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TEATRO SAN CARLO

 

 

Piazza del Plebiscito

25 giugno – 17 luglio 2021

 

 

Applausi per la prima di Carmen di Bizet

 

Sold out in Piazza del Plebiscito per l’apertura della seconda edizione di Regione Lirica.

In mille hanno applaudito ieri sera venerdì 25 giugno la prima di Carmen di Georges Bizet interpretata da Elīna Garanča e tutti gli artisti del cast: Brian Jadge, Mattia Olivieri, Daniele Terenzi, Gabriele Sagona Selene Zanetti, Aurora Faggioli, Mariam Battistelli, Michele Patti, Filippo Adami, il direttore Dan Ettinger, l’Orchestra, il Coro e il Coro di Voci Bianche del Teatro di San Carlo

Lo spettacolo sarà in replica domenica 27 giugno alle 20,15.

 

Il prossimo appuntamento con Regione Lirica è domenica 4 luglio con il Balletto del Teatro di San Carlo protagonista di una serata intitolata Da Petipa a Nureyev, a cura della nuova direttrice del Balletto Clotilde Vayer, che prevede nella prima parte l’esecuzione di alcuni estratti da La Bella Addormentata di Pëtr Il’ič Čajkovskij con la coreografia di Marius Petipa e nella seconda parte il II Atto da Il Lago dei Cigni di Pëtr Il’ič Čajkovskij con la coreografia di Rudolf Nureyev.

Lo spettacolo andrà poi in scena al Teatro di San Carlo il 9, 10 e 11 luglio.

 

Guida all’ascolto di Carmen di Georges Bizet

Dal programma di sala

           Ogni donna è fiele, non concede che due ore di letizia:

una sul letto di nozze, una sul letto di morte.

 

