Serena conduce operaclassica eco italiano.

CARMEN

L’opera di Georges Bizet torna al Regio dopo 19 anni
nel nuovo allestimento realizzato in coproduzione con iTeatri di Reggio Emilia, con la regia di Silvia Paoli, le scene di Andrea Belli, i costumi di Valeria Donata Bettella, le luci di Marcello Lumaca, i video di Francesco Corsi,
le coreografie di Carlo Massari. Protagonisti Martina Belli / Ramona Zaharia, Arturo Chacon Cruz / Azer Zada, Marco Caria / Alessandro Luongo,
Laura Giordano / Veronica Marini, diretti da Jordi Bernacer sul podio dell’Orchestra dell’Emilia-Romagna “Arturo Toscanini”, del Coro del Teatro Regio di Parma preparato da Martino Faggiani e del Coro di voci bianche
del Teatro Regio di Parma preparato da Massimo Fiocchi Malaspina

Dedicate all’opera, le iniziative di RegioInsieme: l’illustrazione commissionata a Enrica Mannari a sostegno di una associazione a tutela delle donne vittime di violenza; gli incontri sulla libertà, online e in presenza, per le scuole, l’Università e gli spettatori sensibili; l’approfondimento con Carla Moreni e gli allievi dell’Accademia Verdiana per gli ospiti delle RSA e i detenuti dell’Istituto Penitenziario di Parma; il workshop e il concorso Scrivere d’Opera dedicati agli studenti delle scuole superiori di Parma. Inoltre in programma lo spettacolo di danza di Almamia Dance Project con le coreografie di Maurizio Bigonzetti e lo spettacolo di Imparolopera per le scuole di Bruno Stori

Teatro Regio di Parma
12, 14, 15, 16, 21, 23 gennaio 2022

Carmen, opéra-comique in quattro atti di Henry Méilhac e Ludovic Halévy dal romanzo Carmen di Prosper Mérimée, musica di Georges Bizet, torna in scena al Teatro Regio di Parma dopo 19 anni, mercoledì 12 gennaio 2022, ore 20.00 (recite venerdì 14 ore 20.00, sabato 15 ore 17.00, domenica 16 ore 15.30, venerdì 21 ore 20.00, domenica 23 gennaio 2022, ore 15.30) in un nuovo allestimento, realizzato in coproduzione con iTeatri di Reggio Emilia, con la regia di Silvia Paoli, che firma per la prima volta la messinscena di quest’opera, le scene di Andrea Belli i costumi di Valeria Donata Bettella, le luci di Marcello Lumaca, i video di Francesco Corsi, le coreografie di Carlo Massari/C&C Company.

Jordi Bernàcer dirige l’Orchestra dell’Emilia-Romagna “Arturo Toscanini”, il Coro del Teatro Regio di Parma preparato da Martino Faggiani e il Coro di voci bianche del Teatro Regio di Parma preparato da Massimo Fiocchi Malaspina. Interpreti: Martina Belli (Carmen), Arturo Chacon Cruz (Don José, per la prima volta al Teatro Regio), Marco Caria (Escamillo), Laura Giordano (Micaëla), Armando Gabba (Dancairo), Saverio Fiore (Remendado), Gianni Giuga (Morales), Massimiliano Catellani (Zuniga), Eleonora Bellocci (Frasquita), Chiara Tirotta (Mercedes). Nelle recite del 15 e del 21 gennaio Carmen sarà interpretata da Ramona Zaharia, Don José da Azer Zada, Escamillo da Alessandro Luongo, Micaëla da Veronica Marini (al debutto nel ruolo), questi ultimi tutti per la prima volta al Teatro Regio.

“Il Teatro Regio a partire dal 2018 si è impegnato esplicitamente e diffusamente in una campagna contro la violenza sulle donne – dichiara Anna Maria Meo, Direttore generale del Teatro Regio di Parma. È stata una scelta che ha generato una prima iniziativa, illuminando di rosso la facciata del Teatro Regio ed esponendo sui suoi gradini scarpe rosse in occasione della giornata dedicata a questo dramma il 25 novembre di ogni anno. Abbiamo coinvolto in questa iniziativa anche i bambini più piccoli, illuminando di rosso una poltrona che in occasione degli spettacoli di RegioYoung viene lasciata vuota, diffondendo al contempo un messaggio registrato da un bambino che invita ad aver rispetto delle bambine. Tra le altre iniziative ideate e realizzate, segnalo il corso per visite guidate al Teatro Regio durante il quale abbiamo formato donne vittime di violenza sia nel 2019 sia nel 2020, anche durante il lockdown, con una parte del corso che non si è interrotto e si è tenuto online. La campagna coinvolge anche i social media del Teatro, con l’hashtag #neancheperfinta. Abbiamo così immaginato di portare avanti questa campagna di sensibilizzazione non solo durante la giornata dedicata ma anche nel corso di tutto l’anno. L’occasione di questo allestimento di Carmen, la produzione con cui il Teatro Regio inaugura la Stagione Lirica del 2022, ci dà moltissimi nuovi spunti per riflettere su una tematica che è quella della libertà delle donne, che Carmen porta fino alle estreme conseguenze. Quindi auspichiamo che questa inaugurazione di Stagione non sia solo l’occasione per assistere a una bella e nuova produzione e per ascoltare buona musica, ma per riflettere su una tematica molto importante e molto attuale”.

“La realizzazione dell’opera commissionata a Bizet dall’Opéra-Comique – scrive lo storico della musica Giuseppe Martini – fu particolarmente tormentata: perplessa dalla scabrosità del soggetto, ritenuto poco opportuno per un teatro frequentato dalla borghesia parigina, la direzione teatrale continuava a rinviarne la messinscena […]. Alla fine Carmen andò in scena il 3 marzo 1875: una delle creazioni destinate a maggior gloria di tutta la storia operistica incontrò un pessimo debutto […]. Ma a Vienna Carmen piacque a tutti: a Wagner, a Ciajkovskij, a Brahms. Bismarck, che Brahms stimava il miglior orecchio operistico di Germania, la vide ventisette volte. Da allora ha vissuto un cammino inarrestabile: nei primi due anni si contavano già novantatré rappresentazioni in Europa”.

“Perché nel 2022 mettiamo ancora in scena Carmen? – scrive il direttore Jordi Bernàcer. Io credo perché come società abbiamo bisogno di sentire vive le colonne della storia della cultura, e Carmen ha una musica di altissimo livello che è necessario sentire presente fra di noi, e non solo perché è tanto conosciuta. In effetti il fatto che sia un’opera che abbiamo tutti in testa comporta anche la difficoltà principale quando la si interpreta, cioè quella di renderla viva in ogni momento. La sfida è proprio quella di non limitarsi a rifarla in modi che si sono già sentiti, ma leggerla ogni volta come se fosse la prima volta, e coinvolgere il pubblico come se fosse il pubblico di quella prima volta del 1875”.

“In questa messa in scena c’è, in particolare per me, la rivelazione di come anche questa sia l’ennesima storia di una donna vista attraverso gli occhi degli uomini: compositore, librettisti, scrittore e soprattutto Don José – scrive la regista Silvia Paoli. […] Mi è sembrato dunque importante concentrare l’attenzione sul fatto che Carmen non esista in realtà se non attraverso le parole del suo assassino e che quindi il vero protagonista della vicenda sia Don José, colui che porta avanti l’azione. Non sappiamo nulla di Carmen che non sia in relazione a lui, Carmen non cambia, Don José si trasforma in nome di una passione (che mi guardo bene dal chiamare amore) vissuta in maniera ossessiva, malata, che lo porta a non tollerare l’idea di non poter più possedere quello che vuole; una storia che potremmo benissimo leggere anche oggi sulla cronaca di qualsiasi quotidiano. Ho pensato quindi a una prigione e all’intera vicenda non tanto come un flashback quanto piuttosto a un ricordo ossessivo di Don José che rivive dalla sua cella l’incontro con Carmen e l’epilogo tragico della sua storia, raccontandoselo e deformandolo attraverso l’immaginazione, il proprio punto di vista. […] Essendo gli anni Sessanta un periodo in cui per le donne comincia a realizzarsi un processo di emancipazione (ricordo che in Italia il reato di adulterio è stato abolito nel 1968 e il delitto d’onore solo nel 1981) e si mettono in discussione i pilastri del patriarcato mi sembrava giusto collocare la vicenda in quegli anni, dove il sogno di molti uomini continua ad oscillare fra la moglie devota e l’amante lasciva (la Santa e il demonio, Micaëla e Carmen) ma per “il sesso debole” si aprono prospettive di crescita e ribellione. […] Sono convinta che per parlare di femminicidio senza retorica sia necessario più che mai che Carmen muoia; chiamare chi l’ha uccisa non “amante tradito” o “fidanzato geloso” ma assassino e metterlo in prigione è un modo per rendere giustizia a Carmen e a tutte le donne che vogliono essere loro stesse, a prescindere dai desideri degli altri”.

