Quello che Mary ha sognato però non è fantasia, ma proviene da qualcosa che ha visto. Lo scienziato pazzo del suo romanzo esiste veramente e si chiama Giovanni Aldini . Mary Shelley, oltre che ai propri sogni, ha attinto a piene mani dalla realtà per costruire il suo personaggio fantascientifico: è infatti noto che la giovane immaginò gli esperimenti del dott. Frankestein ispirandosi alle ricerche dello scienziato bolognese Luigi Galvani sulla stimolazione muscolare, che avevano aperto la strada a una nuova teoria, il galvanismo . Proprio a questi studi Shelley fa esplicito riferimento al termine del secondo capitolo del noto libro. Il trait d’union tra la scrittrice e Galvani pare sia stato il nipote di quest’ultimo, Giovanni Aldini, trasferitosi in Inghilterra, patria della Shelley, per proseguire gli esperimenti dello zio.
Ma chi è Giovanni Aldini?
Aldini vive a Bologna dove insegna fisica. Nipote di Luigi Galvani, è un acceso sostenitore della possibilità di rianimare i morti tramite corrente elettrica . Tanto che alla vita da insegnante rispettabile ne affianca presto un’altra, molto più oscura. Aldini, seguendo le orme dell’illustre nonno, comincia a fare esperimenti su cadaveri di animali . Le rane però non gli bastano e si sposta su teste di mucche o altri animali di grossa taglia. Fa dimostrazioni pubbliche durante le quali richiama sempre più gente. Gli esperimenti consistono nel sottoporre le teste a stimoli elettrici ottenuti grazie a una grande pila. Il risultato sono mascelle che si spalancano, lingue che si dibattono, occhi che si spalancano.
Il successo spinge Aldini ad alzare la posta. Così comincia a usare teste e corpi umani. Sono quelli dei condannati a morte, che lo scienziato preleva direttamente dai luoghi dell’esecuzione oppure sottrae alla sepoltura facendo accordi con polizia e autorità. Le sue dimostrazioni scientifiche si trasformano presto in veri spettacoli. Accorrono folle numerose di curiosi che alla fine vanno via inorriditi e stupefatti per quello che hanno visto. Si diffonde la voce che Aldini sia a un passo dall’impresa di riportare in vita i morti. Lo scienziato però non è ancora soddisfatto: i corpi dei condannati per decapitazione sono quasi del tutto privi di sangue, quindi meno reattivi al passaggio della corrente elettrica. È questo il motivo per cui non è ancora riuscito ad animare completamente un cadavere.
Così si reca a Londra dove trova il soggetto perfetto: George Forrest , un giovane di estrazione sociale molto bassa, sospettato di omicidio della moglie e del figlio. Passano 6 soli giorni tra l’inizio del processo e la condanna a morte di Forrest. Anche se non ci sono prove, si dice che Aldini abbia fatto pressione sui giudici per ottenerne rapidamente la condanna a morte. Sono invece sono certe le pressioni di Giovanni Aldini sul medico delle carceri, il dottor Halmond, affinché gli conceda l’uso del cadavere di Forrest. Infatti, subito dopo l’esecuzione, Aldini e il suo assistente prelevano il corpo dal patibolo e lo portano in un ambulatorio accanto alla prigione. Quello che accade dopo lascia i presenti senza fiato. Il corpo di Forrest, attraversato da potenti scariche elettriche, si scuote, sobbalza, gli occhi si aprono, il respiro riprende e anche il battito cardiaco . Almeno fintanto che la pila scarica energia. Poi il cadavere ritorna immobile. Il dottor Halmond è inorridito, ed è convinto di aver visto tornare in vita il povero ragazzo. Così scappa a casa in preda ad agitazione e muore d’infarto due ore dopo tra le braccia della moglie, alla quale racconta l’accaduto. La moglie chiama la polizia e racconta tutto ai giornali, che danno ampio spazio alla vicenda. È così che Mary Shelley, ancora bambina, viene a sapere di tutta questa storia. Dai giornali che legge suo padre. È l’inizio di un incubo che porterà alla nascita di un mito. Per Aldini invece è la fine di un sogno, la dimostrazione un fallimento, e da quel momento cesserà gli esperimenti.