Serena conduce operaclassica eco italiano.

Anna Netrebko in concerto al Maggio Fiorentino, domenica 27 giugno alle ore 20 in un programma interamente verdiano con arie e sinfonie d’opera da NabuccoLa forza del destinoMacbeth,  I Vespri sicilianiAidaLuisa Miller e Il trovatore.

L’Orchestra del Maggio è diretta da Marco Armiliato.

Ampliata la capienza del Teatro del Maggio fino a 880 spettatori.

Firenze 23 maggio 2021 – Una delle più importanti e celebri stelle del panorama lirico mondiale Anna Netrebko, al Maggio domenica 27 giugno 2021 alle ore 20, nell’ambito dell’83esima edizione del Festival in un concerto interamente dedicato a Giuseppe Verdi con arie e sinfonie dalle sue opere: NabuccoLa forza del destinoMacbethI Vespri sicilianiAidaLuisa Miller e Il trovatore. L’Orchestra del Maggio è diretta da Marco Armiliato.

In occasione del passaggio in zona bianca della Toscana, rispetto alle restrizioni precedenti il Teatro del Maggio ha potuto ampliare la capienza della sala da 500 fino a 880 posti; il concerto che risultava già esaurito quindi ora gode di una maggiore disponibilità per il pubblico.

La locandina dell’atteso concerto annuncia di Giuseppe Verdi la sinfonia di Nabucco, e dalla stessa opera (parte seconda, scena prima e seconda) l’aria: “Ben io t’invenni… Anch’io dischiuso un giorno… Salgo già del trono aurato”; la sinfonia da La forza del destino; da Macbeth, (atto IV, scena quarta): l’aria “Una macchia è qui tuttora”; la sinfonia da I Vespri siciliani; da Aida (atto I, scena prima): l’aria “Ritorna vincitor”; la sinfonia da Luisa Miller, e da Il trovatore (parte prima, scena seconda): “Tacea la notte placida… Di tale amor che dirsi”.

Vent’anni separano l’ultima presenza di Anna Netrebko a Firenze tanto che possiamo considerare questo concerto, praticamente, un nuovo debutto fiorentino del celeberrimo soprano russo: ventinovenne era già presente infatti nei cartelloni del Teatro del Maggio come solista della Messa in si minore di Johann Sebastian Bach diretta da Ivor Bolton al Teatro dei Rinnovati di Siena il 22 novembre 2000 per la Stagione “Micat in Vertice” dell’Accademia Musicale Chigiana, poi replicata il giorno successivo al Teatro Comunale di Firenze e alla Chiesa di Santo Stefano al Ponte come Concerto di Natale il 22 dicembre. L’anno dopo, ma durante il 64esimo Festival del Maggio, Anna Netrebko tornò a Firenze per interpretare la parte della Donna israelita nell’oratorio Judas Maccabaeus di Georg Friedrich Händel diretto sempre da Ivor Bolton al Teatro della Pergola il 26 e il 27 maggio.

La frequentazione più assidua di Anna Netrebko con le opere di Giuseppe Verdi inizia alla fine degli anni Novanta, quando ancora componente della compagnia del Teatro Mariinskij di San Pietroburgo, interpreta i personaggi di Gilda nel Rigoletto e di Nannetta nel Falstaff, parti che oggi vengono considerate “leggere”, ma che in realtà risultano molto più credibili se affidate a una voce di soprano lirico così come le aveva concepite Verdi. Passa, negli anni successivi, a interpretare tutti i personaggi delle opere presenti nel programma del recital al Maggio dove, nel concerto del 27 giugno appunto, presenta anche una ghiotta novità: il suo debutto come Abigaille dal Nabucco (che interpreterà nel prossimo mese di novembre alla Staatsoper di Vienna).