PRIMA CHE SI ALZI IL SIPARIO

Il compositore, lo stile, la genesi dell’opera, la novella che ispirò Carmen sono alcuni dei temi approfonditi da Giuseppe Martini in Prima che si alzi il sipario, ciclo di incontri di presentazione delle opere in programma al Ridotto del Teatro Regio di Parma sabato 8 gennaio 2022, ore 17.00, con ingresso libero e prenotazione obbligatoria su teatroregioparma.it, con la partecipazione dei giovani cantanti del Conservatorio di Musica “Arrigo Boito” di Parma, il mezzo soprano Lu Weiyi, il tenore Mu Zhou Tian, il soprano Seu Jiyoung, il baritono Lee KangHo, coordinati da Donatella Saccardi, che ne interpreteranno i brani più celebri accompagnati al pianoforte da Roberta Ropa.

PROVA APERTA UNDER 30 E PROVA GENERALE

Le prove aperte di Carmen, prima del debutto: momenti cruciali nei quali la complessità del lavoro in scena e dietro le quinte trova un’emozionante sintesi.
La prova antegenerale riservata agli under 30 è in programma domenica 9 gennaio 2022, ore 20.00; il pubblico è invitato a partecipare indossando un capo di colore rosso, in segno di solidarietà e di condanna di ogni forma di violenza nei confronti delle donne; in foyer Alessandro Canu realizzerà una sua illustrazione su un pannello sul quale gli spettatori potranno poi lasciare i loro messaggi sulla “libertà”.
Sarà aperta a tutta la cittadinanza e alle associazioni musicali che seguono il percorso di promozione culturale la prova generale in programma martedì 11 gennaio 2022, ore 15.30.

REGIOINSIEME Carmen, libera è nata e libera… vivrà!

Nell’ambito del progetto RegioInsieme, sono molteplici le iniziative e laboratori dedicati a Carmen, figura emblematica della donna libera, fiera della propria libertà. “Prosegue l’impegno del Teatro Regio a essere portatore di messaggi civici e comunitari per le attività della Stagione – dichiara Barbara Minghetti. In occasione di Carmen quindi è stata proposta una serie di iniziative per condividere con comunità diverse e con il pubblico di ogni età e in vari contesti il significato profondo di Libertà”.

Dopo lo spettacolo I Sonnambuli – Non fosse per le donne, con i narratori Michele Arezzo, Fabio Manenti e Peppe Arezzo al pianoforte presentato lo scorso 25 novembre 2021 nella giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, che il Teatro Regio ha ricordato illuminando la sua facciata di rosso ed esponendo scarpe rosse sui gradini dell’ingresso con la contemporanea diffusione del video Carmen libera è nata con la coreografia a cura delle scuole di danza di Parma, RegioInsieme ha promosso incontri di approfondimento sul tema della libertà, online e in presenza, per le scuole, l’Università e gli spettatori sensibili, e un approfondimento su Carmen è stato realizzato in collaborazione con Carla Moreni e gli allievi dell’Accademia Verdiana per gli ospiti delle RSA e i detenuti dell’Istituto Penitenziario di Parma.

All’illustratrice Enrica Mannari il Teatro Regio ha commissionato una creazione originale intitolata Carmen libera è nata e libera…vivrà! in vendita in due formati (32x47cm €20,00; e 21x15cm €10,00) presso il bookshop del Teatro Regio e online al Regio Opera Shop, il cui ricavato sarà devoluto a sostegno di un’associazione del territorio che tutela le donne vittime di violenza. “Le “mannare” sono la community che negli anni ho costruito – scrive Enrica Mannari. Un gruppo di persone (principalmente donne) pronte a mettersi in gioco e confrontarsi sulle mille tematiche della vita. Passando da temi più profondi a quelli più leggeri. Ogni giorno sul mio account instagram si discute di attualità, empowerment e consapevolezza. La felicità e l’emozione di aver prestato la mia arte per un progetto così importante del Teatro Regio di Parma è indescrivibile. Sono grata a chi ha scelto di darmi questa possibilità, soprattutto per l’opera Carmen, per le delicatezza e l’importanza delle tematiche che affronta e perché, da quando sono piccola, è una delle mie preferite: mia nonna me la raccontava sempre. Carmen è una donna libera. Libera da tutto e tutti. Libera a costo della propria vita. Libera anche se è scomodo. Perché la vera libertà la si conquista a suon di battaglie. E di scelte. A volte scomode. Ma necessarie”.

REGIOYOUNG Carmen a Imparolopera

Ha festeggiato 20 anni Imparolopera il format ideato da Bruno Stori, Donatella Saccardi e Vincenzo Raffaele Segreto, tra i primi progetti educational sull’opera, inaugurato nel 1999 a cura del Teatro Regio di Parma e del Conservatorio “Arrigo Boito”, che anno dopo anno, opera dopo opera, ha permesso ad oltre 70.000 bambini di scoprire la bellezza del teatro e della musica. Quest’anno presenta Carmen, in programma al Teatro Regio di Parma mercoledì 19 gennaio 2022, ore 9.00 e ore 11.00, viaggio per le scuole nell’opera di Georges Bizet, interpretato da Bruno Stori, che ne cura testi e regia, con gli allievi del Conservatorio di musica “Arrigo Boito” di Parma, coordinati da Donatella Saccardi a interpretarne i brani più celebri.

PARMADANZA Carmen. Passo a due di un amore contemporaneo

In Carmen. Passo a due di un amore contemporaneo, in programma nell’ambito di ParmaDanza sabato 5 febbraio 2022, ore 20.30, prodotto da Almamia Dance Project il coreografo Mauro Bigonzetti interpreta le vicende di Carmen e Don José, protagonisti della novella omonima di Prosper Merimée che ha dato vita alla celebre opera di Georges Bizet, in un pas-de-deux costruito sulla coppia di danzatori Camilla Colella e Octavio De La Roza, che firma anche le musiche dello spettacolo. Corpo, voce, musica e danza si intrecciano in uno spettacolo non solo coreografico, ma anche gestuale e teatrale, in un gioco tanto sensuale quanto pericoloso. Con le luci di Carlo Cerri e i costumi di Silvia Califano.
SCRIVERE D’OPERA – III edizione
Workshop di introduzione alla scrittura critica in occasione dell’opera Carmen

Il Teatro Regio di Parma, con il patrocinio dell’Associazione Nazionale Critici Musicali e dell’Associazione Nazionale Critici di Teatro, ha promosso la III edizione del workshop di introduzione alla scrittura critica gratuito e riservato a insegnanti e studenti delle classi III, IV e V delle scuole secondarie di II grado di Parma e provincia, in occasione dell’opera Carmen. Le lezioni, tenute al Teatro Regio di Parma da settembre 2021 a gennaio 2022 per un totale di 9 incontri di 4 ore alla mattina e 2 ore e mezza al pomeriggio, sono curate da Angelo Foletto, Presidente ANCM e critico musicale de La Repubblica, Carla Moreni, Direttivo di ANCM e critico musicale de Il Sole 24 Ore e Valeria Ottolenghi, responsabile delle relazioni esterne ANCT e critico teatrale della Gazzetta di Parma. Agli incontri programmati si sono aggiunti quello con gli artisti dell’opera e la visita guidata dedicata del Teatro Regio. L’opera lirica e la macchina teatrale, allestimenti e produzioni a confronto, letture e analisi di recensioni d’opera, esercizi di scrittura critica sono alcuni dei temi e delle attività che si sono approfondite durante le lezioni, arricchite e completate dalla partecipazione alle prove aperte dell’opera. Il workshop è riconosciuto quale progetto di percorso per le competenze trasversali e per l’orientamento degli studenti e di formazione continua degli insegnanti, per complessive 45 ore.

PREMIO SCRIVERE D’OPERA “ELENA FORMICA” – III edizione
Concorso di scrittura critica

La Fondazione Teatro Regio di Parma promuove la III edizione del Premio Scrivere d’Opera “Elena Formica”. Il concorso di scrittura critica, dedicato alla stimata giornalista della Gazzetta di Parma, è realizzato con il patrocinio dell’Associazione Nazionale dei Critici Musicali e dell’Associazione Nazionale dei Critici di Teatro e in collaborazione con Gazzetta di Parma. Il Concorso è rivolto agli studenti delle classi III, IV e V delle scuole secondarie di II grado di Parma e provincia. I partecipanti, dopo aver assistito alla prova aperta o a una recita di Carmen in programma nell’ambito della Stagione Lirica 2022, dovranno scrivere una recensione di non oltre 2500 battute, spazi inclusi, che dovrà essere inviata a scriveredopera@teatroregioparma.it entro il 15 febbraio 2022. Le recensioni selezionate saranno valutate da una giuria composta da giornalisti e critici teatrali. Le migliori recensioni saranno pubblicate sulla Gazzetta di Parma e i vincitori riceveranno in premio, in una cerimonia pubblica, biglietti e abbonamenti al Teatro Regio di Parma.

