Intervista a Desideri

Intervista a Fabio Desideri per divulgazione

Il Lazio, una regione che nei prossimi anni potrà essere la “locomotiva d’Italia” se la politica, alle prossime elezioni regionali, sceglierà di diventare inclusiva ed aperta ai saperi.

 

 

Fabio Desideri, presidente nazionale della Federazione Confimprese World, già consigliere regionale del Lazio, dice la sua sulle priorità del territorio regionale.

Desideri, lei conosce bene le PMI, come vede i prossimi cinque anni per questo settore dell’economia della Regione Lazio?

Il Lazio nei prossimi cinque anni può essere la “locomotiva d’Italia” grazie al coincidere di una serie di opportunità: la messa a terra delle opere previste dal P.N.R.R., il Giubileo del 2025, la chiusura del ciclo dei rifiuti, la realizzazione del nuovo stadio dell’A.S. Roma, la risistemazione del waterfront della costa laziale, l’adeguamento strutturale del porto di Civitavecchia, la riqualificazione degli assi principali della viabilità comunale, provinciale e regionale, la candidatura di Roma Capitale a sede di Expo 2030 e tante altre cose, che per brevità non cito, fanno della nostra 5egione un’area di grandi opportunità per le imprese e l’economia non soltanto del territorio laziale.

Secondo lei nel sistema sociale, politico ed economico della nostra Regione, c’è una piena consapevolezza di questo stato delle cose?

Questa domanda richiede una risposta articolata. Le singole parti della società che lei ha indicato, hanno una consapevolezza di massima del proprio settore, limitata agli aspetti di specifica competenza del quadro generale della situazione. Manca però, a mio parere, l’esatta conoscenza di cosa si deve fare per “mettere a terra” tutto ciò che è previsto. Mi sembra che non si abbia ben chiaro l’esiguità dei tempi che si hanno davanti, nonché l’urgenza di avviare la definizione concreta di ciò che si deve realizzare.

A cosa si riferisce specificatamente?

Lei pensi per un attimo – soltanto per fare un esempio – ai circa otto miliardi di euro di risorse stanziate per le opere connesse all’evento giubilare. Con le procedure ed i tempi attuali, all’inizio dell’Anno Santo nel 2025, la grande maggioranza delle opere previste saranno più o meno un cantiere aperto, trasferendo nel mondo un’immagine di inefficienza dell’Italia, della nostra Regione e di Roma Capitale che certo non farà bene al nostro Paese nel suo complesso.

E cosa si dovrebbe fare, a suo parere, per evitare questa situazione?

Anzitutto prendere consapevolezza da parte di tutti i settori: politica, economia, imprese ed istituzioni competenti che si rischia una “brutta figura” ed un fallimento agli occhi di tutto il mondo. Immediatamente, andranno poi eliminate le cosiddette fughe in avanti”, come quelle fatte dal deputato del PD, Nicola Zingaretti, nel suo ultimo atto da presidente della Regione Lazio, con il trasferimento di alcuni poteri in materia di urbanistica di competenza della Regione Lazio, a Roma Capitale; scelte queste che l’unica cosa che creeranno saranno, solo ed esclusivamente, contenziosi di fronte ai vari Tribunali italiani, invece di semplificare la situazione sul territorio. Bisognerà poi che il nuovo Esecutivo Regionale e l’eleggendo Consiglio Regionale del Lazio, affrontino questo tema con la massima sollecitudine, sia con il Governo Nazionale, sia con Roma Capitale, affinché si applichino e vengano utilizzate le stesse procedure di urgenza ed emergenza attuate per la ricostruzione del Ponte di Genova, al fine di accorciare i tempi ed avviare, con la massima celerità, le opere previste. Per realizzare tutto ciò è inoltre necessaria, ed ineludibile, la partecipazione di reti d’impresa, certificate e strutturate, che accettino la sfida, operando fianco a fianco di un organismo straordinario, il quale dovrà avere la struttura di agenzia speciale ed emergenziale sostenuta da una legge ad hoc, che è urgente emanare.

Una prospettiva molto complessa quella che lei sta illustrando.

Sicuramente un quadro complesso, cui è urgentissimo porre rimedio, questo è poco ma certo. Riflettiamo insieme su alcuni dati per aiutare anche i non addetti ai lavori a comprendere meglio. Il nuovo Consiglio Regionale e la Giunta del Lazio si insedieranno a marzo del 2023; queste due distinte articolazioni regionali dovranno poi, fare una serie di adempimenti preliminari di modifica della finanziaria regionale, almeno per gli aspetti derivanti dalle risorse correlate a tali opere; dovranno successivamente, stando alla normativa attuale, indire i bandi europei delle opere previste, svolgere conseguentemente le procedure correlate alle varie aggiudicazioni degli appalti e, sperando che non ci siano ricorsi, cosa non proprio facilissima, consegnare i cantieri alle imprese appaltanti ed avviare le opere; il tutto in una città, com’è tradizionalmente Roma, dove appena scavi emerge un reperto archeologico, la cui classificazione e messa in sicurezza dello stesso richiede tempi non certo brevi e l’intervento di molteplici istituzioni cointeressate. Capisce bene che con queste pre-condizioni sperare che all’ultimo giorno dell’anno 2024 tutte le opere previste siano state completate se non è utopia è certamente qualcosa di molto irrealistico da pensare.

Le elezioni regionali del Lazio si avvicinano, sono state fissate per il 12 di febbraio prossimo, questi temi ed altri dovrebbero essere centrali nella campagna elettorale, qual è la sua impressione?

Ho la sensazione che le prossime elezioni regionali siano vissute più come una “partita di ritorno” delle ultime elezioni politiche, piuttosto che per quello che in realtà sono. Sta forse scomparendo dall’orizzonte degli addetti ai lavori la funzione preminente che ha l’Ente Regione, rispetto ai cittadini del proprio territorio. I temi sopra indicati, oltre a tanti altri e solo per accennarne alcuni: la sanità, i trasporti, l’ambiente, i rifiuti, la formazione, la cultura, lo sport etc., dovrebbero essere il discrimine su cui definire coalizioni, liste, candidature e quant’altro attiene a qualsiasi elezione. Invece ho la sensazione che dalle apicalità di molte tra forze politiche in campo, fino all’ultimo dei loro iscritti, si pensi prevalentemente alla rivincita elettorale. Mi preme evidenziare, invece, che le elezioni regionali, vista la loro specificità, dovrebbero al massimo favorire la partecipazione civica nelle coalizioni, essere inclusive, aprire al maggior numero possibile di contributi e creare le condizioni per una collaborazione, a prescindere dalle appartenenze, sulle cose da fare; insomma, sarebbe fondamentale che le urne elettorali fossero un momento di partecipazione della società regionale sui temi importanti del vivere della nostra quotidianità. Spero che i pochi giorni che ci separano dalla presentazione dei candidati, nonché delle liste e delle coalizioni, sappiano creare le condizioni affinché questa voglia di partecipare e di condividere le varie priorità politico ed amministrative del territorio regionale, diventi concreta realtà, anche tramite una reale apertura dei partiti alla società civile, quest’ultima troppo spesso marginalizzata. Forse tale scelta invertirebbe anche la diserzione delle urne, che la disaffezione dei cittadini verso le forme partito, evidenzia ad ogni tornata elettorale.

 

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