BIOGRAFIE

Anna Netrebko

Soprano, nata nel 1971 a Krasnodar in Russia, ha studiato canto al Conservatorio di San Pietroburgo. Come madre e come appassionata sostenitrice dei diritti dei bambini, supporta numerose organizzazioni benefiche, fra cui including SOS-Kinderdorf International e la Children’s Welfare Society russa. Dal 2006, è global ambassador per i gioielli Chopard. “Prima donna” per antonomasia del 21° secolo, Anna Netrebko ha ridefinito il ruolo di star dell’opera, divenendo il più ammirato soprano del mondo e lasciando un marchio indelebile, sia nelle performances dal vivo che in disco, nelle interpretazioni delle più iconiche eroine del melodramma. Anche adesso, che si è volta ad un repertorio più drammatico, continua a raggiungere nuove vette interpretative. Mentre all’inizio della carriera, la sua voce ricca e flessibile, unita a vivacità, sensualità e brio sulla scena, la imposero come interprete di riferimento nei ruoli lirici di Mozart e nel belcanto. Anna Netrebko infatti debuttò a 22 anni ne Le nozze di Figaro (Susanna) al Teatro Mariinskij, diretta dal suo mentore Valery Gergiev. Ma nel 2002, grazie alle sue memorabili perfomances al Metropolitan di New York e al Covent Garden di Londra, e soprattutto alla sua trionfale interpretazione di Donna Anna in Don Giovanni al Festival di Salisburgo, che si impose come una star della lirica. Sempre con grandi successi, il suo repertorio comprendeva i ruoli protagonistici femminili ne La traviata, La bohème pucciniana, Roméo et Juliette, Manon di Massenet, La sonnambula, Lucia di Lammermoor, Don Pasquale, L’elisir d’amore, nonché Guerra e Pace di Prokof’ev, interpretati nei più importanti teatri d’opera, quali: Metropolitan di New York, San Francisco Opera, Royal Opera House Covent Garden di Londra, Wiener Staatsoper, Opéra di Parigi, Opera di Zurigo, Berlin Staatsoper e Bayerische Staatsoper e al Festival di Salisburgo, dove divenne presenza costante. Nel 2004 interpretò, insieme a Anne Hathaway e Julie Andrews il film Hollywood’s Princess Diaries II e si esibì, accanto a Plácido Domingo, davanti a decine di migliaia di spettatori, alla Waldbühne di Berlino, alla vigilia della finale della Coppa del Mondo di calcio 2006; nel 2007, partecipò alla Last Night of the Proms, debuttò in concerto alla Carnegie Hall con Dmitri Hvorostovsky e cantò in onore del regista Martin Scorsese in occasione del 30° Annual Kennedy Center Honors di fronte al Presidente degli Stati Uniti e, nel 2016, fu una dei pochi artisti a esibirsi in un recital solistico sold-out alla Metropolitan Opera. Già in questi anni, Anna Netrebko, grazie alla maggiore potenza della voce, incluse nel suo repertorio Iolanta (protagonista), Evgenij Onegin (Tatiana) e Anna Bolena, accolta da un trionfo nella prima esecuzione dell’opera al Metropolitan nel 2011, l’anno del suo debutto alla Scala. Dopo l’opera donizettiana, inaugurò, per tre volte consecutive, la stagione del Met. Oltre che in teatro, Anna Netrebko ottenne grande successo come interprete de La bohème, il film di Robert Dornhelm, realizzato nel 150° anniversario della nascita di Puccini. Fra gli altri impegni di quel periodo, ricordiamo: un concerto con Andrea Bocelli nella trasmissione della BBC per i Classical BRIT Awards 2008; un recital con Daniel Barenboim alla Philharmonie di Berlino; la performance al Newsweek and Daily Beast’s 2012 per il Summit Women in the World e il concerto con Dmitri Hvorostovsky dalla Piazza Rossa di Mosca, trasmesso in televisione. A dimostrazione della grande considerazione in cui è tenuta in Russia, fu chiamata ad eseguire l’Inno olimpico in occasione della cerimonia di apertura della Olimpiadi invernali di Sochi nel 2014, trasmessa in televisione in tutto il mondo. Dalla sua partecipazione a questa cerimonia, e dopo essere divenuta la prima artista di musica classica inserita dalla rivista Time fra i 100 personaggi più influenti al mondo, Anna Netrebko è considerata l’ambasciatrice internazionale dell’opera e una delle personalità artistiche più emozionanti dei nostri giorni. Fuori dal palcoscenico, sui social media, condivide la sua incontenibile joie de vivre, attraverso il suo amore per la famiglia, la moda e il cibo, ispirando le persone a vivere in maniera gioiosa ed esaltando ciò che le rende uniche. Ora, al vertice delle sue potenzialità, fa leva sull’eccezionale maturazione della sua voce per raggiungere i ruoli più impervi della lirica. Il suo debutto come protagonista