Le Comte Ory tra risate e applausi

 

Le Comte Ory tra risate e applausi
Nel 1828 Rossini era a Parigi da cinque anni ma – oltre alla partitura celebrativa de ‘Il Viaggio a Reims’ composta per festeggiare l’incoronazione di Carlo V e rappresentata per poche sere – non aveva ancora offerto ai teatri francesi un’opera nuova. I due rifacimenti del ‘Maometto II’ e del ‘Mosè in Egitto’ (Le Siège de Corinthe e Moise et Pharaon) avevano suscitato l’entusiasmo del pubblico che attendeva la stesura di un’opera originale in lingua francese da rappresentare nel massimo teatro parigino.
L’incarico di scrivere velocemente un libretto per la nuova partitura fu affidato al più esperto uomo di teatro del periodo, Eugène Scribe (autore di circa quattrocento lavori) e ad un suo collaboratore, Charles Gaspard Delestre-Poirson.
Secondo l’uso del tempo, Scribe propose a Rossini di riciclare, ampliandolo, un soggetto già utilizzato: un suo vaudeville (commedia leggera e brillante, basata sull’intrigo e la satira) rappresentato a Parigi nel 1816, per il quale il drammaturgo si era ispirato ad una ballata medievale, tratta a sua volta da una leggenda piccarda in cui venivano celebrate le avventure boccaccesche di un libertino (il Conte Ory), entrato nel convento di Formoutiers con un gruppo di cavalieri mascherati da suore ‘per far piacere alle monache e scacciare la noia’.
Le ultime righe della divertente ballata avvertivano maliziosamente il lettore che nove mesi dopo, ogni suora ebbe ‘il suo piccolo cavaliere’.
Allo scopo di non incorrere negli strali della censura e non essere accusato di vilipendio della religione, nel vaudeville Scribe era tuttavia ricorso ad un gioco di allusioni più sottile e meno esplicito, trasformando le monache in una castellana e nelle sue dame ed eliminando il finale licenzioso: il libretto si conclude infatti con la sconfitta degli aspiranti seduttori, costretti a rinunciare all’impresa ed a lasciare frettolosamente il castello per effetto del ritorno improvviso e inatteso del feudatario e dei suoi uomini (i brani musicali del vaudeville alternavano canti popolari francesi e arie d’opera di vari autori tra cui Mozart).
La stesura del libretto pose alcuni problemi: dall’esiguo materiale dell’atto unico del vaudeville si doveva trarre una vicenda capace di ‘riempire’ i due atti dell’opera, tenendo conto contemporaneamente dell’intenzione del Compositore di riciclare alcuni brani del Viaggio a Reims (in lingua italiana e quindi con accenti musicali impostati su valori metrici diversi),
Non essendo quell’operazione facile né indolore, i rapporti fra il Musicista e Scribe divennero così tesi che quest’ultimo, abituato ad imporre i propri prodotti ai maggiori operisti del tempo, d’accordo con il suo collaboratore rifiutò di far apporre al libretto i propri nomi (salvo farli aggiungere precipitosamente dopo il trionfo dell’opera).
L’opera (la penultima del Maestro pesarese) fu presentata all’Opéra di Parigi il 20 agosto 1828 e – in grado com’era di tener desta l’attenzione del pubblico fin dalle prime note- ottenne fin da subito un grande successo.
E’ toccato a ‘Le Comte Ory’ -nuova produzione firmata dal regista argentino Hugo De Ana con il ritorno in scena del tenore superstar Juan Diego Florez in uno dei suoi cavalli di battaglia -inaugurare il 9 agosto la 43a edizione del ‘Rossini Opera Festival’ alla Vitrifrigo Arena di Pesaro, riaperta completamente al pubblico e senza limitazioni dopo circa due anni.
Per De Ana -che firma regia, scene e costumi- si tratta di un ritorno dopo trent’anni: nel 1992 curò uno storico e visionario allestimento di ‘Semiramide’.
