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Comunicato Stampa

 

Romeo Castellucci debutta al Teatro di San Carlo

con la versione scenica del Requiem di Mozart

Dirige Raphaël Pichon

 

Dal 16 al 20 maggio 2023

 

 

 

Debutta al Teatro di San Carlo domani martedì 16 maggio 2023 alle ore 20 il Requiem di Wolfgang Amadeus Mozart nella originale versione scenica firmata per regia, scene, costumi e luci da Romeo Castellucci, per la prima volta al Lirico di Napoli.

“Dato che la morte, a ben guardare, è la vera meta della nostra vita, già da un paio di anni sono in buoni rapporti con questa vera, ottima amica dell’uomo, così che la sua immagine non solo non ha per me più niente di terribile, ma anzi molto di tranquillizzante e consolante!”

Queste riflessioni di Mozart sulla vita e la morte (in una celebre lettera al padre del 1787) sono state il punto di partenza per l’interpretazione che Romeo Castellucci ha dato dell’emblematico e incompleto Requiem del compositore.

Espressione della paura esistenziale dell’umanità davanti alla mortalità, questo requiem ci pone davanti alla fugacità della natura e della cultura, dell’umanità e dell’individuo. “Dovremmo percepire e celebrare la fine come l’altra faccia di una festa, dove le danze continuano. Questa Missa pro defunctis viene così trasposta e il suo significato cambiato.”

Grazie alla visione teatrale di Castellucci e alla drammaturgia musicale di Raphaël Pichon, che integra l’opera con altri brani religiosi di Mozart, questo Requiem diventa la celebrazione ultima della vita.

 

Lo spettacolo è una coproduzione internazionale nata dalla collaborazione tra il Festival International dʼArt Lyrique dʼAix-en-Provence assieme a La Monnaie/De Munt, l’Adelaide Festival, il Theter Basel, il Wiener Festwochen e il Palau des Arts Reina Sofia di Valencia e sarà in scena al Massimo napoletano per quattro recite fino al 20 maggio.

La direzione d’Orchestra è affidata Raphaël Pichon alla guida anche del Coro ospite dell’ensemble Pygmalion, di cui è fondatore.

Nel cast vocale Giulia Semenzato (soprano), Sara Mingardo (mezzosoprano), Julian Prégardien (tenore), Nahuel Di Pierro (basso) e César Badault (voce bianca).

In scena anche il Balletto del Teatro di San Carlo diretto da Clotilde Vayer. La coreografia è di Evelin Facchini mentre la costume designer è Silvia Costa.

 

 

Romeo Castellucci nasce a Cesena nel 1960. Studia Pittura e Scenografia all’Accademia delle Belle Arti a Bologna. Nel 1981 con Claudia Castellucci e Chiara Guidi fonda la Socìetas Raffaello Sanzio. Ha diretto numerose produzioni di cui è anche autore, direttore, responsabile di scene e costumi. Dal 2011 inizia a lavorare a progetti individuali, indipendenti dalla Socìetas Raffaello Sanzio. Le sue produzioni vengono messe in scena dai più importanti teatri, i suoi ultimi lavori includono: Sul concetto di volto nel figlio di Dio (2011), The Four Seasons Restaurant (2012), Le Sacre du Printemps di Igor Stravinsky (2014). Parsifal di Richard Wagner (2011) al Theatre de la Monnaie. Nel 2022 Romeo Castellucci con Resurrection (di Gustav Mahler) ha aperto il Festival Aix En Provence. Nel 2005 è stato direttore della sezione teatrale alla Biennale di Venezia. Ha ricevuto vari premi e onorificenze, tra cui: nel 1996, il Premio Europa Nuova Realtà Teatrale. Nel 2002, è stato nominato Chevalier des Arts et des Lettres dal Ministro della cultura francese. Nel 2013, alla Biennale di Venezia riceve il Leone d’Oro alla carriera.