in Giovanna d’Arco al Festival di Salisburgo 2013 e la contemporanea incisione del suo album Verdi per Deutsche Grammophon, hanno segnato un punto di svolta nella decisione di lasciare i ruoli di soprano lirico, per i quali era prima celebre. In seguito ha debuttato Leonora ne Il trovatore alla Staatsoper di Berlino; Manon in Manon Lescaut all’Opera di Roma (diretta da Riccardo Muti e con il tenore Yusif Eyvazov, divenuto poco dopo suo marito) e Lady Macbeth in Macbeth alla Bayerische Staatsoper (ruolo ripreso nel  2015-16 per il 10° anniversario della serie di spettacoli Metropolitan Opera Live in HD, della quale è il volto più conosciuto e la star più frequentemente impegnata). Fra i suoi impegni successivi segnaliamo: Giovanna d’Arco e Andrea Chénier (Maddalena), spettacoli inaugurali delle stagioni della Scala 2015 e 2017; il suo primo approccio wagneriano con Lohengrin (Elsa) a Dresda (2016); i debutti in Adriana Lecouvreur (protagonista) al Teatro Mariinskij e in Aida al Festival di Salisburgo e Tosca al Metropolitan di New York (2018). Anna Netrebko continua ad esibirsi in ruoli sempre più impegnativi anche nella Stagione 2018-19, debuttando fra l’altro ne La forza del destino (Leonora) al Covent Garden di Londra e cantando per la prima volta al Metropolitan Aida e Adriana Lecouvreur; mentre nella Stagione 201920 debutta in Turandot (protagonista) alla Bayerische Staatsoper e in Don Carlo (Elisabetta) alla Semperoper Dresden; apre per la quarta volta la stagione della Scala con Tosca e canta più volte al Metropolitan di New York, dove ripropone la sua Lady Macbeth, oltre ad esibirsi in una serie di concerti con Yusif Eyvazov a Minsk, San  Pietroburgo, Madrid, Barcellona, Copenhagen, Praga, Vienna, Amburgo, Liegi and Berlino. Sempre nel 2019 la coppia debutta alla Elbphilharmonie di Amburgo, è all’Arena  di Verona e a Parigi per le celebrazioni del 350° anniversario dell’Opéra: impegni che rappresentano il culmine di due decadi  di presenza dominante sui palcoscenici di tutto il mondo. Artista in esclusiva di Deutsche Grammophon dal 2003, Anna Netrebko vanta una vastissima discografia che comprende albums solistici, opere complete e brani concertistici: il suo recital solistico Verismo (2016), primo nella  classifica delle vendite in decine di paesi, ottenne una nomination ai Grammy Awards e vinse il Diapason d’Or de l’Année nella categora “Vocal Recital”. Le sue altre incisioni solistiche:  Opera Arias, Sempre Libera, Duets, Russian AlbumSouvenirs, In the Still of Night, Anna Netrebko: Live at the Metropolitan Opera, Anna Netrebko: Verdi e DIVA: The Very Best of Anna Netrebko sono state altrettanti bestsellers, così come le registrazioni complete de La traviata, Le nozze di Figaro, La bohème, I Capuleti e i Montecchi, Giovanna d’Arco, Iolanta, Manon Lescaut, War Requiem di Britten, Stabat Mater di Pergolesi e Rossini e Vier letzte Lieder di Richard Strauss. Nella loro prima collaborazione discografica nel 2017 Anna Netrebko e suo marito Yusif Eyvazov hanno realizzato Romanza, una raccolta di Duetti d’amore, con il producer russo Igor Krutoy, mentre in DVD ricordiamo Lohengrin; Ruslan e Ljudmila, Matrimonio al convento, La traviata, Le nozze di Figaro, I puritani, Manon, Lucia di Lammermoor, Don Pasquale, Anna Bolena, Evgenij Onegin, La bohème, Don Giovanni, Il trovatore, Macbeth, nonché una raccolta di video musicali intitolata Anna Netrebko: The Woman, the Voice. Anna Netrebko ha ricevuto numerosi premi ed onorificenze, fra cui: il Metropolitan Opera Guild Luncheon 2018; le nominations ai Grammy Awards per le incisioni Violetta e Russian Album; l’International Opera Award 2017 come “Best Female Singer”; l’Opera News Award 2016; “Musicista dell’anno” 2008 per Musical America; il prestigioso Premio Bambi in Germania e i Classical BRIT Awards nel Regno Unito come “Singer of the Year” e “Female Artist of the Year”. Avendo doppia cittadinanza russa e austriaca, nel 2017 ha ottenuto in Austria il titolo di “Kammersängerin” – destinato ai più grandi cantanti d’opera – e nel 2018 l’American Austrian Foundation’s Exchange Prize; e in Russia il Russian State Prize (il più importante riconoscimento nel campo delle arti e della letteratura) nel 2005 e, nel 2008, è stata nominata Artista del Popolo. Anthony Tommasini, ha scritto di lei sul “New York Times”: “Un soprano dotato della forza di una star in tutti i sensi e di un’espressività carismatica che pervade ogni elemento delle sue performances”.

