La scomparsa di Giorgio Galli

La scomparsa di Giorgio Galli. Uno storico della politica che cercò di «ricostruire la democrazia»
Pierfranco Bruni
Ricostruire la democrazia. «La ‘tela di Penelope’ delle riforme elettorali», edito da Solfanelli nel 2012, è stato il tema dominante della sua profonda ricerca. Non solo politologo. Soprattutto storico delle dottrine politiche. Politica tra visione moderna e contemporanea e modelli sociologici sono i due percorsi per i quali ha applicato quella scienza politica che lo ha portato a condurre analisi precise intorno a fenomeni che hanno caratterizzato il secondo Novecento.
Mi riferisco a Giorgio Galli scomparso il 27 dicembre del 2020. Vasta è la sua bibliografia a partire dai primi testi degli anni 1950 e oltre sino ad uno dei squilibri del 2019. Tutta la storia contemporanea è passata dal suo osservatorio sottolineando l’importanza e il ruolo della politica.
Dalla caratterizzazione dei partiti politici alle chiave di letture sulle ideologie il percorso di Giorgio Gallo ha indagato anche sul rapporto tra politica ed esoterismo in più di una pubblicazione.
È stato docente di dottrine politiche e questo gli ha permesso di procedere ad un lavoro di comparizione tra filosofia della politica e storiografia dei partiti politici. Dai primi testi sul comunismo alle destre, dalla posizione cattolica di Androtti agli anni di piombo. Dai fatti di Piazza Fontana alla nascita delle Brigate rosse.
Il viaggio di Galli è stato articolato puntando ad una ricerca eterogenea su una antropologia della politica e del sistema dei partiti.
Nel testo dal titolo «Le coincidenze significative. Dalla politologia alla sincronicità», edito da Solfanelli nel 1992, si legge una sintesi significativa della problematica del pensiero politico dagli anni Cinquanta sino agli anni Novanta del 900. Ma diverse sono le sue pubblicazioni che hanno appuntato la vita dell’Italia dalla fine del conflitto mondiale fino alla caduta dei muri.
Da «La sinistra democristiana. Storia e ideologia», con Paolo Facchi, Feltrinelli, 1962 a «Il bipartitismo imperfetto. Comunisti e democristiani in Italia, Il Mulino, 1966. Da «Cultura di massa e comportamento collettivo. Società e cinema negli anni precedenti il New Deal e il Nazismo», con Franco Rositi, Il Mulino, 1967 a «La tigre di carta e il drago scarlatto. Il pensiero di Mao Tse-tung e l’Occidente», Il Mulino, 1970.
Da «Il difficile governo. Un’analisi del sistema partitico italiano», Il Mulino, 1972 a «La crisi italiana e la destra internazionale» Mondadori, 1974. Da «Dal bipartismo imperfetto alla possibile alternativa», Il Mulino, 1975 a «I partiti politici in Italia, 1861-1973«, Utet libreria, 1975; 1983. Da «La Destra in Italia», Gammalibri, 1983 a «L’Impero americano e la crisi della democrazia, Kaos, 2002.
E poi una numerosa bibliografia sino agli ultimi volumi: «La magia e il potere. L’esoterismo nella politica occidentale», Lindau, 2004. «Il decennio Moro-Berlinguer. Una rilettura attuale», Baldini Castoldi Dalai, 2006. «Hitler e la cultura occulta», BUR Rizzoli, 2013.
Insomma non ci sono problematiche politiche e sociologiche che non sono state al centro della sua attenzione. Una serietà nella profondità dei suoi scritti lo ha condotto ad una schietta e aperta visione del sistema Italia tra identità politica e scavo sociologico.
Ho frequentato alcuni suoi seminari nei miei anni universitari e le sue lezioni sono state sempre un insegnamento di realtà politica senza mai incorrere in dietrologie o paradossi ideologici.
Un maestro che ha permesso di di leggere la storia italiana partendo dalla politica che si è fatta storia. Era nato a Milano il 10 febbraio del 1928.

 

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