PARTNER E SPONSOR

La Stagione del Teatro Regio di Parma è realizzata grazie al contributo di Comune di Parma, Parma Capitale Italiana della Cultura 2021, Ministero della Cultura, Reggio Parma Festival, Regione Emilia-Romagna. Major partner Fondazione Cariparma. Main partners Chiesi, Crédit Agricole. Main sponsor Iren, Barilla. Sponsor Unione Parmense degli Industriali, Dallara, Opem. Sostenitori GHC Garofalo Health Care, Poliambulatori Dalla Rosa Prati, Glove ICT, CePIM, Oinoe, La Giovane, Agugiaro&Figna, Sicim, Mutti, Parmalat, Colser, Parmacotto, Grasselli. Legal counselling Villa&Partners. Con il supporto di “Parma, io ci sto!”. Advisor AGFM. Hospitality Partner Novotel. Con il contributo di Ascom e Ascom Confcommercio Parma Fondazione, Camera di Commercio di Parma Fondazione Monte Parma. La Stagione Concertistica è realizzati da Società dei Concerti di Parma, con il sostegno di Chiesi, in collaborazione con Casa della Musica. ParmaDanza è realizzata in collaborazione con Arci Caos. Il Concorso Voci Verdiane è realizzato in collaborazione con Comune di Busseto, Verdi l’Italiano. Radio Ufficiale Radio Monte Carlo. Sostenitori tecnici Azzali editori, De Simoni, Milosped, MacroCoop, IgpDecaux, Cavalca, Graphital. Il Teatro Regio di Parma aderisce a Fedora, Opera Europa, Operavision, Emilia taste, nature, culture.

BIGLIETTERIA DEL TEATRO REGIO DI PARMA

Carmen, biglietti da €10,00 a €100,00.Riduzioni del 50% per gli under 30.

Strada Giuseppe Garibaldi, 16/A 43121 Parma Tel. +39 0521 203999 biglietteria@teatroregioparma.it
ORARI DI APERTURA dal martedì al sabato ore 11.00-13.00 e 17.00-19.00 e un’ora precedente lo spettacolo. In caso di spettacolo nei giorni di chiusura, da un’ora precedente lo spettacolo. Chiuso il lunedì, la domenica e i giorni festivi. Il pagamento presso la Biglietteria del Teatro Regio di Parma può essere effettuato con denaro contante in Euro, con assegno circolare non trasferibile intestato a Fondazione Teatro Regio di Parma, con PagoBancomat, con carte di credito Visa, Cartasi, Diners, Mastercard, American Express. È inoltre possibile utilizzare i voucher di rimborso ricevuti a fronte degli spettacoli annullati per l’emergenza sanitaria. I biglietti per tutti gli spettacoli sono disponibili anche su teatroregioparma.it.it. L’acquisto online non comporta alcuna commissione di servizio.

PROMOZIONI E AGEVOLAZIONI

UNDER 30 I giovani fino a 30 anni hanno diritto a una riduzione del 50% sul prezzo di abbonamenti e biglietti della Stagione Lirica e del 20% su quelli della Stagione Concertistica e di ParmaDanza (eccetto Parsons Dance), per i posti di platea e di palco. La promozione è valida fino a esaurimento posti.
BONUS CULTURA 18APP E CARTA DEL DOCENTE Il Teatro Regio di Parma aderisce a 18App e Carta del Docente, le iniziative a cura del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali, della Presidenza del Consiglio dei Ministri e del Ministero dell’Istruzione riservate ai neo-maggiorenni e ai docenti. Per informazioni www.18App.italia.it; www.cartadeldocente.istruzione.it
SPECIALE GRUPPI Si accettano via email richieste di prenotazioni per gruppi organizzati. Ai gruppi composti da più di 20 persone è riservata una riduzione del 5% sui biglietti degli spettacoli al Teatro Regio. I palchi sono venduti per l’intera capienza e i posti all’interno del palco non sono numerati. È possibile usufruire di alcuni retropalchi in cui intrattenersi prima dell’inizio dello spettacolo e durante gli intervalli; è prevista in questo caso, in aggiunta al costo del biglietto, una quota da concordare con la Direzione del Teatro. Per informazioni groups@teatroregioparma.it

APPROFONDIMENTI

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L’opera in breve
Giuseppe Martini

La realizzazione dell’opera commissionata a Bizet dall’Opéra-Comique fu particolarmente tormentata: perplessa dalla scabrosità del soggetto, ritenuto poco opportuno per un teatro frequentato dalla borghesia parigina, la direzione teatrale continuava a rinviarne la messinscena, tanto che nel frattempo Bizet si dedicò (ma di malavoglia) a un Don Rodrigue per l’Opéra, che l’incendio alla Salle Peletier del 28 ottobre 1873 impedì di allestire. Alla fine Carmen andò in scena il 3 marzo 1875: una delle creazioni destinate a maggior gloria di tutta la storia operistica incontrò un pessimo debutto: alla presenza di Gounod, Thomas, Delibes, Offenbach. Massenet e Lecocq, il pubblico cominciò a mostrare freddezza dal quintetto del secondo atto e lo scontento montò – per l’eccesso di recitazione cruda e per la delusione di non vedere un balletto – fino all’ultimo atto, giudicato inadatto all’Opéra-Comique, con il pubblico che abbandonava la sala tranne gli amici di Bizet. Se il mezzosoprano Célestine Galli-Marié, che interpreterà il ruolo del titolo per un quindicennio all’Opéra-Comique, e Jacques Bouhy come Escamillo ne uscirono bene, il baritono Paul Léhrie mostrò qualche problema d’intonazione e nelle parti senza orchestra per aiutarlo si ricorse a un harmonium di appoggio, suonato dietro le quinte da un allora sconosciuto Vincent D’Indy).
La partitura stessa risente tuttora di queste vicissitudini: Bizet intervenne con molti tagli durante le prove e ritoccò altri dopo la prima, e su questa versione si basa lo spartito per canto e pianoforte pubblicato subito dopo il debutto, oltretutto spesso con la traduzione del libretto in italiano, lingua internazionale della musica di quel tempo, così come veniva allestita in molti teatri in tutto il mondo. Alle difformità del testo musicale non ha posto riparo l’edizione critica di Fritz Oeser del 1964, basata solo sull’autografo senza considerare i ripensamenti di Bizet, per cui un testo definitivo di quest’opera, partitura e libretto, a tutt’oggi non esiste. Inoltre, poiché il genere opéra-comique prevedeva i dialoghi recitati, per il debutto viennese del 23 ottobre 1875 furono riscritti secondo le abitudini internazionali intonandoli a recitativi da Ernest Guiraud, amico di Bizet, e inseriti nello spartito dall’editore Choudens senza avvertenze. Ma a Vienna Carmen piacque a tutti: a Wagner, a Ciajkovskij, a Brahms. Bismarck, che Brahms stimava il miglior orecchio operistico di Germania, la vide ventisette volte. Da allora ha vissuto un cammino inarrestabile: nei primi due anni si contavano già novantatré rappresentazioni in Europa.
Non è solo la scelta di una figura femminile forte capace di disporre delle proprie passioni e di accettare il proprio destino o l’adozione di personaggi anticonvenzionali ad aver impresso a Carmen quella ventata di novità trasgressiva con cui è stata salutata dai contemporanei fra cui anche Nietzsche, che se ne dimostrò entusiasta brandendola in opposizione al mondo wagneriano di cui si sentiva disgustato. Il rifiuto delle morbidezze “alla Gounod” allora di moda, l’utilizzo della semplicità musicale come carattere fosco, la scansione scenica per tableaux visivi di forte efficacia, l’abbondanza di musica scenica e di ritmi di danza (habanera, chanson Bohème, seguidilla, marcia, canzone militare, fanfara del corteo), le armonie taglienti, il rifiuto di impasti strumentali e anzi la preferenza per timbri spesso puri in cui emergono singoli strumenti, il colore spagnolo incarnato a un mondo arcano di sangue e passioni, contribuiscono a qualsiasi rifiuto dell’analisi psicologica dei personaggi per privilegiare la sensazione di oggettività basata solo sul loro modo di agire, che appare spesso legato a doppio filo a motivazioni di natura ancestrale e ferina. E questo spiega anche perché Carmen sia tuttora una delle tre opere più eseguite al mondo.