Marco Armiliato

Artista di riferimento nel panorama lirico internazionale, dirige fin dagli esordi della sua carriera artisti quali Luciano Pavarotti, Plácido Domingo e più recentemente Anna Netrebko, Jonas Kaufmann e Angela Gheorghiu. È ospite dei teatri più prestigiosi al mondo e collabora stabilmente con la Metropolitan Opera di New York (dove ha all’attivo più di 400 recite), l’Opéra de Paris e la Wiener Staatsoper. Particolarmente presente in campo discografico, incide per numerose etichette, ricevendo il prestigioso Grammy Award per il suo CD Verismo con Renée Fleming, Jonas Kaufmann e l’Orchestra Sinfonica e Coro Sinfonico di Milano Giuseppe Verdi. Nel 1995 debutta alla Wiener Staatsoper con Andrea Chénier di Giordano, titolo con il quale farà il suo esordio anche al Metropolitan di New York l’anno successivo. Inizia così una brillante carriera che lo vede regolare ospite nei teatri: Bayerische Staatsoper, Deutsche Oper di Berlino, Royal Opera House Covent Garden di Londra, Opéra national de Paris, Opernhaus di Zurigo, Wiener Staatsoper, Teatro Real di Madrid, Gran Teatre del Liceu di Barcellona, Teatro Regio di Torino, Teatro dell’Opera di Roma e Arena di Verona. Tra gli impegni delle stagioni passate La bohème, Il trovatore, Manon Lescaut, Aida, La fanciulla del West, Cyrano de Bergerac di Alfano al Metropolitan di New York; La bohème, Roméo et Juliette, Simon Boccanegra, Manon Lescaut, La traviata, una nuova produzione de Il trovatore e de I Capuleti e i Montecchi, L’elisir d’amore, Simon Boccanegra, Don Pasquale, TurandotAida, La fanciulla del West, Otello, Samson et Dalila, Rigoletto, Tosca, Andrea Chénier alla Wiener Staatsoper, dove ha diretto anche il Gala lirico per i 150 anni del Teatro viennese; Lucia di Lammermoor a Barcellona; La traviata (nuova produzione), Otello, Manon e La fanciulla del West a Zurigo; La traviata e Andrea Chénier alla Bayerische Staatsoper; Madama Butterfly a Chicago; La fille du régiment e Otello a Parigi. Dirige inoltre una nuova produzione di Faust alla Deutsche Oper di Berlino; Manon Lescaut (in forma di concerto), Lucrezia Borgia, Adriana Lecouvreur e un Gala lirico al Festival di Salisburgo; l’Orchestra del Teatro alla Scala per il grande concerto di apertura dell’Expo 2015 in Piazza Duomo a Milano, dove poi torna per dirigere La traviata alla Scala. Tra gli impegni più recenti: La traviata, Andrea Chénier, Tosca e un concerto di Gala a Monaco di Baviera; Madama Butterfly a Madrid; Rigoletto e Il trovatore a Chicago. Tra gli altri impegni della Stagione 2019/2020 ricordiamo Macbeth, La bohème e Turandot a New York; Tosca, La bohème, Aida, Il trovatore a Vienna; La bohème a Mosca e Londra; La bohème, Aida e una serie di concerti a Zurigo; Tosca a Monaco di Baviera e a Salisburgo e Mefistofele ad Amsterdam. All’Arena di Verona fa il suo esordio nel 2010 con Il trovatore, ritornandovi nel 2012 per Aida e Tosca; nel 2014 per Madama Butterfly; nel 2019 per La traviata e nel 2020, per il Festival d’estate 2020, per il Requiem di Mozart e per il concerto speciale post covid-19 Nel cuore della Musica. Nei mesi più recenti ha diretto Tosca a Monaco, Don Pasquale e Nabucco a Vienna, un serie di concerti al Festival di Ravello e Norma a Madrid. Tornerà quest’estate all’Arena di Verona per dirigere Cavalleria rusticana e Pagliacci e al Teatro del Maggio, dove ha diretto La rondine, per un concerto di Gala, mentre a Napoli, in Piazza del Plebiscito, dirigerà Il trovatore.

Orchestra del Maggio

Musicale Fiorentino

Fondata nel 1928 da Vittorio Gui come Stabile Orchestrale Fiorentina, è impegnata fin dagli esordi nell’attività concertistica e nelle stagioni liriche del Teatro Comunale di Firenze ed è, oggi, una delle più apprezzate dai direttori e dai pubblici di tutto il mondo. Nel 1933, alla nascita del Festival, prende il nome di Orchestra del Maggio Musicale Fiorentino. A Gui subentrano come direttori stabili Mario Rossi (nel 1937) e, nel dopoguerra, Bruno Bartoletti. Capitoli fondamentali nella storia dell’Orchestra sono la direzione stabile di Riccardo Muti (1969-’81) e quella di Zubin Mehta, Direttore principale dall’85. Nel corso della sua storia l’Orchestra del Maggio è guidata da alcuni fra i massimi direttori quali: Victor De Sabata, Antonio Guarnieri, Gino Marinuzzi, Gianandrea Gavazzeni, Tullio Serafin, Wilhelm Furtwängler, Bruno Walter, Otto Klemperer, Issay Dobrowen, Jonel Perlea, Erich Kleiber, Arthur Rodzinski, Dimitri Mitropoulos, Herbert von Karajan, Leonard Bernstein, Thomas Schippers, Claudio Ab ba do, Lorin Maazel, Carlo Maria Giulini, Georges Prêtre, Wolfgang Sawallisch, Carlos Kleiber, Georg Solti, Riccardo Chailly, Giuseppe Sinopoli, Seiji Ozawa, Daniele Gatti e Fabio Luisi, che dall’aprile 2018 al luglio 2019 è stato Direttore musicale dell’Orchestra. Attualmente Zubin Mehta è Direttore onorario a vita. Illustri compositori co me Richard Strauss, Pietro Ma scagni, Ildebrando Pizzetti, Paul Hindemith, Igor Stravinskij, Goffredo Petrassi, Luigi Dallapiccola, Krzysztof Penderecki e Luciano Berio dirigono loro lavori al Maggio Musicale Fiorentino, spesso in prima esecuzione. Fin dagli anni Cinquanta l’Orchestra realizza numerose incisioni discografiche, radiofoniche e televisive, insignite di prestigiosi riconoscimenti fra i quali, nel 1990, il Grammy Award. Nell’ottantesimo anniversario della fondazione riceve il Fiorino d’Oro della Città di Firenze. Frequenti le tournées internazionali guidate da Zubin Mehta, per rappresentazioni operistiche e concerti in Europa, Asia, Medio Oriente e Sud America. Recentissima la tournée al Festival di Salisburgo per un concerto sinfonico e Tosca in forma di concerto, diretti da Zubin Mehta.

