La Francesca da Rimini di Gabriele D’Annunzio, messa in scena 120 anni fa, ritorna nel romanzo della bellezza di Pierfranco Bruni dedicato ad Eleonora Duse e D’Annunzio: «Con le sue labbra le suggella le labbra spiranti», per Pellegrini editore. Un romanzo raccontato con lo sguardo degli occhi e degli amori di Gabriele.
Eleonora resta il nucleo onirico della vita e della morte. Con grande maestria Pierfranco Bruni diventa l’alter ego di Gabriele e traccia le ferite e la sensualità di un diario in cui volutamente si confondono stili e storie, avventure e città, viaggi e colorazioni di sguardi.
Pierfranco Bruni con eleganza non racconta soltanto la Duse, donna, amante e attrice. Ma riempie di personaggi veri e allegorici il suo romanzo. Fa parlare Sarah Bernhardt con una incisiva dimensione della teatralità e della scena in cui Gabriele diventa l’amante «troppo fedele per molta infedeltà».
Inserisce nel teatro dei destini addirittura quella che è stata definita una spia: Mata Hari. Una danzatrice inventata nel canto di D’Annunzio.
Nel parlare di questo libro Pierfranco Bruni ha sottolineato: «Ho sempre amato Eleonora Duse. La teatralità la recita il tragico. Da quando ero ragazzo ho visto in lei la metafora del fascino del mistero del mito. La Divina, come la chiamò Gabriele, resta dentro di me. La letteratura solleva e vive di luce. La letteratura mi ha fatto amare l’amore».
Il gioco dei piaceri non è innocente ma un trionfo del fuoco con una Eleonora magistrale e la mutua proprio nella Francesca del Dante.
È magico qui Pierfranco Bruni nell’intrecciare il reale con l’immaginario come nei dialoghi tutti creati da Bruni nei quali Eleonora e Gabriele sono protagonisti di una costante recita. Un romanzo in cui la passione è l’amore che mostra tutti i suoi veli sino al velo finale che è quello che copre il busto di Eleonora nella stanza del Vittoriale.
È emblematico il fatto che il dannunziano Bruni fa parlare i suoi personaggi con un linguaggio in cui campeggia la teatralità. Un romanzo che andrebbe portato sulle scene teatrali. Qui Bruni oltre che scrittore diventa anche regista.
Non il solito libro su D’Annunzio o Eleonora Duse. Ma un romanzo teatro in cui tutto sembra vero perché tutto sembra immaginario come la passeggiata o la notte d’amore di Gabriele ed Eleonora nella dimora di Scanno.
Il «Notturno» è decifrato come un memoriale nel quale Eleonora è ricordata mentre «Il fuoco» è il viaggio di una passione. Eleonora resta alla fine la vera e unica donna che Gabriele ha amato profondamente. Questo Bruni lo ribadisce e se lo ribadisce per raccontare anche i suoi amore.
Uno straordinario romanzo fatto di labbra e di sguardi oltre che di un linguaggio onirico. Un romanzo che è già sceneggiatura.
Eleonora resta il nucleo onirico della vita e della morte. Con grande maestria Pierfranco Bruni diventa l’alter ego di Gabriele e traccia le ferite e la sensualità di un diario in cui volutamente si confondono stili e storie, avventure e città, viaggi e colorazioni di sguardi.
Pierfranco Bruni con eleganza non racconta soltanto la Duse, donna, amante e attrice. Ma riempie di personaggi veri e allegorici il suo romanzo. Fa parlare Sarah Bernhardt con una incisiva dimensione della teatralità e della scena in cui Gabriele diventa l’amante «troppo fedele per molta infedeltà».
Inserisce nel teatro dei destini addirittura quella che è stata definita una spia: Mata Hari. Una danzatrice inventata nel canto di D’Annunzio.
Nel parlare di questo libro Pierfranco Bruni ha sottolineato: «Ho sempre amato Eleonora Duse. La teatralità la recita il tragico. Da quando ero ragazzo ho visto in lei la metafora del fascino del mistero del mito. La Divina, come la chiamò Gabriele, resta dentro di me. La letteratura solleva e vive di luce. La letteratura mi ha fatto amare l’amore».
Il gioco dei piaceri non è innocente ma un trionfo del fuoco con una Eleonora magistrale e la mutua proprio nella Francesca del Dante.
È magico qui Pierfranco Bruni nell’intrecciare il reale con l’immaginario come nei dialoghi tutti creati da Bruni nei quali Eleonora e Gabriele sono protagonisti di una costante recita. Un romanzo in cui la passione è l’amore che mostra tutti i suoi veli sino al velo finale che è quello che copre il busto di Eleonora nella stanza del Vittoriale.
È emblematico il fatto che il dannunziano Bruni fa parlare i suoi personaggi con un linguaggio in cui campeggia la teatralità. Un romanzo che andrebbe portato sulle scene teatrali. Qui Bruni oltre che scrittore diventa anche regista.
Non il solito libro su D’Annunzio o Eleonora Duse. Ma un romanzo teatro in cui tutto sembra vero perché tutto sembra immaginario come la passeggiata o la notte d’amore di Gabriele ed Eleonora nella dimora di Scanno.
Il «Notturno» è decifrato come un memoriale nel quale Eleonora è ricordata mentre «Il fuoco» è il viaggio di una passione. Eleonora resta alla fine la vera e unica donna che Gabriele ha amato profondamente. Questo Bruni lo ribadisce e se lo ribadisce per raccontare anche i suoi amore.
Uno straordinario romanzo fatto di labbra e di sguardi oltre che di un linguaggio onirico. Un romanzo che è già sceneggiatura.