Con questa esaustiva epigrafe di Pallada, antico poeta alessandrino, Prosper Mérimée decreta sin da principio il sanguinario epilogo della sua Carmen. A dare il suggestivo titolo al racconto è un’ammaliante gitana che col suo intrigo porterà alla rovina Don José, uomo di saldi principi e vero protagonista della vicenda, conducendolo a un amore funesto, così folle da risolversi nella più ossessiva e fatale delle gelosie. Da questa novella, comparsa nel 1845 sulla “Revue des Deux Mondes” tra notizie di politica e suggestioni esotiche, nel 1874 Henri Meilhac e Ludovic Halévy avrebbero tratto il libretto per la Carmen musicata da Georges Bizet. La commissione era giunta dall’impresario Camille du Locle per l’Opéra-Comique di Parigi, un teatro che da oltre un secolo ospitava spettacoli caratterizzati da parti musicate e dialoghi parlati, da elargire a famiglie borghesi abituate a rappresentazioni leggere, formali e di facile fruizione. Carmen, dunque, non poté che ricevere un’accoglienza ostile. La gestazione del lavoro non fu cosa semplice e sia testo che musica subirono continui rimaneggiamenti durante le prove: tra il tema scabroso, un’orchestrazione troppo complessa, le richieste al coro di muoversi sulla scena e le difficoltà a reperire un mezzosoprano disposto a prestarsi a un finale dissoluto e immorale come la morte, Bizet stava mettendo a dura prova la resistenza del teatro dell’Opéra. La prima del 3 marzo 1875 fu applaudita e disprezzata; la critica si divise tra sostenitori e detrattori, tra gli affezionati alle prassi del gusto corrente e gli spiriti più inclini alle nuove tendenze artistiche. Tra questi secondi figurò Célestine Galli-Marié che, oltre a vestire per prima i panni della protagonista, fu tra i maggiori alfieri dell’opera. Eppure di lì a poco Carmen avrebbe decretato il successo internazionale e postumo del suo compositore. Il trentaseienne Georges Bizet, morto esattamente tre mesi dopo la prima all’Opéra parigina, non poté godere del consenso tributato al suo lavoro. Fu lungimirante Friedrich Nietzsche nell’affermare entusiasta che questo dramma avrebbe segnato i repertori di tutta Europa. Ancora oggi Carmen è tra le opere più rappresentate di sempre. Epurato dalle parti più cruente, il racconto di Mérimée, ambientato a Siviglia ai primi dell’Ottocento, era riproposto in una formula drammaturgicamente perfetta: quattro personaggi chiave, un contenzioso sentimentale, la musica a definire il luogo e il significato dell’azione e un destino onnipresente, rivelato fin dal tema del Prélude. Nei quattro quadri che compongono l’opera va in scena un gioco di potere espresso nella funzione dei diversi ruoli. Carmen è una donna, una sigaraia e una gitana. La sua figura è il sunto di quanto meno accettabile per la società. Eppure la sua forza, il potere effimero della libertà, è valore ancestrale e supremo. Il motto “vivere liberi o morire”, repubblicano e pienamente francese, descrive in maniera compiuta il personaggio di Carmen. La donna entra in scena presentandosi con una sublime e perturbante Habanera; chiarisce dal principio la sua visione dell’amore, un sentimento libero da imposizioni e orgogliosamente rivendicabile a costo della vita. Nella rituale reiterazione ossessiva del ritmo dell’Habanera Carmen affascina e incanta gli astanti con l’incedere luttuoso di una melodia gitana, estranea alla musica colta occidentale. A lei sola, il compositore riserva la vitalità delle nacchere che scandiscono con ritmo euforico il fluire del tempo. Ed è proprio il suo istinto che l’esotismo della musica vuole esprimere: una pulsione sconosciuta alla ragione dell’uomo civile, lontana e incontrollabile, intrisa di erotismo e di magia. Nella Francia dell’Imperialismo coloniale in cui vive Bizet, Carmen pone in scena i rapporti tra condizione civile e selvaggia, lucidamente espressi nella dicotomia tra istinto e ragione. Don José, nuovo Otello, è l’incarnazione della giurisdizione. Uomo di origini comuni e legato ai valori della famiglia e della patria, si autodetermina nel potere del controllo e del comando. Ha totale discrezionalità sulla vita di lei lungo tutto il dramma, dalla decisione iniziale di liberarla dalla prigionia fino all’assassinio di cui rivendica con dolore l’autorialità nell’ultimo disperato grido “c’est moi qui l’ai tuée!”. Ammaliato dal fascino delle emozioni libere e coinvolto nel desiderio della possessione, l’uomo giunge alla sua personale disfatta mettendo progressivamente in discussione le logiche razionali fino al riaffiorare della sua indole. L’arte del compositore si esprime anche attraverso i personaggi di Escamillo e Micaëla che fungono da contrappeso e apportano equilibrio alla vicenda. I due offrono un espediente all’azione e prendono corpo rispettivamente in una musica “fatua”, rappresentazione del prestigio sociale del toreador, e in una lirica formale, espressione della purezza spirituale della donna-angelo. In uno scenario che è tanto tragico quanto più è festante, la Spagna di Bizet non è solo un’ambientazione folklorica o il pretesto per un esotismo di maniera ma è sede di desideri e dissidi, è lo spazio del pathos, passione e patimento insieme, il luogo in cui prendono corpo ritmi frenetici, melodie sinuose e forme popolari prestate alla lirica, come il Paso Doble della corrida, la Seguidille o l’Habanera che il compositore ricavò dal brano El arreglito scritto da Sebastián Iradier e molto in voga in Francia in quegli anni. L’orchestra, con tutta la tavolozza di timbri, si concede a questa creazione. Bizet entra a gamba tesa nel realismo più crudo, raccontando la storia di ogni epoca e di ogni società patriarcale. Scava in maniera incisiva nella psicologia dei personaggi attraverso il racconto musicale di una realtà, quella del sottoproletariato urbano, che nella Parigi della seconda rivoluzione industriale stava avanzando con la vacuità e la dissoluzione propri di uno strato sociale sofferente e capace di piegare ogni ferrea fiducia nella razionalità del progresso. Ma il potere seduttivo del sanguinario contrasto tra Eros e Thanatos ha destinato quest’opera a un successo senza tempo.

(Maria Rossetti)

 

 

Con preghiera di pubblicazione e/o diffusione

 

 

 

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