ANNA NETREBKO, DONO SPLENDIDO ALL’OPERA LIRICA

di Giovanni Vitali

Ekaterinodar, letteralmente “dono di Caterina”, l’attuale Krasnodar, “dono splendido”, venne fondata nel 1793 dai Cosacchi del Kuban’. E dono splendido all’opera lirica di questa bella città caucasica del sud della Russia è Anna Netrebko, una delle maggiori stelle del firmamento operistico dei nostri tempi, probabilmente oggi il soprano più celebre al mondo. A differenza delle grandi primedonne del passato, che apparivano spesso sui quotidiani e sulle riviste – pensiamo a due icone del Novecento come Maria Callas e Renata Tebaldi -, ma che non avevano a disposizione internet, la sua enorme popolarità è conseguenza di un’intensissima attività sui social media che, in tempo reale, ci informa su dove si trova, cosa sta facendo, come è vestita, fornendo tanti particolari anche sulla sua vita privata: sull’amatissimo figlio Tiago e sull’altrettanto amato marito, il simpatico e bravo tenore azero Yusif Eyvazov. Ma non è questo l’aspetto che ci interessa maggiormente, e che comunque dovrà essere considerato da chi – in futuro – vorrà tracciare una storia dell’opera del ventunesimo secolo, quanto piuttosto l’evoluzione artistica di Anna Netrebko, la quale – in vent’anni – è passata da Mozart e dal belcanto a Verdi e al verismo. Un percorso artistico ardito e coraggioso che in passato hanno compiuto altri grandissimi soprani – ad esempio Renata Scotto o Mirella Freni -, ma in un arco di tempo praticamente doppio. È lo specchio dei nostri tempi e quindi anche della vita teatrale odierna, in cui le tappe si bruciano con rapidità e in cui i cantanti di talento presentano una maturazione vocale e interpretativa molto più veloce di quanto non accadesse anche soltanto trenta o quarant’anni fa. A differenza di altre artiste, che sono rimaste scottate anche pesantemente da queste fiamme, Anna Netrebko non soltanto è riuscita a uscirne indenne, ma anche a fornire prove molto convincenti sia nel repertorio verdiano che in quello verista, esattamente come hanno fatto la Scotto e la Freni. Tutto ciò grazie alla tecnica e all’intelligenza con cui ha saputo gestire l’evoluzione di una voce che si è gradualmente ampliata e irrobustita, senza perdere omogeneità dal registro grave a quello acuto. Anzi, quello che colpisce di questa nuova Netrebko “drammatica” è proprio la magnifica, vellutata colonna di suono che si innalza tutta uguale dalle fondamenta alla sommità, come se l’artista avesse trovato la giusta dimensione nella quale collocare con agio la propria vocalità, facendola emergere in tutta la sua avvolgente bellezza timbrica. Emblematica, in tal senso, la sua interpretazione di una delle arie più magiche dell’intero repertorio verdiano, quel “D’amor sull’ali rosee” nel Trovatore in cui il tempo sembra sospendersi per lasciare spazio all’incanto e all’estasi (accadde così il 29 giugno 2019 quando in migliaia, all’Arena di Verona, trattennero il fiato come ipnotizzati per cinque lunghissimi minuti, prima di esplodere in interminabili ovazioni). La frequentazione più assidua di Anna Netrebko con le opere di Giuseppe Verdi inizia alla fine degli anni Novanta, quando la giovane cantante di Krasnodar, ancora componente della compagnia del Teatro Mariinskij di San Pietroburgo, interpreta i personaggi di Gilda nel Rigoletto e di Nannetta nel Falstaff, parti che oggi vengono considerate “leggere”, ma che in realtà risultano molto più credibili se affidate ad una voce di soprano lirico così come le aveva concepite Verdi (le prime interpreti furono rispettivamente Teresa Brambilla, che cantava Nabucco, Ernani, Luisa Miller e Attila, e Adelina Stehle, la quale fu un’apprezzata interprete delle opere del verismo come Pagliacci, Adriana Lecouvreur e Fedora). La prima svolta nella carriera verdiana della Netrebko avviene all’inizio degli anni Duemila, quando inizia a portare al di fuori della Russia la sua Violetta Valéry nella Traviata, prima nel 2003 a Vienna e a Monaco di Baviera, poi nel 2005 a Salisburgo con la famosa produzione firmata dal regista Willy Decker e dominata nella scenografia di Wolfgang Gussmann da un gigantesco orologio: il tempo che sfugge inesorabile alla vita della signora delle camelie. A quell’epoca la sua Violetta era sexy, nevrotica, disperatamente attaccata alla vita, come può esserlo una ragazza fresca e avvenente di fronte alla morte imminente; di recente, quando l’ha ripresa a Milano nel 2017 a diversi anni di distanza dall’ultima produzione, l’interpretazione è apparsa molto più matura e interiorizzata: passionale, grintosa, infine straziata e vinta da quella terribile immagine di damnatio memoriae evocata dai versi di Francesco Maria Piave nella seconda strofa di “Addio del passato” (ahimè, troppo spesso omessa e invece così commovente): “Le gioie, i dolori tra poco avran fine, la tomba a mortali di tutto è confine. Non lagrima o fiore avrà la mia fossa, non croce col nome che copra quest’ossa!”