NEL CINQUANTENARIO DELLA MORTE DI ENNIO FLAIANO UN NUOVO LIBRO DI LUCILLA SERGIACOMO SUL GRANDE SCRITTORE ABRUZZESE

 

29 giugno 2022

NEL CINQUANTENARIO DELLA MORTE DI ENNIO FLAIANO UN NUOVO LIBRO DI LUCILLA SERGIACOMO SUL GRANDE SCRITTORE ABRUZZESE

di Goffredo Palmerini

L’AQUILA – Invito alla lettura di Flaiano (Mursia editore, Milano 2022, pp.384) è il nuovo saggio di Lucilla Sergiacomo sul grande scrittore abruzzese, una rivisitazione ampiamente aggiornata e arricchita d’un precedente testo del 1996, tra le diverse opere che l’autrice ha dedicato ad Ennio Flaiano (Pescara, 5 marzo 1910 – Roma, 20 novembre 1972). Non poteva dunque mancare, nella ricorrenza del 50° anniversario della scomparsa, specie da parte della Sergiacomo che tanti studi ha pubblicano su Flaiano, uno dei più grandi ed eclettici autori del Novecento, questo ulteriore significativo tributo.

Ennio Flaiano, infatti, fu giornalista, critico teatrale e cinematografico – per il Mondo di Pannunzio, il Corriere della Sera, l’Europeo, L’Espresso, ed altre testate -, oltre che sceneggiatore di alcuni fra i più importanti film del dopoguerra. In questo particolare settore campeggia la forte collaborazione con Federico Fellini, per la sceneggiatura de Lo sceicco bianco, Le notti di Cabiria, I vitelloni, La dolce vita, Otto e mezzo, Giulietta degli spiriti, autentici capolavori della settima arte, ma anche per altri grandi registi quali Lattuada, Monicelli, Steno, Blasetti, Rossellini, Risi, Antonioni, Germi, Petri, Zampa, Ferreri, Montaldo e molti altri ancora. Moralista acre e tragico, Flaiano scrisse opere narrative e prose varie percorse da un’originale vena satirica e da un vivo senso del grottesco, attraverso i quali vengono colti gli aspetti più paradossali della realtà contemporanea: Tempo di uccidere (1947, premio Strega), Una e una notte (1959), Il gioco e il massacro (1970), Le ombre bianche (1972), Autobiografia del blu di Prussia (postumo, 1974), Diario degli errori (postumo, 1977). Toni analoghi hanno i suoi testi teatrali: La guerra spiegata ai poveri (1946), La donna nell’armadio (1958), Un marziano a Roma e altre farse (1971). Alla sua memoria, nel 1974, è stato dedicato il Premio Flaiano, certamente il concorso più importante per soggettisti e sceneggiatori del cinema. La manifestazione si svolge ogni anno a Pescara, la città natale, dove in suo onore è stato eretto anche un monumento.

Ma veniamo ora al magnifico volume “Invito alla lettura di Flaiano” di Lucilla Sergiacomo, pubblicato di recente dall’editore Mursia. Ennio Flaiano, vincitore del primo Premio Strega con Tempo di uccidere, romanzo anticoloniale e controcorrente, sceneggiatore della mitica Dolce vita di Fellini, drammaturgo originale, autore di potenti satire sui vizi italiani e di aforismi celebri e fulminanti, firma prestigiosa del grande giornalismo nazionale, è da tempo entrato nel canone letterario del Novecento, dopo la pubblicazione degli scritti postumi. A confermare il valore della sua opera poliedrica e ricca di talento concorrono negli ultimi anni la riscoperta e l’apprezzamento del Flaiano giornalista, acuto e profetico osservatore di costume, del recensore cinematografico e teatrale, del singolare e avvincente scrittore per il cinema. Questa nuova edizione dell’Invito alla lettura di Flaiano di Lucilla Sergiacomo, largamente aggiornata, evidenzia anche queste componenti dell’eclettica produzione del grande autore abruzzese e della sua capacità di sperimentare i diversi linguaggi della contemporaneità.

