttore

ROBERTO ABBADO

FILARMONICA ARTURO TOSCANINI

CORO DEL TEATRO REGIO DI PARMA

Maestro del coro 

MARTINO FAGGIANI

NOTE DI DIREZIONE

Roberto Abbado

Eseguire il Macbeth in francese, come fu fatto a Parigi nel 1865, rappresenta la particolarità della proposta del Festival Verdi, quest’anno.

Giuseppe Verdi lavorò alla seconda versione del suo Macbeth (dopo la prima rappresentazione assoluta dell’opera, nel 1847 a Firenze) in italiano, su libretto di Francesco Maria Piave, con l’aiuto di Andrea Maffei che, pur essendo un grande intellettuale, e un punto di riferimento per il mondo della cultura del XIX secolo, non era un librettista, e Verdi lo sapeva. Maffei, dopo aver opposto resistenza (come fece nel caso dei Masnadieri), ha prodotto insieme a Piave e a Verdi un libretto meraviglioso. Ed è questo libretto ad essere poi stato tradotto in francese. La nostra sfida, quest’anno, sarà dunque affrontare la particolarità e la difficoltà che questo testo, pur tradotto in francese con grande intelligenza e musicalità, presenta ai cantanti e ai musicisti più in generale.

In Macbeth, Verdi lavora molto sull’espressione, sui colori, sul timbro, sul tipo di suono che le parti vocali devono emettere, specialmente nel caso di Lady Macbeth e di Macbeth. La partitura originaria è corredata da una grandissima quantità di indicazioni e prescrizioni, estremamente nuove e precise. Da queste si evince chiaramente che Verdi è alla ricerca di un nuovo tipo di canto, non più un canto belcantistico, e inventa un canto sussurrato, che diventerà tipico anche di altre opere future. Lo ricerca dando indicazioni teatrali, quasi registiche, talvolta paradossali: per esempio prescrivendo di cantare con “suono muto”, e a seguire “sempre più piano”. In Macbeth Verdi aveva in mente e voleva qualcosa di nuovo. E le sue indicazioni si riferiscono peraltro a tutte le dimensioni dell’opera, che diventa un tutt’uno di teatro, poesia, musica, un Gesamtkunstwerk, anticipando le idee e la concezione dell’opera wagneriane, a vantaggio di una estrema concentrazione di espressività.

Emerge l’importanza del concetto di “tinta” che Verdi sviluppò molto presto in realtà e che, si può dire, aver coniato quale termine tecnico musicale lui stesso, riassumendo genialmente un’idea complessa in una parola chiara a tutti. Ma la “tinta” in Verdi è in realtà un organismo estremamente complesso, un modo di concepire tutta l’opera, tale per cui ogni opera di Verdi, dalla particolare “tinta”, è un unicum e non somiglia a nessun’ altra. Il Macbeth (che evidentemente è un’opera di forti contrasti, emozioni fortissime, per la quale Verdi scrive una musica che passa molto rapidamente da un estremo all’altro, anche sul piano dinamico, dal sussurro estremo al grido) in realtà è congegnato in base a una logica ferrea, una unica struttura, un unico progetto musicale, non solo teatrale. La tinta di Macbeth è basata sull’intervallo più semplice: quello di semitono, da cui derivano le scale cromatiche (usate abbondantemente in Macbeth, ad esempio nelle scene delle Streghe) e, per somma, la terza minore e, per somma di terze, l’accordo di settime diminuita, usata per modulare in modo estremamente rapido; una tecnica perfettamente funzionale a illustrare i cambi repentini di umore dei personaggi di quest’opera. Verdi nell’organizzare la tinta di Macbeth non si limita solo all’andamento melodico e all’armonia, ma coinvolge anche il ritmo, privilegiando ritmi che sono spessi ossessivi e ripetitivi per, ancora una volta, caratterizzare le ossessioni dei due protagonisti.

I personaggi di Macbeth sono “da manuale di psichiatria”: perciò i loro cambi di umore sono così importanti, e così anche i cambi di atmosfera, così ricchi e numerosi, come nelle scene delle streghe, dove predomina l’effetto soprannaturale. Qui si sente inoltre l’influenza su Verdi della musica di Berlioz, che denota un atteggiamento positivo, di grande curiosità e apertura, che corrisponde al desiderio di Verdi di esser aggiornato su ciò che avveniva nel resto dell’Europa. Anche il finale della versione del 1865 di Macbeth, per esempio, l’Inno di vittoria, composto nella tonalità di la minore, e che ha una struttura ritmica ossessiva e ripetitiva, fa riferimento all’ultimo movimento della Sinfonia Scozzese di Mendelssohn, anch’esso in la minore, che presenta una struttura ritmica simile, ma in un tempo molto più rapido. Non posso pensare che l’abbinamento di ritmo e tonalità siano frutto di una casualità.