.Sono questi gli anni che coincidono con la nascita della star Anna Netrebko, primadonna talentuosa e bellissima, protagonista di produzioni di successo e di CD pubblicati dalla Deutsche Grammophon che si collocano immediatamente ai vertici delle classifiche internazionali come l’album d’esordio Opera Arias del 2003 con i Wiener Philharmoniker diretti da Gianandrea Noseda e Sempre libera del 2004 con la Mahler Chamber Orchestra guidata da Claudio Abbado (particolare importante per comprendere di quale rilevanza fosse il progetto concepito dall’etichetta tedesca intorno alla nuova, giovane diva russa). A Salisburgo la ricerca dei biglietti per La traviata era spasmodica, gli appassionati che davanti al Festspielhaus esponevano il cartello con scritto “Suche Karte!” erano decisamente più numerosi del consueto e personalmente mi vidi offrire addirittura duemila euro in cambio del mio tagliando (che non cedetti – nonostante la clamorosa e seducente generosità dell’offerta – per l’interesse di ascoltare riuniti in un unico cast la Netrebko, Rolando Villazón e Thomas Hampson, ma soprattutto per la curiosità suscitata da uno spettacolo di cui tutti parlavano con opinioni diametralmente opposte: non mi piacque, questo però è un altro discorso). Fino al 2009 Anna Netrebko mantiene in repertorio Gilda e Violetta, cantando Rigoletto a Londra, Monaco di Baviera, New York e La traviata a Berlino, Londra, Vienna, San Francisco. Le basi della svolta verso il repertorio verdiano più drammatico vengono gettate nel 2013 con il CD monografico registrato a Torino con l’Orchestra del Teatro Regio diretta da Gianandrea Noseda in cui, accanto a pagine dai Vespri siciliani e dal Don Carlo, compaiono le arie principali da Giovanna d’Arco, Macbeth e Il trovatore: un primo, felice approccio alle parti di Giovanna, Lady Macbeth e Leonora composte per soprani come Erminia Frezzolini, Marianna Barbieri Nini e Rosina Penco, cantanti dalle voci potenti e drammatiche ma anche eredi della grande tradizione belcantistica del primo Ottocento, quindi perfettamente congeniali all’evoluzione in atto nella vocalità della Netrebko, che difatti debutta Giovanna d’Arco in forma di concerto al Festival di Salisburgo nel 2013, riprendendola poi per l’inaugurazione della stagione del Teatro alla Scala il 7 dicembre 2015 (a mio parere una delle sue prove in assoluto più entusiasmanti per la perfetta definizione vocale e scenica della pulzella d’Orléans), Macbeth a Monaco di Baviera e Il trovatore a Salisburgo nel 2014. Due interpretazioni, quest’ultime, che vengono perfezionate e approfondite nel corso degli anni successivi, spesso in produzioni di grande interesse: Macbeth a New York nel 2014 per la direzione di Fabio Luisi e la regia molto british di Adrian Noble, ma anche a Berlino nel 2016 con Daniel Barenboim sul podio e un eccezionale Plácido Domingo in uno degli ultimi spettacoli “espressionisti” firmati da Harry Kupfer prima della morte. Di pochi giorni fa è il debutto a Vienna nella produzione per la direzione di Philippe Jordan e la regia di Barrie Kosky accanto al Macbeth di riferimento dei nostri tempi, Luca Salsi. La Lady di Anna Netrebko è senza dubbio una delle migliori che si siano udite recentemente per la facilità quasi sprezzante nel dominio dell’impervia tessitura e per la completezza di questo straordinario personaggio che risulta protervo, sensuale, tormentato e folle, esattamente come era nelle intenzioni di Shakespeare e di Verdi (ma anche di Piave e di Andrea Maffei, che dettero il loro bel contributo alla realizzazione di un capolavoro, sia nella prima versione fiorentina del 1847 che in quella rivista per Parigi nel 1865). Della maliosità ipnotica della sua Leonora nel Trovatore ho già detto, ma vorrei sottolineare ancora la sensualità e la malinconia con cui il soprano tratteggia, attraverso una vocalità rotonda e pastosa, i lineamenti di una stupenda madonna rinascimentale ritratta dal Botticelli: tale era, ad esempio, nel corrusco, ferrigno allestimento di Franco Zeffirelli per l’Arena di Verona. L’ampliamento del repertorio prosegue nel 2019 con La forza del destino a Londra diretta da Antonio Pappano per la regia di Christof Loy e un cast all stars: Jonas Kaufmann, Ludovic Tézier, Ferruccio Furlanetto, Veronica Simeoni e Alessandro Corbelli che conferisce a Fra’ Melitone un rilievo come non accadeva dai tempi