Il libro si apre con una ricca ed interessantissima Cronologia, davvero assai chiara ed efficace, che anno per anno, dalla nascita 1910 alla morte 1972, compendia i fatti più significativi (Vita di Flaiano – Avvenimenti culturali – Avvenimenti storici) dando un quadro illuminante della vicenda personale dello scrittore e del contesto culturale e storico. Questa prima parte del libro è certamente di grande utilità per il lettore. Così almeno l’ha valutata chi qui scrive. Già nell’incipit del primo capitolo Lucilla Sergiacomo chiarisce icasticamente il senso e l’intendimento di questo corposo suo lavoro d’indagine sulla vita e sulle opere di Flaiano.

«L’opportunità di operare una ricostruzione delle vicende biografiche di Flaiano – annota subito in apertura l’autrice – affidandosi spesso ai suoi scritti non è motivata solo dalla natura diaristica di gran parte della sua opera, dove l’autobiografismo è diretto o convogliato nelle vicende di altri personaggi. A giustificare tali riprese è il rapporto stesso che Flaiano instaurò tra la letteratura e la vita, escludendo- come era proprio del gruppo degli artisti ed intellettuali romani all’interno del quale avvenne la sua formazione – il completo distacco dell’autore dall’opera e sostenendo anzi il privilegio di calarsi in essa, in palese contrapposizione con le teorie neorealiste. La letteratura per Flaiano coincide infatti con la trasfigurazione della vita, e pertanto il suo legame con i luoghi e le persone, il ricchissimo mondo interiore, la precisione con cui lo scrittore coglieva i fatti di costume e l’efficacia con cui li giudicava rifluirono continuamente dalla vita alla scrittura, trovando quest’ultima la sua costante nel genere del diario e nelle sue varianti del taccuino e dell’appunto. […]»

Di Ennio Flaiano il libro mette in luce la rara dote di divertire e far pensare. Chi legge i suoi scritti può infatti farsi trascinare dai suoi felici aforismi, dalle battute fustigatorie, dalle sue dissacranti satire di costume, ma anche sprofondare nella malinconica rappresentazione della fastidiosa inautenticità contemporanea, nel disincanto di una realtà che “ha superato ogni fantasia”. L’opera di Flaiano predilige le forme brevi, ma non tralascia il romanzo, il racconto lungo, la commedia, e propone frequenti passaggi dall’elzeviro alla sceneggiatura per il cinema, dalla lirica all’epigramma satirico, dalla critica cinematografica e teatrale al diario intimo. L’eterogeneità delle forme, analizzata nei capitoli di questo libro dedicati alle opere, ai temi e al linguaggio, è conseguente alla riluttanza di Flaiano ad affidare ciò che aveva da dire unicamente ai generi letterari tradizionali, misurandosi invece continuamente con i nuovi media novecenteschi della parola, che legano la comunicazione linguistica all’immagine, all’azione, all’ascolto. Come tanti tasselli, tutte le sue opere, continuamente ripubblicate, vanno quindi a formare un mosaico fortemente rappresentativo di gran parte del Novecento e offrono una lezione di indipendenza intellettuale, una visione antiretorica della vita e un ritratto satirico ancora molto attuale dei mali del nostro Paese.

Invito alla lettura di Flaiano” è un’opera indispensabile per chi voglia conoscere a fondo Ennio Flaiano e la sua rilevanza nella cultura italiana del Novecento, latamente intesa. All’intensa consuetudine degli studi, della ricerca e degli approfondimenti condotti da Lucilla Sergiacomo sulla vita e le opere di Flaiano, l’autrice associa inoltre una cospicua attività culturale, condotta dal 2003 al 2012, quale Vicepresidente dei Premi Internazionali Flaiano e membro della Giuria dei Premi Internazionali Flaiano di Letteratura e Teatro. Questo saggio della Sergiacomo è dunque un’opera immancabile non solo alla lettura, ma soprattutto per lo studio di Flaiano. E’ uno di quei libri essenziali, indispensabili, del quale va certamente ascritto merito all’autrice.