Il libretto
Giuseppe Martini

Abituato a scegliere in prima persona i libretti, per la commissione dell’Opéra-Comique Bizet individuò il racconto Carmen di Prosper Merimée, uscito nel 1845, e lo spedì subito a Henri Meilhac e Ludovic Halévy perché ne provvedessero alla riduzione a libretto, ma per prima cosa fu costretto a resistere, invano, ai loro avvertimenti sulla necessità di modificare il contenuto del soggetto per evitare reazioni scandalizzate del pubblico. Del resto, si trattava di andare incontro alle consuetudini di un teatro, l’Opéra-Comique, legato abitualmente all’alta borghesia, di cui ospitava persino le feste di fidanzamento, e che certo non avrebbe tollerato una vicenda di amore e tradimenti in mezzo a sigaraie, zingare, contrabbandieri e spargimenti di sangue. Alla fine la spuntarono i librettisti, e anche grazie a questa tenacia Carmen ha potuto vedere la luce.
La trasposizione in termini teatrali del racconto di Merimée si presentava irta di questioni da risolvere. Meilhac e Halévy prima di tutto eliminarono l’espediente narrativo usato nella fonte, cioè la narrazione dei fatti in prima persona da parte di José allo stesso Merimée il giorno prima di essere giustiziato, e introdussero il personaggio di Micaëla per attenuare la carica immorale di cui la novella era stata accusata fissando quel punto di rettitudine rispetto al quale Carmen è eccentrica e José si rivela com’era prima di incontrare Carmen. Fu poi sviluppato il ruolo di Escamillo (che nel racconto è Lucas, un personaggio che non parla mai) per far risaltare quello di José, e aggiunti i brani che definiscono teatralmente i personaggi e le situazioni (l’“habanera” di Carmen, l’entrata di Escamillo, la “seguidilla” di Carmen e José, la “canzone del fiore”, la scena delle carte, il finale terzo, la scena in cui nel quarto atto Frasquita e Mercédès avvertono Carmen che José si nasconde nella folla). In questo modo Escamillo e Micaëla assumono la funzione di esaltare le potenzialità drammatiche di Carmen e José, intorno ai quali ruota tutta la vicenda. Inoltre, nel secondo atto sono stati inglobati vari episodi di Merimée, il duello con Zuniga nel racconto avviene in un altro momento (e lo spostamento serve a non accelerare troppo agli occhi del pubblico la degenerazione di José) e vengono depennati gli altri due delitti compiuti da José nel racconto. Lo stesso finale è spostato da una località di montagna alla Plaza de Toros, con l’invenzione della vittoria di Escamillo e dell’ultima supplica di José.
In compenso vengono fortemente stemperati la carica selvaggia ed erotica che serpeggia nel racconto, il carattere bugiardo e la cleptomania di Carmen, la personalità orgogliosa del basco José. In alcuni punti però l’intervento di Bizet è certo: sono di sua mano i versi dell’“habanera” e l’assolo di Carmen nella scena delle carte, e comunque sottopose il testo a continui ritocchi anche dopo la prima rappresentazione, il che ha creato enormi problemi agli studiosi che hanno tentato di ricostruire una prima ipotetica versione del testo. Certamente, se avesse dovuto compiere di persona la trasformazione dei dialoghi in recitativi, avrebbe fatto un lavoro diverso da quello di Guiraud: i dialoghi recitati originali erano più lunghi, contenevano molti passaggi di Merimée e offrivano una resa più efficace dell’azione, oltre ad alcune indicazioni di plausibilità scenica (per esempio il modo con cui Micaëla raggiunge il covo dei contrabbandieri). In ogni modo il libretto di Meilhac e Halévy, per quanto si possa essere allontanato dalla violenza del racconto di Merimée, risulta di una tale efficacia teatrale da poterlo considerare senza dubbio uno dei migliori della storia dell’opera.

Sinossi

ATTO PRIMO
A Siviglia verso il 1820. Sotto gli occhi di Moralès, capo dei dragoni, ragazzi e soldati aspettano l’uscita delle sigaraie dalla manifattura dei tabacchi. Ecco che dal suo paese di campagna arriva Micaëla, alla ricerca del brigadiere Don José, che non è arrivato ma – le viene riferito – non tarderà. La ragazza, quindi, si allontana. L’uscita delle sigaraie mette tutti in agitazione, tranne José, che si mostra disinteressato, innamorato com’è di Micaëla. La più attesa delle sigaraie è l’avvenente Carmen: quando esce tutti gli uomini le si fanno intorno (habanera: “L’amour est un oiseau rebelle”). Carmen nota però l’indifferenza di José: gli piace, lo punta senza parlare e gli lancia un fiore prima di ritornare nella manifattura. José ne resta colpito e nasconde il fiore sotto la giubba. Ritorna Micaëla che consegna a José una lettera della madre (“Parle-moi de ma mère”) e lo bacia castamente: in quel momento si sentono grida provenire dalla manifattura: è Carmen che si è azzuffata con una compagna, ferendola al volto. Viene arrestata da Zuniga, tenente delle guardie che ordina a José di accompagnarla in prigione. Rimasta sola con lui, Carmen lo prega di liberarlo, dando inizio alla sua opera di seduzione: gli promette amore in cambio della libertà (seguidilla: “Près des rémparts de Séville”). José, definitivamente sedotto, l’aiuta a fuggire.

ATTO SECONDO
Nella taverna di Lillas Pastia, un mese dopo, Carmen sta aspettando il ritorno di Don José, imprigionato per averla lasciata scappare. Balla con le altre amiche, Mercédès e Frasquita (chanson bohème: “Les tringles des sistres tintaient”). Acclamato dagli ammiratori, entra il torero Escamillo, che vuole brindare con gli amici (“Votre toast, je peux vous le rendre… Toréador, en garde”) e rivolge qualche frase galante a Carmen, che però è tutta concentrata su José: è sicura che, appena uscito dalla prigione, verrà a prenderla e perciò rifiuta di unirsi al colpo che stanno studiando i suoi amici contrabbandieri, Le Remendado e Le Dancaire (“Nous avons en tête une affaire”). Carmen aveva ragione: arriva finalmente José che però, appena ode la tromba suonare la ritirata, vorrebbe tornare in casema; indispettita, Carmen prima lo schernisce, poi lo invita a fuggire con lui sulle montagne. Don José cerca di far ragionare la donna ribadendole il proprio amore (“La fleur que tu m’avais jetée”). Quando arriva Zuniga, i due si azzuffano per Carmen, divisi da due contrabbandieri, e solo a quel punto José si trova costretto a scegliere la fuga unendosi a Carmen.

ATTO TERZO
Non è certo la vita in montagna la vita ideale per José, pieno di rimorsi per la promessa, fatta alla madre, di sposare Micaëla. Anche con Carmen le cose non vanno come una volta. La sigaraia interroga le carte (“Parlez encore, parlez, mes belles”) e il responso è terribile: nel suo futuro c’è la morte (“En vain pour éviter les réponses amères”). Micaëla, che si è inerpicata sulla montagna per cercare di redimere il suo uomo (“Je dis que rien ne m’épouvante”), lo spinge a scappare e a raggiungere la madre morente. Arriva Escamillo, fra lui e José scoppia una rissa scatenata da allusioni fatte da Carmen. José colpisce, Carmen riesce per un soffio a evitare che il colpo raggiunga Escamillo. Alla fine Don José segue Micaëla, che spera di strapparlo così al fascino distruttivo di Carmen.

ATTO QUARTO
In piazza di fronte all’arena di Siviglia il popolo acclama il corteo dei toreri, con Escamillo. Ora Carmen si è messa con lui. Nella folla è nascosto José, pazzo di gelosia. Frasquita avverte Carmen che l’uomo è sulle sue tracce, consigliandole di fuggire, ma Carmen non la ascolta e lo affronta: José la implora di tornare con lui, la minaccia. Ma Carmen lo respinge e, con sprezzo, getta l’anello che José le aveva donato. Accecato dall’ira, l’uomo le si avventa contro e la pugnala (“C’est toi! C’est moi!”), lasciandosi poi arrestare mentre invoca il nome di Carmen.

Note di direzione
Jordi Bernàcer

Perché nel 2022 mettiamo ancora in scena Carmen? Io credo perché come società abbiamo bisogno di sentire vive le colonne della storia della cultura, e Carmen ha una musica di altissimo livello che è necessario sentire presente fra di noi, e non solo perché è tanto conosciuta. In effetti il fatto che sia un’opera che abbiamo tutti in testa comporta anche la difficoltà principale quando la si interpreta, cioè quella di renderla viva in ogni momento. La sfida è proprio quella di non limitarsi a rifarla in modi che si sono già sentiti, ma leggerla ogni volta come se fosse la prima volta, e coinvolgere il pubblico come se fosse il pubblico di quella prima volta del 1875. Per farlo, di solito preparo un’opera tenendo come riferimento la partitura guardandola come se non lo avessi mai sentita prima, e cerco di capire insieme agli interpreti come renderla viva. È veramente l’aspetto più bello del mio mestiere.
La mia prima Carmen fu in Polonia, poi l’ho diretta a San Francisco, a Caracalla, all’Opera di Roma, in Spagna. È perciò un’opera che mi accompagna e mi affascina da anni. Certo, per uno spagnolo come me è un sapore particolare. Al tempo di Bizet la musica spagnola per i francesi aveva un carattere esotico, come quella orientale, eppure per noi spagnoli la miglior musica spagnola dell’Ottocento prima di De Falla, Granados e Albéniz ci sembra proprio quella scritta da compositori francesi. Per Carmen Bizet ha tratto spunti molto essenziali dello spirito spagnolo, prendendo in prestito dalla letteratura musicale spagnola melodie come per la habanera, che è in realtà un pezzo di Sebastián Yradier, o l’ultimo entr’acte, che è preso da una collezione di danze iberiche di Manuel García. Lo ha fatto perciò in modo non “spagnolizzante”, ma con consapevolezza e con un certo studio, funziona benissimo e per questo da spagnolo provo grande rispetto per il lavoro che ha compiuto.
Certo, Carmen è molto di più che colore locale. È un’opera ricca e complessa, e ricchi e complessi sono i suoi due personaggi principali, Carmen e Don José, che per me restano i ruoli più delicati dal punto di vista vocale e psicologico, anche se in fondo tutti i personaggi di quest’opera presentano più strati interpretativi. Mi sembra limitativo per esempio pensare che i librettisti abbiano ideato Micaëla ed Escamillo solo per far risaltare la natura di Carmen e José: in realtà sono personaggi che hanno molto da dire, basta pensare come la stessa Micaëla riveli un altro tipo di amore rispetto a quello di Carmen, ma non diverso o inferiore. Peccato solo che non abbia molte occasioni di mettersi in mostra. Del resto lo sviluppo della vicenda di quest’opera è tutta nella testa di Don José, ed è lui che la scatena e la porta all’epilogo.
Infine, per quanto sia la versione con i recitativi sia quella con i dialoghi parlati originale dell’Opéra-Comique siano entrambe valide, abbiamo optato per quella con i recitativi scritti da Guiraud, che sono musicalmente ben fatti, interessanti e aiutano la fluidità e l’organicità dello spettacolo e della resa dei cantanti. E Carmen ha bisogno di fluidità, perché Bizet l’ha pensata in modo moderno. Si guardi per esempio l’uso del coro, così dinamico, così protagonistico, così recitato, che all’epoca prese in contropiede gli stessi coristi: è un modo di pensare il palcoscenico che apre le porte al futuro. Anche per questi particolari Carmen è un’opera di cui oggi abbiamo ancora bisogno.