in cui lo interpretava Sesto Bruscantini (oggi abbiamo Nicola Alaimo che si inserisce autorevolmente su quella strada). La Donna Leonora di Anna Netrebko ha il portamento, l’orgoglio e la passionalità delle nobildonne andaluse con la consueta propensione a superare le difficoltà vocali della parte, soprattutto quella dell’ampiezza della tessitura, in souplesse. Resta invece ancora tutta da scoprire la sua Elisabetta di Valois nel Don Carlo, debuttata a Mosca nel 2020 e che la Netrebko ha ripreso due mesi fa sempre al Teatro Bol’šoj, ma che attendiamo con curiosità in rappresentazioni al di fuori della Russia.La sterzata decisiva di Anna Netrebko verso il Verdi della maturità avviene con il debutto in Aida al Festival di Salisburgo nel 2017 diretta da Riccardo Muti, opera poi ripresa a New York nel 2018. Anche nel personaggio della schiava etiope il soprano trova una chiave interpretativa perfettamente affine alla sua personalità, evidenziandone i tratti esotici, sensuali e di regale fierezza con una padronanza vocale sorprendente per un esordio ed emblematicamente rappresentata da un “O cieli azzurri” già di riferimento – complice il meraviglioso, soffice e nostalgico tappeto sonoro steso sotto al suo canto da Muti con i Wiener Philharmoniker – in cui persino la salita al do acuto nelle frasi conclusive dell’aria, croce e delizia per tante cantanti di razza, presenta una facilità d’emissione, una compatezza di suono e un’uguaglianza nei registri davvero straordinarie. Possiamo considerare questo concerto di Anna Netrebko, con l’Orchestra del Maggio Musicale e un direttore molto apprezzato e di grande esperienza nel repertorio operistico come Marco Armiliato, praticamente un nuovo debutto fiorentino del soprano russo. In effetti la ventinovenne Anna era già apparsa nei cartelloni del nostro teatro come solista della Messa in si minore di Johann Sebastian Bach diretta da Ivor Bolton al Teatro dei Rinnovati di Siena il 22 novembre 2000 per la Stagione “Micat in Vertice” dell’Accademia Musicale Chigiana, poi replicata il giorno successivo al Teatro Comunale di Firenze e alla Chiesa di Santo Stefano al Ponte come Concerto di Natale il 22 dicembre. In quell’occasione Giuseppe Rossi sulla “Nazione” ne apprezzò l’adeguatezza dei mezzi vocali e gli ottimi intenti stilistici definendola “incantevole”. L’anno dopo, ma durante il Festival del Maggio, la Netrebko tornò a Firenze per interpretare la parte della Donna israelita nell’oratorio Judas Maccabaeus di Georg Friedrich Händel diretto sempre da Ivor Bolton al Teatro della Pergola il 26 e il 27 maggio. Di nuovo Rossi sulla “Nazione” ne sottolineò la freschezza della voce, mentre Elisabetta Torselli sul “Corriere di Firenze” venne colpita soprattutto dalla grazia dell’espressione e dal bel colore vocale, peculiarità che di lì a poco l’avrebbero imposta all’attenzione internazionale. In almeno tre delle famosissime Sinfonie che ascolteremo nel concerto di questa sera – Nabucco, I vespri siciliani, La forza del destino – possiamo rintracciare come filo conduttore un geniale esperimento verdiano: quello di trasferire all’interno del melodramma italiano la monumentale struttura del grand-opéra francese. Mentre I vespri siciliani sono un grand-opéra  a tutti gli effetti, nati come Les vêpres siciliennes a Parigi con tanto di balletto nel terzo atto, Nabucco e soprattutto La forza del destino si presentano ancora più interessanti nella commistione degli elementi drammaturgici e musicali caratterizzanti i due generi. Alla tradizione della Sinfonia che presenta ed elabora i motivi più significativi dell’opera, alla quale appartengono tutti e tre i brani precedentemente citati, fa eccezione quella per Luisa Miller, basata su un solo tema e costruita secondo lo schema della forma-sonata. Una ghiotta novità nel repertorio verdiano di Anna Netrebko è costituita dalla scena e aria di Abigaille dal secondo atto del Nabucco, un’opera finora mai affrontata in scena dal soprano russo che la debutterà nel prossimo mese di novembre alla Staatsoper di Vienna. La vocalità del personaggio presenta quelle caratteristiche tipiche delle parti femminili del primo Verdi che abbiamo già evidenziato in precedenza; il brano si apre con un recitativo di grande veemenza nel quale Abigaille, fino a quel momento creduta figlia del sovrano assiro, apprende – da un documento segreto sottratto a Nabucco – di essere umile “prole di schiavi”. La declamazione spinge la voce del soprano dal registro grave a quello acuto e viceversa con sempre maggiore arditezza, fino al terribile, spettacolare salto di due ottave (dal do5 al do3) nella frase conclusiva “o fatal sde-gno”. Segue un’aria