Tuttavia c’è una differenza tra i due membri di questa coppia scellerata: Lady Macbeth è una donna glaciale, che ordisce i delitti più efferati, apparentemente con assoluta freddezza, senza sembrarne turbata. Se non nella scena del sonnambulismo, dove lei appare demente, e racconta, e dove il suo inconscio la costringe a rivivere quanto ha vissuto in passato. Qui la grandezza di Verdi sta nel presentarci la Lady, nell’introduzione orchestra con un bellissimo tema, così triste, così intenso e carico di pietà. Ci mostra che riesce a provare un sentimento di pietà persino nei confronti di quest’assassina. Un sentimento, la pietas, che Verdi dimostra di provare in maniera anche più intensa per Macbeth, che nel suo complesso dipinge con tratti quasi più umani: Macbeth è sconvolto dai sensi di colpa, che lo accompagnano prima e dopo gli assassini, che si manifestano sotto forma di allucinazioni nella scena del banchetto. E anche a lui Verdi offre con generosità una musica piena di compassione.

I personaggi di Verdi sembrano veri: ma Verdi e i suoi librettisti, in realtà non hanno scoperto nulla di nuovo, perché tutto il loro bagaglio e armamentario arriva dal teatro greco che Verdi certamente reinterpreta in una chiave molto moderna, anticipando addirittura gli esiti degli studi di psichiatria e di psicologia dei decenni successivi.

MACBETH

Giuseppe Martini

Nel marzo 1864 il direttore del Théâtre Lyrique Impérial di Parigi Léon Carvalho comunicò a Verdi la propria intenzione di allestire una versione francese di Macbeth, che peraltro Verdi aveva già pensato di far tradurre per l’Opéra di Parigi nel 1847, poco dopo il debutto alla Pergola di Firenze, anche se in quell’occasione le contrattazioni non erano decollate. Ricevuta la proposta di Carvalho e riaperto lo spartito di sedici anni prima, Verdi constatò immediatamente che molte parti della versione andata in scena nel 1847 non corrispondevano più al gusto di metà anni Sessanta e alla propria evoluzione musicale, vale a dire l’aria di Lady del secondo atto, alcuni squarci della scena delle apparizioni con l’aria di Macbeth del terzo atto e le prime scene del quarto, ed erano tutte da rifare, inteso che per il gusto parigino sarebbe stato necessario poi inserire il balletto d’obbligo e, su richiesta di Carvalho, sostituire l’aria di Macbeth finale con un coro.

Alle proteste di Verdi di prendere tempo, Carvalho rispose con un’offerta lauta di compenso e che si sarebbe assunto gli oneri della traduzione del libretto. Convinto da questi argomenti, Verdi cominciò a lavorare ai rifacimenti musicali nei primi giorni del dicembre 1864 e il 3 febbraio 1865 spedì la partitura finita a Ricordi. I rifacimenti delle parti in versi furono affidati a Francesco Maria Piave.

Il balletto fu realizzato in modo da inserirlo nella forma più congrua possibile nel terzo atto della vicenda (scena della consultazione delle streghe da parte di Macbeth): un ballabile in cinque movimenti con apparizione di Ecate chiusa da un sabba prima dell’arrivo di Macbeth, e un ballabile di ondine e silfidi su Macbeth svenuto dopo le profezie.

Il nuovo Macbeth andato in scena al Théâtre Lyrique il 21 aprile 1865, peraltro senza la presenza a Parigi di Verdi e con scarso successo, è perciò un’opera rielaborata musicalmente da Verdi sulla base del libretto in italiano del 1847 con alcune parti poetiche rifatte per l’occasione, e poi tradotto in francese esclusivamente in funzione di quelle rappresentazioni parigine: la sua vita teatrale successiva è sempre proseguita nella nuova versione italiana, per la prima volta messa in scena nel 1874 alla Scala di Milano, e tuttora resta quella normalmente rappresentata nei teatri di tutto il mondo.

Rispetto a quella del 1847, la versione del 1865 rinuncia all’intimismo dolente della scena finale di Macbeth, che ora muore dietro le quinte, e accresce quella tinta torbida rispondente all’esigenza verdiana di rendere il realismo e il gusto per il fantastico shakespeariani, che avevano rappresentato fin dall’inizio per Verdi la possibilità di accedere a caratteri scenici inconsueti rispetto agli standard del teatro musicale italiano e a soluzioni espressive più vicine alle sue ambizioni innovative e realistiche. Fra queste si devono annoverare una scrittura vocale non già compiaciuta sulla suadenza, bensì disponibile a piegarsi all’espressione delle psicologie dei personaggi in parallelo alla distorsione del colore orchestrale, in ordine all’atmosfera fosca del dramma, e la convergenza di tutti gli elementi scenici per una resa più impressiva possibile. Da qui, le raccomandazioni verdiane sugli effetti scenografici, sulla potenza della parola e sulla gestualità, alle quale dedicò anche nel 1865 attenzioni particolari e prescrizioni categoriche.