Raphaël Pichon è nato nel 1984 e ha iniziato la sua formazione musicale studiando violino, pianoforte e canto, formandosi nei vari conservatori parigini (CNSMDP & CRR). Da giovane cantante professionista, viene chiamato a esibirsi sotto la direzione di personalità come Jordi Savall, e Cris de Paris di Geoffroy Jourdain, con il quale si accosta alla musica contemporanea. Nel 2006 ha fondato l’ensemble Pygmalion, coro e orchestra su strumenti d’epoca, che si è distinto rapidamente per la singolarità dei progetti. A fianco del suo ensemble, Raphaël Pichon si esibisce in particolare alla Philharmonie di Parigi, al Castello di Versailles, alla Konzerthaus di Vienna, alla Philharmonie di Colonia, al Palau de la Musica Catalana di Barcellona, al French May di Hong-Kong e ancora al Beijing Music Festival. Sulla scena lirica Raphaël Pichon dirige differenti produzioni all’Opéra Comique di Parigi, al Festival lyrique d’Aix-en-Provence, al Teatro Bolshoi di Mosca, all’Opéra National di Bordeaux. Collabora con registi quali Katie Mitchell, Romeo Castellucci, Michel Fau, Pierre Audi, Aurélien Bory e Jetske Mijnssen. Invitato al Festival d’Aix-en-Provence nel 2018 per dirigere Il flauto magico messo in scena da Simon McBurney, torna per una creazione scenica del Requiem di Mozart allestito da Romeo Castellucci. Raphaël Pichon è Chevalier dans l’ordre des Arts & des Lettres.

 

 

 

 

 

 

Guida all’ascolto

A cura di Giacomo Fornari

 

Mozart: Un Requiem tra fede e mistero

 

Il Requiem KV 626 di Wolfgang Amadeus Mozart (1756-1791) occupa un posto di rilievo nel repertorio sacro internazionale. Questa posizione particolare si deve a diversi fattori. Da una parte – come è noto – la composizione restò incompiuta, in quanto la morte sorprese il Maestro. Dall’altra parte, anche le oscure circostanze della scomparsa danno un una patina di mistero (oggi in parte risolto). Ma anche la scelta dell’organico di riferimento così come l’economia della composizione donano a questa partitura tratti unici.

Contrariamente a quanto molti erroneamente sostengono, Wolfgang Amadeus Mozart fu una persona credente ed assai interessata alla religione. Basta leggere alcuni passi dal suo carteggio per poterne prendere atto.

In una lettera al padre del 7 marzo 1778, egli esternò alcuni pensieri di intima natura religiosa: «Io spero in Dio. Io lo prego per ciò che credo che possa essere utile per me e per tutti in ogni momento. Signore sia fatta la Tua volontà come in cielo così in terra. Noi esseri umani crediamo che ci succedano cose brutte, ma alla fine tutto si trasforma in bene. Dio alla fine sa sempre come devono andare le cose». Tutt’altro che fatalista, questo pensiero mette a nudo l’intima credenza di Mozart. Sempre a questo proposito – qualche anno più tardi – il compositore salisburghese fece affermazioni ancora più significative: «Devo pensare che possiedo un’anima immortale – e non solo lo penso, ma lo credo anche; altrimenti che differenza ci sarebbe tra l’uomo e la bestia?»

Qualche tempo dopo, il maestro salisburghese tornò sul punto esplicitando il suo pensiero sulla morte, intesa nel senso cattolico, non di fine, ma di inizio di un nuovo percorso e intesa, soprattutto, come valore sincretico: «Poiché la morte (a ben guardare) è l’ultimo, vero fine della nostra vita, da un paio di anni di mi sono tanto familiarizzato con questa migliore amica dell’uomo, che la sua immagina non ha più nulla di terrificante, ma semmai rappresenta qualcosa di tranquillizzante e consolatorio! E ringrazio il mio Dio, di avermi concesso la fortuna e l’opportunità di riconoscere il lei la chiave della nostra vera felicità». Si tratta di frasi toccanti e profonde che – prese dal Fedone di Moses Mendelssohn – non erano state concepite per mere ragioni di circostanza, dal momento che egli le aveva inviate al padre morente e provato dalla malattia.

Un altro aspetto che aiuta a capire la gravità e l’impegno profuso nel Requiem da Mozart è anche il pensiero ossessivo che qualcuno lo volesse togliere di mezzo, avendo addirittura calcolato il momento della sua morte. Stando alla moglie Constanze, il compositore aveva citato addirittura il nome del veleno utilizzato: «acqua tofana», una mistura di acqua ed arsenico che, se assunta regolarmente, porta alla morte in poche settimane senza lasciare tracce. Mozart era veramente convinto di ciò ed era altresì persuaso di scrivere questo Requiem per se stesso. Il grande equivoco – che gli costò un malessere profondo – si deve alla curiosa commissione della partitura.

