Intenzioni ottime, risultati discutibili:
a forza di voler includere si finisce per escludere
Stiamo vivendo una situazione paradossale perché è inaccettabile che le istituzioni europee pur di usare un linguaggio che non faccia sentire nessuno discriminato finisce col tagliare fuori chi si identifica in valori e parole giudicati «escludenti». Io sono cristiano e celebrare il Natale e usare nomi e simboli cristiani fa parte del ricco patrimonio personale ed europeo.
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Aldilà dei chiarimenti che sono intervenuti abbastanza rapidamente in cui si è specificato che ‘Il documento a cui si fa riferimento è un documento interno preparato a livello tecnico e che quelle linee guida sono raccomandazioni al personale per il proprio lavoro quotidiano’, sento il dovere di prendere una chiara posizione .
È d’uopo sottolineare che liminare le identità personale e nazionale significa produrre nuove discriminazioni: Il caso più eclatante è stato proprio quello di vietare l’uso della parola «Natale» per evitare di dare per scontato che tutti siano cristiani. Dunque è bene «evitare» di usare frasi come ‘il Natale può essere un periodo impegnativo ‘e preferirgli’ le vacanze possono essere un periodo impegnativo. Ma l’affondo e l’affronto non si ferma qui va oltre!
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Nello stesso specchietto di parole da usare e da scansare l’indicazione di «non usare negli esempi e nelle storie solo nomi che sono tipici di una religione»: e dunque via «Maria e Giovanni», meglio «Malika e Julio». A questo punto la domanda nasce spontanea: sarebbe questa un Unione di eguaglianza nella quale sentirci uniti nella diversità?
Onestamente io, vecchio democristiano, mi sento in un regime autoritario che impone e nega i valori con i quali sono nato e formato e che soprattutto costituiscono parte integrante della ricca eredità nazionale italiana ed europea.
Ovviamente è cosa buona e giusta la preoccupazione di cancellare tutte le discriminazioni soprattutto sul terreno pratico, però, a mio parere, questa non è certamente la strada per raggiungere questo scopo.
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I rischi intrinsechi sono enormi, mi limito per ragioni di tempo e spazio ad enucleare solo quelli che mi appaiono più evidenti, restando disponibile a discutere ad ogni livello il problema:
- si rischia di distruggere e annientare la persona;
- si rischia di omologare tutto, non sapendo rispettare invece anche le
giuste differenze, che naturalmente non devono diventare
contrapposizione o fonte di discriminazione, ma devono integrarsi
proprio per costruire una umanità piena e integrale; - si rischia di cancellare quelle che sono le radici, le nostre radici.
A tal proposito vale la pena sottolineare la mia esperienza di vita personale: chi scrive, infatti, ha sulla spalle 15 anni di emigrazione in Venezuela. In particolare ho passato la gioventù in un paese dove la libertà era molto limitata, ma nonostante ciò si è sempre e dico sempre celebrato il Natale.
Ricordo perfettamente il dolce suono della pronuncia dei nomi di ‘Giuseppe e Maria’ soprattutto in occasione del le feste cristiane. In altri termini è stata sempre salvaguardata e giammai mortificata la dimensione cristiana della nostra Europa.
Concludo con l’amara verità che quindi, distruggere la differenza e distruggere le radici vuol dire proprio distruggere la persona. Accetto come tutti gli opportuni intervenuti chiarimenti dinnanzi ai quali non bisogna dimostrare ignoranza ma allo stesso tempo bisogna pungere e dire ciò che ci ferisce profondamente.
Sono italiano fiero ed orgoglioso di esserlo e rimango italiano con il mio Natale e con i miei ‘Santi’. Ringrazio la Dott.ssa Nunzia Bernardini per le foto di alcuni dei presepi della sua collezione.
Antonio Peragine
Direttore del Corriere Nazionalele.net
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