Oltre la componente soprannaturale, in Macbeth l’obiettivo di Verdi resta la resa del magma oscuro dell’animo umano attraverso una presa di posizione sulle priorità dei valori civili e sulle minacce delle fragilità della psiche, possibile da ottenere scenicamente solo grazie a un impatto brutale, che anche nel 1865 risultava ancora inatteso per i parametri estetici correnti, e che sarà apprezzato compiutamente solo nella seconda metà del Novecento.

IL LIBRETTO

Giuseppe Martini

L’intervento di revisione compiuto tra il novembre 1864 e l’inizio di febbraio 1865 da Francesco Maria Piave sul libretto della versione del 1847 che era stata in parte realizzata da lui stesso e in parte (ultimi due atti) da Andrea Maffei, riguardò soprattutto il rifacimento dell’aria di Lady del I atto (“Trionfai”, sostituita da “La luce langue”), il

recitativo con la scena delle apparizioni, il duetto del terzo atto (“Ora di morte” al posto di “Vada in fiamme”) e il finale ultimo, nel quale l’Inno di vittoria sostituisce il solo di Macbeth “Mal per me che m’appressai”.

I cambiamenti erano sembrati opportuni a Verdi sia dopo aver riletto l’opera a distanza di tanto tempo, sia su sollecitazione dell’impresario Carvalho, che aveva richiesto espressamente un coro al posto della morte di Macbeth. Piave lavorò in gran parte a Venezia, ma anche due volte insieme a Verdi a Sant’Agata nel gennaio 1865. In molti casi i suggerimenti di Verdi furono molto espliciti, è addirittura nel caso di “La luce langue” i versi sono quasi del tutto opera sua e della Strepponi.

Non furono comunque intaccati i fondamenti del linguaggio della prima versione poetica: versi ficcanti, parole incisive, varietà di registri espressivi, alto e basso, comico e sublime. Lo stesso Verdi aveva richiesto a Piave di abbassare il registro linguistico per i cori delle streghe già all’epoca della prima versione, il cui sunto era stato preparato seguendo la traduzione italiana della tragedia compiuta da Carlo Rusconi nel 1838.

Rispetto al testo shakespiriano non appaiono perciò alcune situazioni determinanti sul piano del grottesco come la scena del portiere, mentre i primi due atti sono fusi nel primo del libretto, che comincia alla terza scena del dramma, tagliando cioè quella del campo e in seguito comunque tutte quelle in cui parla Duncan, che nell’opera è personaggio muto, e quelle in cui appaiono Ross e Lennox. Gli altri atti seguono la scansione degli ultimi tre del dramma, con soppressione della prima scena del terzo atto di Shakespeare e di quella nel castello di Macduff.

Su questo libretto in italiano Verdi lavorò al rifacimento delle parti musicali e su questo libretto si esercitò la traduzione francese, che l’editore parigino Léon Escudier si incaricò fin dall’inizio di far preparare. In realtà all’inizio dell’autunno del 1864, per accelerare i tempi, Escudier aveva fatto fare una traduzione provvisoria a Édouard Duprez, fratello del tenore Gilbert, sulla quale cominciarono a lavorare cori e cantanti, mentre Verdi ancora doveva cominciare a metter mano alla musica nuova.

Il problema di una traduzione in francese era sempre molto delicato, stante le diversità timbriche e prosodiche

fra le due lingue. E infatto la traduzione Duprez, preoccupata di star dietro alla lettera, presentava evidenti diversità ritmiche rispetto alla musica, per cui Escudier, di certo consapevole ma anche constatata la disapprovazione di Verdi, in gennaio incaricò Charles Nuittier e Alexandre Beaumont (vero cognome Beaume), che già avevano

tradotto in francese i libretti di Zauberflöte e Tannhäuser, che a metà aprile era pronta.

Proprio per la necessità di seguire il decorso ritmico dell’originale italiano (su cui Verdi aveva congruamente modellato la musica), la traduzione francese di Macbeth non può risultare sempre fedele alla lettera di quella italiana (lo è ad esempio nella scena del sonnambulismo, molto meno nel finale o nel coro iniziale del quarto atto) e talvolta

attinge addirittura all’originale shakespiriano (inizio della scena delle streghe nel terzo atto); inoltre a un occhio più attento si percepiscono alterazioni nelle dimensioni di alcuni pezzi a solo rispetto alla versione italiana: l’aria di Lady del primo atto è più lunga di due versi, quella del secondo atto è più lunga di nove versi, le arie di Macduff e

Macbet del quarto atto più lunghe rispettivamente di tre e otto versi.

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