Note di regia per una Carmen
Silvia Paoli

Per prepararmi ad affrontare Carmen, l’opera “croce e delizia” per eccellenza (una delle più rappresentate al mondo) mi sono interrogata a fondo sia sul libretto sia sulla musica trovando poi l’illuminazione andando alle origini, rileggendo Merimée.
In questa messa in scena c’è, in particolare per me, la rivelazione di come anche questa sia l’ennesima storia di una donna vista attraverso gli occhi degli uomini: compositore, librettisti, scrittore e soprattutto Don José.
Tutta la vicenda è in realtà una soggettiva, è la confessione di un condannato a morte, e quello che viene raccontato si svolge attraverso due morti, quella avvenuta di Carmen e quella decretata di Don José.
Mi è sembrato dunque importante concentrare l’attenzione sul fatto che Carmen non esista in realtà se non attraverso le parole del suo assassino e che quindi il vero protagonista della vicenda sia Don José, colui che porta avanti l’azione. Non sappiamo nulla di Carmen che non sia in relazione a lui, Carmen non cambia, Don José si trasforma in nome di una passione (che mi guardo bene dal chiamare amore) vissuta in maniera ossessiva, malata, che lo porta a non tollerare l’idea di non poter più possedere quello che vuole; una storia che potremmo benissimo leggere anche oggi sulla cronaca di qualsiasi quotidiano.
Ho pensato quindi a una prigione e all’intera vicenda non tanto come un flashback quanto piuttosto a un ricordo ossessivo di Don José che rivive dalla sua cella l’incontro con Carmen e l’epilogo tragico della sua storia, raccontandoselo e deformandolo attraverso l’immaginazione, il proprio punto di vista. La memoria affiora dalla scatola degli oggetti personali e quindi il fiore, la foto di Micaëla, un ritaglio di giornale, della sabbia in una scarpa, che rievocano spazi e situazioni. L’immagine di Carmen e della loro storia è così assillante che Don José arriva a confondere la realtà con la memoria, tanto da deformare perfino il quotidiano, in una spirale che lo condurrà ad immedesimarsi con ciò che ricorda, a vivere continuamente fra sogno e veglia senza quasi più poterli distinguere.
Essendo gli anni Sessanta un periodo in cui per le donne comincia a realizzarsi un processo di emancipazione (ricordo che in Italia il reato di adulterio è stato abolito nel 1968 e il delitto d’onore solo nel 1981) e si mettono in discussione i pilastri del patriarcato mi sembrava giusto collocare la vicenda in quegli anni, dove il sogno di molti uomini continua ad oscillare fra la moglie devota e l’amante lasciva (la Santa e il demonio, Micaëla e Carmen) ma per “il sesso debole” si aprono prospettive di crescita e ribellione.
In tutta l’opera le donne vengono considerate alla stregua di una merce, vanno pagate, esistono in quanto sigaraie (donne facili e leggere) o per distrarre doganieri con sorrisi e parti del corpo; è un occhio maschile quello che guarda, la realtà è filtrata, è un uomo che parla.
Sono convinta che per parlare di femminicidio senza retorica sia necessario più che mai che Carmen muoia; chiamare chi l’ha uccisa non “amante tradito” o “fidanzato geloso” ma assassino e metterlo in prigione è un modo per rendere giustizia a Carmen e a tutte le donne che vogliono essere loro stesse, a prescindere dai desideri degli altri.

Quella sera al Regio
Giuseppe Martini

Il 16 settembre 1882 il gran critico musicale Filippo Filippi sentì il bisogno di correre a vedere Carmen allestita al Teatro Regio di Parma nella stagioncina autunnale destinata a raccogliere fondi per il monumento di Giuseppe Garibaldi, e ne avrebbe fatta una recensione sul «Teatro illustrato», il periodico che da meno di due anni Edoardo Sonzogno aveva fondato e armeggiato per dare seria battaglia editoriale al monopolio di Ricordi. A dirla tutta, Sonzogno aveva anche acquistato i diritti di Carmen per l’Italia: per quanto Filippi nell’articolo uscito nel numero di ottobre dichiari subito tutta la propria passione per quest’opera che giudica una delle più «simpatiche, geniali ed originali dell’arte moderna», e per quanto la sua vocazione all’avanguardismo lo esponesse a un inevitabile entusiasmo, c’erano dunque ottimi motivi per sottomettersi a «qualunque disagio» per seguire questo spettacolo – anche se non è chiaro quale mai fosse il disagio di arrivare nientemeno che a Parma partendo da Milano, per uno che aveva girato mezzo mondo per recensire opere e persino, con disappunto di Verdi che ci vedeva poca spontaneità e molto “evento”, al Cairo per la prima di Aida. Ma forse era solo un modo per dire quanto gli piaceva questo capolavoro di Bizet.
Nel 1882 Carmen circolava in Europa ormai da sette anni, per lo più nella solita traduzione italiana di Antonio De Lauzières (figlio di Achille, traduttore in italiano del Don Carlos di Verdi) cantata per la prima volta a Pietroburgo nel ’78, ma a Parma si presentava in una produzione organizzata da Italo Campanini, che ricopriva anche il ruolo di José, con suo fratello Cleofonte sul podio, Stella Bonheur a fare Carmen, Giuseppe Del Puente come Escamillo e le scenografie di Girolamo Magnani, insomma qualcosa di più che un allestimento appetibile, tanto più che lo stesso Filippi sottolineava quanto il tenore-impresario non avesse badato a spese, ed era vero: ottanta comparse, ventisette ballerine, novanta coristi e musica della fanfara del quarto atto sul palcoscenico.
È la famosa prima Carmen al Regio accolta così così dai parmigiani, tanto che Campanini (Italo) se la legò al dito e il giorno dopo si inventò un malanno per non andare in scena, quantunque pare al debutto siano stati bissati due arie e l’entr’acte del terzo atto, i cantanti chiamati in proscenio e le scenografie osannate. È probabile che in città sull’opera di Bizet girasse qualche pregiudizio. Filippi, sbalordito da un parmigiano suo amico e pare tutt’altro che digiuno di musica («Carmen non è che un’opera di canzonette, con una fine tragica»), insorse: «la Carmen è un’opera nel senso più ampio e rigoroso della parola, è un quadro stupendo di colore locale, segue sempre con mirabile efficacia le fasi del dramma, e col recitativo di una straordinaria solidità, sostituito al dialogo parlato, è adatta alle più grandi scene».
Poco prima aveva sottolineato del resto che «a prima si vista si crede che si tratti di un’opera comica, e lo è nell’apparenza, ma nella sostanza è un operone serio, serissimo, ch’esige mezzi complicati, artisti speciali, ed è per giunta di una grande difficoltà, tanto di esecuzione musicale, come di interpretazione drammatica». E poco dopo, appena elogiate le «delicatezze, le sfumature, le eleganze di quella istrumentazione», che in quest’opera anche la parte corale è assai impegnativa perché «come esigono i nuovi intendimenti del dramma musicale, il coro è un personaggio, non già un’accolta automatica d’individui, che cantano spesso all’unisono, alzando a perfetta vicenda la mano diritta e la sinistra». E non aveva ancora cominciato a descrivere l’allestimento del Regio, sul quale ci informerà che Italo Campanini aveva fatto di José un personaggio «focoso, selvaggio, quasi brutale».
Un momento. Fermi tutti. Queste sono dichiarazioni da commentare.