Fin dalle prove la messa in scena si è preannunciata divertente e colorata, un gioco degli equivoci e di travestimenti tra sacro e profano, grazie anche al gioco di luci di Valerio Alfieri.
Per alcuni, però, Ana ha confezionato uno spettacolo all’insegna dell’assurdo totale, paragonato più a Helzapoppin (film comico musicale del 1941, diretto da H.C. Potter e ispirato direttamente all’omonima rivista messa in scena a Broadway: un insieme di gags, di trovate esilaranti, di numeri comici divertentissimi) che alle opere del francese Feydeau che è per molti versi il creatore di quel genere di commedie che in Italia sono state battezzate col nome francese di pochade, commedia brillante, tra il farsesco e il licenzioso)
e che in Francia, invece, si definiscono vaudeville con scene ispirate al pittore Hyeronimus Bosch: piante antropomorfe, dinosauri e uccelli giganti nei momenti culminanti.
Così è stato: risate a non finire, applausi a scena aperta per le arie più difficili ed alla fine quasi 15 minuti di battimani (e anche di piedi come è tradizione a Pesaro).
Un’accoglienza trionfale soprattutto per la parte musicale dello spettacolo, guidato da vero mattatore dal peruviano Florez (che ricopre anche la carica di direttore artistico del ROF) in stato di grazia nel ruolo del titolo, caratterizzato da ‘una vocalità tenorile fiorita e impervia’.
Assieme a lui figurano nel cast Julie Fuchs, Nahuel Di Pierro, Maria Kataeva, Andrzej Filonczyk, Monica Bacelli e Anna-Doris Capitelli (repliche 12, 16 e 19 agosto).
Trascinante è stata giudicata la direzione dell’Orchestra Sinfonica della Rai e del Coro del ‘Ventidio Basso’ (curato da Giovanni Farina) da parte di Diego Matheuz che appartiene alla prima generazione di bravi musicisti emersi da ‘El Sistema’, il modello didattico musicale, ideato e promosso in Venezuela da José Antonio Abreu che consiste in un ‘sistema di educazione musicale pubblica, diffusa e capillare, con accesso gratuito e libero per bambini di tutti i ceti sociali’.
Ricordo a me stessa che il Sistema è stato promosso nel 1975 dalla F.E.S.N.O.J.I.V., ente statale che si è occupato della gestione e promozione di oltre 125 orchestre e cori giovanili, 30 orchestre sinfoniche e dell’educazione di oltre 350.000 studenti in 180 nuclei operativi sul territorio venezuelano.
Il festival è proseguito il 10 agosto con la ripresa al ‘Rossini’ de ‘La Gazzetta’ nel fortunato allestimento di Marco Carniti che riscosse gran successo al Rof 2015 (Carlo Rizzi dirige l’Orchestra Sinfonica G. Rossini e il Coro del Teatro della Fortuna preparato da Mirca Rosciani). Tra gli interpreti Carlo Lepore, Maria Grazia Schiavo, Giorgio Caoduro, Martiniana Antonie (repliche 13, 15 e 18 agosto).
L’11 agosto alla Vitrifrigo Arena ha debuttato la terza opera: ‘Otello’, diretta da Yves Abel, alla guida dell’Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai e del Coro del ‘Ventidio Basso’. E’ messa in scena da Rosetta Cucchi, con le scene di Tiziano Santi, i costumi di Ursula Patzak e le luci di Daniele Naldi. Nel cast, Enea Scala, Eleonora Buratto, Evgeny Stavinsky, Dmitry Korchak, Antonino Siragusa (repliche 14,17 e 20 agosto).
In cartellone anche ‘Il Viaggio a Reims’ dell’Accademia Rossiniana (13 e 15 agosto), quattro concerti lirico-sinfonici, due concerti di belcanto, il ritorno del divertissement ‘Rossinimania’ (intrattenimento musicale ideato da Sergio Ragni con attori e cantanti). In chiusura, il 21 agosto, un gala celebrativo per i 40 anni di Pier Luigi Pizzi al Rof, ‘Tra rondò e tournedos’ che sarà videoproiettato in piazza del Popolo a Pesaro.
Vi aspettiamo.
Paola Cecchini

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