sognante, “Anch’io dischiuso un giorno”, degna del miglior Bellini e in cui il giovane Verdi si rivela talentuosissimo nell’arte dell’invenzione melodica evocando i perduti giorni della felicità amorosa di Abigaille. La vibrante cabaletta “Salgo già del trono aurato”, in cui la terribile amazzone, aizzata dal Gran Sacerdote di Belo, dai magi e dai grandi del regno, decide di impadronirsi della corona, spodestando il re Nabucco e condannando a morte la sorella Fenena e tutti gli Ebrei, ci ripresenta di nuovo quel soprano drammatico d’agilità tipico della prima metà dell’Ottocento capace di affrontare frasi di grande tensione emotiva e colorature vertiginose con un’estensione e una potenza vocali molto ampie. È impressionante constatare come la “Gran Scena del Sonnambulismo” di Lady Macbeth fosse già stata concepita nella sua forma definitiva da Verdi nella prima edizione fiorentina dell’opera nel 1847 e non sia stata minimamente rivista nella versione parigina del 1865: il compositore, infatti, “con autentico criterio, non tocca quanto, pur alla luce della spietata disamina di se stesso (…), gli sembra possedere una qualità drammatica e musicale degna di restar immutata”, nota Paolo Isotta nell’ultimo saggio della sua vita Verdi a Parigi. In questo sconvolgente pezzo, fulcro del quarto atto della versione fiorentina, troviamo Verdi impegnato nella sperimentazione della “parola scenica”, costruita su frammenti di motivi da intonare sempre sotto voce e talvolta a voce spiegata: “tuttavia – osserva Julian Budden – nonostante i pertichini del Dottore e della Dama e le frasi spezzate di Lady Macbeth, “Una macchia è qui tuttora… Via, ti dico, o maledetta!”, l’effetto è quello di una melodia senza fine, senza interruzioni o ripetizioni”. Pura genialità verdiana. Il senso “ultimo” della follia di Lady sta tutto in quel re bemolle acuto sulle parole “Andiam, Macbetto, andiamo, andiam” da cantarsi con un fil di voce: estremo congedo da un’esistenza divisa fra ambizione, lussuria ed efferate crudeltà, la cui inattesa “angelicità” contribuisce a rendere ancora più terribile il personaggio, sia nella definizione drammaturgica che nella difficoltà esecutiva. “Ritorna vincitor!…” è il primo momento nell’opera Aida in cui emerge con evidenza il conflitto interiore della protagonista, la figlia del re d’Etiopia ridotta in schiavitù presso la corte dei Faraoni, combattuta fra l’amore per il capitano delle guardie Radamès e il legame di sangue con il padre, i fratelli e la patria lontana. Il giovane condottiero sta per recarsi in battaglia contro il re Amonasro, che ha invaso l’Egitto per liberare la figlia; Aida augura a Radamès di uscire vittorioso dallo scontro, ma contemporaneamente vorrebbe vederlo trucidato dall’esercito etiope. Il canto della giovane schiava scorre con intensa drammaticità in quella perfetta consonanza tra parola e musica che Verdi riesce a creare in una pagina da lui stesso definita nella partitura non “aria”, ma bensì “scena”, secondo quel processo di superamento della struttura convenzionale ormai in atto da tempo nella sua poetica artistica. Analiticamente possiamo suddividere il pezzo in cinque brevi sezioni: l’Allegro agitato “Ritorna vincitor!…”, in cui Aida prende coscienza delle conseguenze di ciò che ha augurato a Radamès; il Più mosso “L’insana parola”, dove la protagonista si augura la vittoria dell’esercito etiope; l’Andante poco più lento “E l’amor mio?… Dunque scordar poss’io”, nel quale Aida esprime il proprio sentimento per Radamès sul bellissimo tema iniziale del Preludio al primo atto; l’Allegro giusto poco agitato “I sacri nomi di padre, d’amante”, in cui ella descrive il suo conflitto interiore, sfocia infine nel Cantabile “Numi pietà del mio soffrir!”, una preghiera struggente e dolcissima che si spegne “morendo” nel suono caldo e ambrato dei violoncelli. In un contesto drammaturgico diverso si colloca la scena e cavatina di Leonora dal primo atto del Trovatore: la protagonista racconta alla confidente Ines come, in una notte di luna piena, abbia incontrato di nuovo quell’ignoto guerriero, “bruno le vesti ed il cimier, lo scudo bruno e di stemma ignudo”, di cui si era innamorata tempo addietro durante un torneo. La struttura del numero musicale segue le convenzioni dell’epoca (recitativo, aria, tempo di mezzo con pertichino, cabaletta), ma le melodie qui si espandono in un’atmosfera tipicamente romantica, richiedendo all’interprete morbidezza d’espressione (“Tacea la notte placida”) e slancio passionale (“Di tale amor che dirsi”).

 

Deja una respuesta

Tu dirección de correo electrónico no será publicada. Los campos obligatorios están marcados con *