1) «Nella sostanza è un operone serio, serissimo».
Tutto vero, anche perché è difficile prendere sul ridere un femminicidio e una mamma morta. Lo stigma di Carmen nasceva all’epoca dal fatto di essere un’opéra-comique, anche se nella fase “post Sedan” in cui il genere opéra-comique, solitamente legato a soggetti leggeri e sentimentali, stava convergendo sui caratteri del grand-opéra (e a sua volta il grand-opéra si andava imborghesendo abbandonando i quadroni storici). Una caratteristica da abbandonare rapidamente, se si voleva imporla sul mercato italiano. Infatti, con i recitativi preparati da Guiraud per Vienna, si presentava «adatta alle più grandi scene». Anzi, occorreva rivestirla di ogni modernità, la modernità del “dramma musicale”, cioè i mezzi complicati e gli artisti speciali (c’est à dire quello che aveva scritto Verdi a Ricordi due anni prima a proposito di un’altra faccenda: i cantanti per le opere, non le opere per i cantanti). In realtà Carmen è opéra-comique meramente per quanto attiene al lavoro dei librettisti, che hanno cercato in tutti i modi di attutire la ferina prevalenza delle passioni che rigurgitano dal racconto di Merimée non solo per non offendere il pubblico benpensante e non solo per far risaltare per contrasto la natura di Carmen e la piega che prende la situazione, ma anche perché a Parigi si faceva così, e basta pensare alla figura di Alice in Robert le diable di Meyerbeer, che porta al fratellastro Robert una lettera della madre morente, la stessa cosa cioè che fa Micaëla con José. Per il resto, Halévy e Meilhac avevano un background nel teatro di Offenbach che li metteva più sul piano dell’operetta che su quello dell’operona. Era Bizet, semmai, che puntava a scrollare l’opéra comique dalle convenzioni, per assicurarsi un successo popolare ma di qualità, perfezionista e sinceramente appassionato del proprio lavoro com’era. E i tempi sembravano maturi. Per farlo, occorreva però passare attraverso la musica, una musica non necessariamente innovativa, ma certamente ricontestualizzata.

2) «Le delicatezze, le sfumature, le eleganze di quella istrumentazione».
È vero che Richard Strauss anni dopo dirà che se si vuole imparare a scrivere per orchestra bisogna studiare la partitura di Carmen, ma Carmen non è la Hérodiade, non è Tristan und Isolde, non è nemmeno Faust, anzi è un caso atipico nel contesto musicale francese di quegli anni, proprio perché sfugge dall’impasto orchestrale e dalle morbidezze, privilegiando semmai i timbri puri. La base è sempre quella degli archi, ma nella seguidilla emerge il flauto, nel coro dei ragazzini all’inizio spiccano ottavini e cornetta, il corno inglese sottolinea il momento in cui José si toglie il fiore dalla giacca, nell’entr’acte del quarto atto spunta l’arpa, il fagotto prende in giro Zuniga nel finale secondo, il clarinetto accompagna Carmen al rientro dopo la rissa – e sono solo esempi. In generale l’orchestrazione di Carmen è leggera, e anzi la sua qualità principale è quella di variare non tanto in sfumature e delicatezze, ma di peso o di densità in relazione alle situazioni sceniche.

3) «Un quadro stupendo di colore locale».
L’altro ingrediente è il colore spagnoleggiante, è vero, che però non è un esotismo e neppure, come pensava Filippi, ciò da cui emerge il dramma delle passioni. È invece il modo con cui Bizet si distacca dalla materia dell’opera. La rende oggettiva, in pratica. Il che non significa freddezza, ma un approccio diretto alla realtà della vita. Il contrario di Gounod e Massenet, così presi dalle dinamiche minime dei sentimenti. Bizet non concepisce una musica filosofica alla Wagner, lui che era addirittura antireligioso, e anche per questo Nietszche ha opposto Carmen al mondo di Wagner, e della musica di Carmen gli sembrava di cogliere direttamente la causa. E anche per questo, oltre che per aver usato materia “popolare”, Carmen è diventata un modello per i veristi italiani.

4) «Focoso, selvaggio, quasi brutale». Infatti Filippi qui non coglie che Italo Campanini aveva sbagliato a impostare il profilo psicologico di José equiparandolo a quello di Carmen e facendo perciò della loro vicenda una questione interna di cultura sociale. Così è in Merimée, forse. Ma qui sono entrati in scena Escamillo e Micaëla, e Micaëla non a caso si avvale di un registro musicale differente, alla Gounod, cioè il massimo disponibile del convenzionale e del moraleggiante, ed Escamillo è uno sprezzante, che manipola sentimenti e tori con lo stesso distacco (e qui ribollono ottoni e percussioni). Il dramma scaturisce semmai proprio dal fatto che José è un convenzionale bravo ragazzo, un po’ marmittonesco, a cui in un secondo momento Carmen strappa dalle budella gli istinti più repressi. Ma i due appartengono a mondi diversi. Il che non significa che Carmen sia una prostituta volgare, come alcuni interpreti e alcune regìe tendono a fare. È anzi una donna che non disdegna i sentimenti – infatti si innamora – e ne è sensibile al punto da esorcizzarli nella passione pur di non rimanerne ferita. In realtà nel racconto Carmen è piccola, magra, giovane, più carina di una zingara comune, veste con leggiadria e danza bene, e in fondo ama ancora José perché lo aspetta e lo incontra (archi, pizzicati, rullio di percussioni). E non significa neppure che Micaëla sia una santarellina dolente: è invece una donna di carattere che per il suo uomo affronta un manipolo di soldati rozzi e si inerpica sola fra montagne controllate da contrabbandieri. Se c’è un pericolo, quando si mette in scena Carmen, è proprio adagiarsi alle banalità.

Morale della favola: Carmen è la più innovatrice delle opere tradizionali proprio perché applica strategie antiche a una materia nuova in un momento storico inatteso. Bizet è tutto fuorché un riformatore. I suoi miti erano Mozart e Verdi. Ogni deviazione della linea tradizionale per lui assumeva i connotati sospetti del wagnerismo, pur non disprezzando in fondo neppure i drammi wagneriani, risvolti filosofici a parte. Non a caso, quando con Don Carlos si trova di fronte un Verdi meno tipico, gli dà subito del wagnerista. Carmen è della stessa pasta di Don Giovanni e Violetta, è fuori dalle convenzioni e dalle leggi. La sua filosofia di vita è quella dalle opere di Mozart: passioni, sensualità e vitalità. La Spagna di Carmen, i suoi ritmi di danza, sono come l’Egitto di Aida, un artificio per inventare il vero, come diceva Verdi, anziché semplicemente copiarlo. E, come Verdi, Bizet sa che la degradazione si nasconde nella semplicità: la habanera di Carmen e i couplets di Escamillo sono come “La donna è mobile”, la musica villereccia di Macbeth, il valzerino degli spiritelli di Giovanna d’Arco, cioè un’abiezione morale. Ma il Duca di Mantova è il Duca di Mantova, Giovanna d’Arco è Giovanna d’Arco, il re Duncano è il re Duncano, mentre qui ci si aggira fra banditi, zingari, sigaraie, soldatacci e toreri mentre là fuori il mondo sta entrando nel pieno del suo slancio tecnologico: ecco perché invece di complessità e ripiegamenti, Bizet gli sbatte in faccia la brutalità dell’esistenza.

Parma, 29 dicembre 2021

Paolo Maier
Responsabile Comunicazione, Ufficio Stampa, Progetti speciali
Teatro Regio di Parma strada Garibaldi, 16/A, 43121 Parma – Italia
Tel. +39 0521 203969
p.maier@teatroregioparma.it
stampa@teatroregioparma.it
www.teatroregioparma.it

Teatro Regio di Parma
mercoledì 12 gennaio 2022, ore 20.00 Opera A
venerdì 14 gennaio 2022, ore 20.00 Opera B
sabato 15 gennaio 2022, ore 17.00 Fuori abbonamento
domenica 16 gennaio 2022, ore 15.30 Opera D
venerdì 21 gennaio 2022, ore 20.00 Opera C
domenica 23 gennaio 2022, ore 15.30 Fuori abbonamento

Durata complessiva 3 ore circa, compreso 1 intervallo

CARMEN

Opéra-comique in quattro atti di Henry Méilhac e Ludovic Halévy
dal romanzo Carmen di Prosper Mérimée

Musica di GEORGES BIZET

Carmen MARTINA BELLI
RAMONA ZAHARIA (15, 21)
Don José ARTURO CHACON CRUZ
AZER ZADA (15, 21)
Escamillo MARCO CARIA
ALESSANDRO LUONGO (15, 21)
Micaëla LAURA GIORDANO
VERONICA MARINI (15, 21)
Dancairo ARMANDO GABBA
Remendado SAVERIO FIORE
Morales GIANNI GIUGA
Zuniga MASSIMILIANO CATELLANI
Frasquita ELEONORA BELLOCCI
Mercedes CHIARA TIROTTA

Maestro concertatore e direttore JORDI BERNÀCER

Regia SILVIA PAOLI

Scene ANDREA BELLI
Costumi VALERIA DONATA BETTELLA
Luci MARCELLO LUMACA
Video FRANCESCO CORSI
Coreografie CARLO MASSARI/C&C COMPANY

ORCHESTRA DELL’EMILIA-ROMAGNA «ARTURO TOSCANINI»
CORO DEL TEATRO REGIO DI PARMA
CORO DI VOCI BIANCHE DEL TEATRO REGIO DI PARMA

Maestro del coro MARTINO FAGGIANI
Maestro del coro di voci bianche MASSIMO FIOCCHI MALASPINA

Nuovo allestimento del Teatro Regio di Parma
In coproduzione con I Teatri di Reggio Emilia