Infine, una notazione tutta personale sulle origini e sulla “abruzzesità” di Ennio Flaiano, che ha girato il mondo avendo occasione d’incontrare, in Europa e specialmente negli Stati Uniti e in Canada, emigrati italiani e abruzzesi in particolare. Sarebbe, da parte mia pretenzioso darne una valutazione e un giudizio compiuti, riguardo ad una personalità così rilevante in campo culturale, letterario e sociale qual è Flaiano. Lascio invece alle parole dello stesso scrittore, usate in una lettera a Pasquale Scarpitti, il richiamo alle origini e all’Abruzzo: «Adesso che mi ci fai pensare, mi domando anch’io che cosa ho conservato di abruzzese e debbo dire, ahimè, tutto; cioè l’orgoglio di esserlo che mi riviene in gola quando meno me l’aspetto, per esempio quest’estate in Canada, parlando con alcuni abruzzesi della comunità di Montreal, gente straordinaria e fedele al ricordo della loro terra. Un orgoglio che ha le sue relative lacerazioni e ambivalenze di sentimenti verso tutto ciò che è Abruzzo. Questo dovrebbe spiegarti il mio ritardo nel risponderti; e questo ti dice che non sono nato a Pescara per caso: c’era nato anche mio padre e mia madre veniva da Cappelle sul Tavo. I nonni paterni e materni anche essi del Teramano, mia madre era fiera del paese di sua madre, Montepagano, che io ho visto una sola volta di sfuggita, in automobile, come facciamo noi, poveri viaggiatori d’oggi…

Tra i dati positivi della mia eredità abruzzese metto anche la tolleranza, la pietà cristiana (nelle campagne un uomo è ancora “nu cristiane”), la benevolenza dell’umore, la semplicità, la franchezza nelle amicizie; e cioè quel sempre fermarmi alla prima impressione e non cambiare poi il giudizio sulle persone, accettandole come sono, riconoscendo i loro difetti come miei, anzi nei loro difetti i miei. Quel senso ospitale che è in noi, un po’ dovuto alla conformazione di una terra isolata, diciamo addirittura un’isola (nel Decamerone, Boccaccio cita una sola volta l’Abruzzo, come regione remota: «Gli è più lontano che Abruzzi»); un’isola schiacciata tra un mare esemplare e due montagne che non è possibile ignorare, monumentali e libere: se ci pensi bene, il Gran Sasso e la Majella son le nostre basiliche, che si fronteggiano in un dialogo molto riuscito e complementare… Bisogna prenderci come siamo, gente rimasta di confine (a quale stato o nazione? O, forse, a quale tempo?), con una sola morale: il lavoro. E con le nostre Madonne vestite a lutto e le sette spade dei sette dolori ben confitte nel seno. Amico, dell’Abruzzo conosco poco, quel poco che ho nel sangue.»

***

Lucilla Sergiacomo, già docente di Letteratura italiana e Lingue classiche nei licei e in corsi universitari, è autrice della storia letteraria italiana I volti della letteratura (Paravia, 2005-2007, in 7 volumi, coautori G. Ruozzi e C. Cea). Tra le sue opere ricordiamo Le donne dell’ingegnere, (Medium, 1988), Lingua italiana. Guida all’ascolto (Mursia, 1989, Premio nazionale di Pedagogia e Didattica “Stilo d’Argento”, 1991), La critica e Flaiano (Ediars, 1992), Invito alla lettura di Flaiano, (Mursia, 1996, 1a edizione, Premio Flaiano per la Critica 1997; 2a edizione aggiornata e ampliata, 2022), Testi comici e satirici (Paravia, 1998), Svevo (Paravia, 1999), Gadda, spregiator de le donne (Noubs, 2014), Femminilità e femminismo nelle scrittici italiane del Novecento (“Narrativa”, Presses Universitaires de Paris Ouest, 2015), L’assoluta libertà del fantastico (Odoya, 2018). I suoi studi sulla letteratura abruzzese sono raccolti in Narratori d’Abruzzo (Mursia, 1992) e in L’Abruzzo nel Medioevo, L’Abruzzo nel Novecento e L’Abruzzo dal secondo dopoguerra ad oggi (Ediars, 2003-2005). Altri suoi studi su Ennio Flaiano sono pubblicati in La luna è ancora nascosta, a cura di Simone Gambacorta (Galaad, 2010), in “Un buon scrittore non precisa mai”. Per i settant’anni di Tempo di uccidere, a cura di Srecko Jurisic e Andrea Gialloreto (Prospero, 2020), in Nel labirinto del secolo breve. Protagonisti abruzzesi negli anni della modernizzazione, a cura di Franca De Leonardis e Fabrizio Masciangioli (Rubbettino, 2021). Con l’editore Ianieri ha pubblicato il saggio Flaiano giornalista e il suo “occhiale indiscreto”, in AA.VV. Scrittori e giornalisti in Abruzzo e nel mondo, II (2022).

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