STAGIONE LIRICA 2021-2022

Teatro Regio di Parma

11, 12 dicembre 2021
GRAN TEATRO REINACH
Operetta in prima esecuzione assoluta, commissione del Teatro Regio di Parma

12, 14, 15, 16, 21, 23 gennaio 2022
CARMEN
Musica di Georges Bizet

25, 27 febbraio 2022
LA FAVORITA
Musica Gaetano Donizetti

18, 20, 25, 27 marzo 2022
NORMA
Musica Vincenzo Bellini

26, 28, 30 aprile 2022
ASCESA E CADUTA DELLA CITTÀ DI MAHAGONNY
Aufstieg und Fall der Stadt Mahagonny
Musica Kurt Weill
CALENDARIO

OTTOBRE 2021

30 sab 15.30 e 18.00, Ridotto CARTOONS! per le famiglie

NOVEMBRE 2021

3 mer 20.30 ALEXANDER LONQUICH
17 mer 17.00 REGIO PARMA TEATRO DEL MONDO presentazione del libro
20 sab 15.30 e 18.00 RIGOLETTO. I MISTERI DEL TEATRO per le famiglie
25 gio 21.00 I SONNAMBULI Se non fosse per le donne
26 ven 10.00 LA BELLA ADDORMENTATA per le scuole
27 sab 16.00 LA BELLA ADDORMENTATA per le famiglie
28 dom 20.30 BEATRICE RANA

DICEMBRE 2021

3 ven 17.00 PRIMA CHE SI ALZI IL SIPARIO Gran Teatro Reinach
4 sab 20.30 TRIO DI PARMA
5 dom 20.30 EZRALOW DANCE Open
11 sab 20.00 GRAN TEATRO REINACH
12 dom 15.30 GRAN TEATRO REINACH

GENNAIO 2022

8 sab 17.00 PRIMA CHE SI ALZI IL SIPARIO Carmen
9 dom 20.00 CARMEN prova riservata agli under30
11 mar 15.30 CARMEN prova aperta
12 mer 20.00 CARMEN Opera A
14 ven 20.00 CARMEN Opera B
15 sab 17.00 CARMEN Fuori abbonamento
16 dom 15.30 CARMEN Opera D
19 mer 9.00, 11.00 IMPAROLOPERA per le scuole
21 ven 20.00 CARMEN Opera C
23 dom 15.30 CARMEN Fuori abbonamento
27 gio 11.30 Piazzale della Pace CERIMONIA IN MEMORIA DI VERDI
29 sab 20.30 BALLETTO DI ROMA Astor, un secolo di tango

FEBBRAIO 2022

3 gio 20.30 GIUSEPPE ALBANESE
5 sab 20.30 ALMAMIA DANZA PROJECT Carmen
15 mar 20.30 PARSONS DANCE
17 gio 20.30 ANDRÀS SCHIFF
19 sab 10.30 OPERA MENO 9 per le famiglie
17.00 PRIMA CHE SI ALZI IL SIPARIO La Favorita
20 dom 20.30 RICHARD GALLIANO
25 ven 20.00 LA FAVORITA Opera A
27 dom 15.30 LA FAVORITA Opera D

MARZO 2022

12 sab 17.00 PRIMA CHE SI ALZI IL SIPARIO Norma
14 lun 20.00 NORMA prova riservata agli under 30
16 mer 15.30 NORMA prova aperta
18 ven 20.00 NORMA Opera A
19 sab 10.30 OPERA MENO 9 per le famiglie
20 dom 15.30 NORMA Opera B
21 lun 20.30 ANNA TIFU, GIUSEPPE ANDALORO
25 ven 9.00 e 11.00 DOLCE CENERENTOLA per le scuole
20.00 NORMA Opera C
26 sab 15.30 e 18.00 DOLCE CENERENTOLA per le famiglie
27 dom 15.30 NORMA Opera D
31 gio 20.30 BALLETTO YACOBSON DI SAN PIETROBURGO Giselle

APRILE 2022

9 sab 10.30 OPERA MENO 9 per le famiglie
22 ven 17.00 PRIMA CHE SI ALZI IL SIPARIO Ascesa e caduta…
23 sab 15.30 e 18.00 CENERENTOQUA CENERENTOLA per le famiglie
24 dom 15.30 ASCESA E CADUTA DELLA CITTÀ DI MAHAGONNY prova aperta
26 mar 20.00 ASCESA E CADUTA DELLA CITTÀ DI MAHAGONNY Opera A
28 gio 20.00 ASCESA E CADUTA DELLA CITTÀ DI MAHAGONNY Opera B
30 sab 20.00 ASCESA E CADUTA DELLA CITTÀ DI MAHAGONNY Opera C

MAGGIO 2022

6 ven 20.30 BALLETTO DI PARMA Contemporaneamnete
8 dom 15.30 e 18.00 BLACK AIDA per le famiglie
20 ven 9.00 e 11.00 CENERENTOLA Grand Hotel dei sogni per le scuole
21 sab 15.30 e 18.00 CENERENTOLA Grand Hotel dei sogni per le famiglie
28 sab 20.30 NUOVO BALLETTO DI TOSCANA Quartetto per la fine del tempo
29 dom 17.30 DAVID RUSSELL.

Il libretto
Giuseppe Martini

Abituato a scegliere in prima persona i libretti, per la commissione dell’Opéra-Comique Bizet individuò il racconto Carmen di Prosper Merimée, uscito nel 1845, e lo spedì subito a Henri Meilhac e Ludovic Halévy perché ne provvedessero alla riduzione a libretto, ma per prima cosa fu costretto a resistere, invano, ai loro avvertimenti sulla necessità di modificare il contenuto del soggetto per evitare reazioni scandalizzate del pubblico. Del resto, si trattava di andare incontro alle consuetudini di un teatro, l’Opéra-Comique, legato abitualmente all’alta borghesia, di cui ospitava persino le feste di fidanzamento, e che certo non avrebbe tollerato una vicenda di amore e tradimenti in mezzo a sigaraie, zingare, contrabbandieri e spargimenti di sangue. Alla fine la spuntarono i librettisti, e anche grazie a questa tenacia Carmen ha potuto vedere la luce.
La trasposizione in termini teatrali del racconto di Merimée si presentava irta di questioni da risolvere. Meilhac e Halévy prima di tutto eliminarono l’espediente narrativo usato nella fonte, cioè la narrazione dei fatti in prima persona da parte di José allo stesso Merimée il giorno prima di essere giustiziato, e introdussero il personaggio di Micaëla per attenuare la carica immorale di cui la novella era stata accusata fissando quel punto di rettitudine rispetto al quale Carmen è eccentrica e José si rivela com’era prima di incontrare Carmen. Fu poi sviluppato il ruolo di Escamillo (che nel racconto è Lucas, un personaggio che non parla mai) per far risaltare quello di José, e aggiunti i brani che definiscono teatralmente i personaggi e le situazioni (l’”habanera” di Carmen, l’entrata di Escamillo, la “seguidilla” di Carmen e José, la “canzone del fiore”, la scena delle carte, il finale terzo, la scena in cui nel quarto atto Frasquita e Mercédès avvertono Carmen che José si nasconde nella folla). In questo modo Escamillo e Micaëla assumono la funzione di esaltare le potenzialità drammatiche di Carmen e José, intorno ai quali ruota tutta la vicenda. Inoltre, nel secondo atto sono stati inglobati vari episodi di Merimée, il duello con Zuniga nel racconto avviene in un altro momento (e lo spostamento serve a non accelerare troppo agli occhi del pubblico la degenerazione di José) e vengono depennati gli altri due delitti compiuti da José nel racconto. Lo stesso finale è spostato da una località di montagna alla Plaza de Toros, con l’invenzione della vittoria di Escamillo e dell’ultima supplica di José.
In compenso vengono fortemente stemperati la carica selvaggia ed erotica che serpeggia nel racconto, il carattere bugiardo e la cleptomania di Carmen, la personalità orgogliosa del basco José. In alcuni punti però l’intervento di Bizet è certo: sono di sua mano i versi dell’“habanera” e l’assolo di Carmen nella scena delle carte, e comunque sottopose il testo a continui ritocchi anche dopo la prima rappresentazione, il che ha creato enormi problemi agli studiosi che hanno tentato di ricostruire una prima ipotetica versione del testo. Certamente, se avesse dovuto compiere di persona la trasformazione dei dialoghi in recitativi, avrebbe fatto un lavoro diverso da quello di Guiraud: i dialoghi recitati originali erano più lunghi, contenevano molti passaggi di Merimée e offrivano una resa più efficace dell’azione, oltre ad alcune indicazioni di plausibilità scenica (per esempio il modo con cui Micaëla raggiunge il covo dei contrabbandieri). In ogni modo il libretto di Meilhac e Halévy, per quanto si possa essere allontanato dalla violenza del racconto di Merimée, risulta di una tale efficacia teatrale da poterlo considerare senza dubbio uno dei migliori della storia dell’opera.

L’opera in breve
Giuseppe Martini

La realizzazione dell’opera commissionata a Bizet dall’Opéra-Comique fu particolarmente tormentata: perplessa dalla scabrosità del soggetto, ritenuto poco opportuno per un teatro frequentato dalla borghesia parigina, la direzione teatrale continuava a rinviarne la messinscena, tanto che nel frattempo Bizet si dedicò (ma di malavoglia) a un Don Rodrigue per l’Opéra, che l’incendio alla Salle Peletier del 28 ottobre 1873 impedì di allestire. Alla fine Carmen andò in scena il 3 marzo 1875: una delle creazioni destinate a maggior gloria di tutta la storia operistica incontrò un pessimo debutto: alla presenza di Gounod, Thomas, Delibes, Offenbach. Massenet e Lecocq, il pubblico cominciò a mostrare freddezza dal quintetto del secondo atto e lo scontento montò – per l’eccesso di recitazione cruda e per la delusione di non vedere un balletto – fino all’ultimo atto, giudicato inadatto all’Opéra-Comique, con il pubblico che abbandonava la sala tranne gli amici di Bizet. Se il mezzosoprano Célestine Galli-Marié, che interpreterà il ruolo del titolo per un quindicennio all’Opéra-Comique, e Jacques Bouhy come Escamillo ne uscirono bene, il baritono Paul Léhrie mostrò qualche problema d’intonazione e nelle parti senza orchestra per aiutarlo si ricorse a un harmonium di appoggio, suonato dietro le quinte da un allora sconosciuto Vincent D’Indy).
La partitura stessa risente tuttora di queste vicissitudini: Bizet intervenne con molti tagli durante le prove e ritoccò altri dopo la prima, e su questa versione si basa lo spartito per canto e pianoforte pubblicato subito dopo il debutto, oltretutto spesso con la traduzione del libretto in italiano, lingua internazionale della musica di quel tempo, così come veniva allestita in molti teatri in tutto il mondo. Alle difformità del testo musicale non ha posto riparo l’edizione critica di Fritz Oeser del 1964, basata solo sull’autografo senza considerare i ripensamenti di Bizet, per cui un testo definitivo di quest’opera, partitura e libretto, a tutt’oggi non esiste. Inoltre, poiché il genere opéra-comique prevedeva i dialoghi recitati, per il debutto viennese del 23 ottobre 1875 furono riscritti secondo le abitudini internazionali intonandoli a recitativi da Ernest Guiraud, amico di Bizet, e inseriti nello spartito dall’editore Choudens senza avvertenze. Ma a Vienna Carmen piacque a tutti: a Wagner, a Ciajkovskij, a Brahms. Bismarck, che Brahms stimava il miglior orecchio operistico di Germania, la vide ventisette volte. Da allora ha vissuto un cammino inarrestabile: nei primi due anni si contavano già novantatré rappresentazioni in Europa.
Non è solo la scelta di una figura femminile forte capace di disporre delle proprie passioni e di accettare il proprio destino o l’adozione di personaggi anticonvenzionali ad aver impresso a Carmen quella ventata di novità trasgressiva con cui è stata salutata dai contemporanei fra cui anche Nietzsche, che se ne dimostrò entusiasta brandendola in opposizione al mondo wagneriano di cui si sentiva disgustato. Il rifiuto delle morbidezze “alla Gounod” allora di moda, l’utilizzo della semplicità musicale come carattere fosco, la scansione scenica per tableaux visivi di forte efficacia, l’abbondanza di musica scenica e di ritmi di danza (habanera, chanson Bohème, seguidilla, marcia, canzone militare, fanfara del corteo), le armonie taglienti, il rifiuto di impasti strumentali e anzi la preferenza per timbri spesso puri in cui emergono singoli strumenti, il colore spagnolo incarnato a un mondo arcano di sangue e passioni, contribuiscono a qualsiasi rifiuto dell’analisi psicologica dei personaggi per privilegiare la sensazione di oggettività basata solo sul loro modo di agire, che appare spesso legato a doppio filo a motivazioni di natura ancestrale e ferina. E questo spiega anche perché Carmen sia tuttora una delle tre opere più eseguite al mondo.

Note di regia per una Carmen

Per prepararmi ad affrontare Carmen, l’opera “croce e delizia” per eccellenza (una delle più rappresentate al mondo) mi sono interrogata a fondo sia sul libretto sia sulla musica trovando poi l’illuminazione andando alle origini, rileggendo Merimée.
In questa messa in scena c’è, in particolare per me, la rivelazione di come anche questa sia l’ennesima storia di una donna vista attraverso gli occhi degli uomini: compositore, librettisti, scrittore e soprattutto Don José.
Tutta la vicenda è in realtà una soggettiva, è la confessione di un condannato a morte, e quello che viene raccontato si svolge attraverso due morti, quella avvenuta di Carmen e quella decretata di Don José.
Mi è sembrato dunque importante concentrare l’attenzione sul fatto che Carmen non esista in realtà se non attraverso le parole del suo assassino e che quindi il vero protagonista della vicenda sia Don José, colui che porta avanti l’azione. Non sappiamo nulla di Carmen che non sia in relazione a lui, Carmen non cambia, Don José si trasforma in nome di una passione (che mi guardo bene dal chiamare amore) vissuta in maniera ossessiva, malata, che lo porta a non tollerare l’idea di non poter più possedere quello che vuole; una storia che potremmo benissimo leggere anche oggi sulla cronaca di qualsiasi quotidiano.
Ho pensato quindi a una prigione e all’intera vicenda non tanto come un flashback quanto piuttosto a un ricordo ossessivo di Don José che rivive dalla sua cella l’incontro con Carmen e l’epilogo tragico della sua storia, raccontandoselo e deformandolo attraverso l’immaginazione, il proprio punto di vista. La memoria affiora dalla scatola degli oggetti personali e quindi il fiore, la foto di Micaela, un ritaglio di giornale, della sabbia in una scarpa, che rievocano spazi e situazioni. L’immagine di Carmen e della loro storia è così assillante che Don José arriva a confondere la realtà con la memoria, tanto da deformare perfino il quotidiano, in una spirale che lo condurrà ad immedesimarsi con ciò che ricorda, a vivere continuamente fra sogno e veglia senza quasi più poterli distinguere.
Essendo gli anni Sessanta un periodo in cui per le donne comincia a realizzarsi un processo di emancipazione (ricordo che in Italia il reato di adulterio è stato abolito nel 1968 e il delitto d’onore solo nel 1981) e si mettono in discussione i pilastri del patriarcato mi sembrava giusto collocare la vicenda in quegli anni, dove il sogno di molti uomini continua ad oscillare fra la moglie devota e l’amante lasciva (la Santa e il demonio, Micaela e Carmen) ma per “il sesso debole” si aprono prospettive di crescita e ribellione.
In tutta l’opera le donne vengono considerate alla stregua di una merce, vanno pagate, esistono in quanto sigaraie (donne facili e leggere) o per distrarre doganieri con sorrisi e parti del corpo; è un occhio maschile quello che guarda, la realtà è filtrata, è un uomo che parla.
Sono convinta che per parlare di femminicidio senza retorica sia necessario più che mai che Carmen muoia; chiamare chi l’ha uccisa non “amante tradito” o “fidanzato geloso” ma assassino e metterlo in prigione è un modo per rendere giustizia a Carmen e a tutte le donne che vogliono essere loro stesse, a prescindere dai desideri degli altri.

Silvia Paoli

Teatro Regio di Parma
mercoledì 12 gennaio 2022, ore 20.00 Opera A
venerdì 14 gennaio 2022, ore 20.00 Opera B
sabato 15 gennaio 2022, ore 17.00 Fuori abbonamento
domenica 16 gennaio 2022, ore 15.30 Opera D
venerdì 21 gennaio 2022, ore 20.00 Opera C
domenica 23 gennaio 2022, ore 15.30 Fuori abbonamento

CARMEN

Opéra-comique in quattro atti di Henry Méilhac e Ludovic Halévy
dal romanzo Carmen di Prosper Mérimée

Musica di GEORGES BIZET

Carmen MARTINA BELLI
RAMONA ZAHARIA (15, 21)
Don José ARTURO CHACON CRUZ
AZER ZADA (15, 21)
Escamillo MARCO CARIA
ALESSANDRO LUONGO (15, 21)
Micaela LAURA GIORDANO
VERONICA MARINI (15, 21)
Dancairo ARMANDO GABBA
Remendado SAVERIO FIORE
Morales GIANNI GIUGA
Zuniga MASSIMILIANO CATELLANI
Frasquita ELEONORA BELLOCCI
Mercedes CHIARA TIROTTA

Maestro concertatore e direttore JORDI BERNACER

Regia SILVIA PAOLI

Scene ANDREA BELLI
Costumi VALERIA DONATA BETTELLA
Luci MARCELLO LUMACA
Video FRANCESCO CORSI
Coreografie CARLO MASSARI/C&C COMPANY

ORCHESTRA DELL’EMILIA-ROMAGNA «ARTURO TOSCANINI»
CORO DEL TEATRO REGIO DI PARMA
CORO DI VOCI BIANCHE DEL TEATRO REGIO DI PARMA

Maestro del coro MARTINO FAGGIANI
Maestro del coro di voci bianche MASSIMO FIOCCHI MALASPINA

Nuovo allestimento del Teatro Regio di Parma
In coproduzione con I Teatri di Reggio Emilia.

un video di operaclassica con le foto del cast, storyboard, bozzetti costumi.

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