Constanze Mozart raccontò infatti che la messa da morto gli era stata richiesta in modo anonimo, cioè senza che il committente si mostrasse di persona, ma parlando esclusivamente attraverso emissari. Anche questo mistero fu chiarito qualche lustro dopo. Ad ordinare la partitura, pagando peraltro anticipi generosi, era stato il conte Franz Walsegg zu Stuppach di Vienna che aveva la non simpatica abitudine di ordinare musica in modo anonimo per poi fregiarsi di esserne l’autore dinanzi ad una ristrettissima cerchia di amici. La cosa, ovviamente, nel caso del Requiem mozartiano non fu possibile, così come non fu possibile pensare ad un’esecuzione in tempi rapidi, visto che, nonostante le numerose annotazioni, la partitura era ancora mutila.

Constanze Mozart, provata da una situazione finanziaria disastrosa, cercò diverse vie per far terminare l’incompiuto Requiem dietro la promessa di una grande somma di danaro, ma senza grandi successi. Dopo alcuni tentativi, l’unica via era rivolgersi al meno dotato, ma sicuramente al più vicino allievo del marito: Franz Xaver Süßmayr. E così fu. La versione di Joseph Leopold Eybler, iniziata ed interrotta per eccesso di modestia, venne ‘congelata’ e, dopo aver scartato anche quella di Gottfried Van Swieten, la vedova si buttò su quella di Süßmayr che aveva il vantaggio della completezza, rendendo possibile un’esecuzione pubblica della partitura.

Circa l’autenticità di questa ultima versione, tanto vituperata e discussa negli anni, c’è un documento interessante della cognata di Mozart, Sophie Haibel che, nell’aprile 1825, racconta gli ultimi momenti di vita del compositore salisburghese a Vienna:

Mozart non aveva ancora perso i sensi e mi disse: “Bene, cara Sophie, che sia rimasta. Questa notte deve rimanere qui, Mi deve guardare mentre muoio”. Cercai di farmi forza distogliendolo dal pensiero, ma egli mi contraddisse in ogni argomento dicendo: “Sento già il sapore della morte sulla lingua”. Il sig. Süßmayr era sul letto dove giaceva sulle coperte il celebre Requiem e Mozart gli spiegava la sua opinione su come esso fosse da terminare. Successivamente diede a sua moglie l’incarico di tenere la morte segreta.

La testimonianza sembra artefatta e fatta proprio apposta per dare ragione in tutto e per tutto alla vedova del compositore. Per diversi motivi, però, questo documento è autentico e degno di attenzione. Stando alla testimonianza sembrerebbe infatti che Mozart sia riuscito a fornire indicazioni utili e dettagliate per terminare la composizione secondo il suo volere. Questo fatto è rilevante e spiega in qualche modo la forma musicale di un Requiem che nasce come composizione ciclica terminando sullo stesso soggetto musicale con cui inizia («Introitus/Kyrie», «Lux aeterna/Cum Sanctis tuis»). Questo aspetto, che può sembrare un fattore marginale, assume invece un significato importante se si pensa che Mozart – come già detto – era convinto di scrivere questa partitura per se stesso, rendendo la composizione un esempio di musica autobiografica. In questo senso, la scelta di optare per una forma ciclica tradisce quell’idea teologica profondamente mozartiana dell’«anima immortale». Terminare una composizione come la si inizia significa dare una circolarità atta a rappresentare il simbolo della vita eterna.

Sotto il profilo compositivo vi sono altri aspetti di natura teologica in cui Mozart ci svela una grande profondità. Il «Kyrie», infatti, termina con un arcaismo, un accordo ‘vuoto’ (senza mediante) il cui esito è sibillino. Come hanno fatto notare diversi studiosi, sembra che il compositore salisburghese voglia mandare un messaggio al mondo e, soprattutto, il suo dubbio che gli uomini possano essere realmente perdonati nel giorno del giudizio universale, a cui si rifà sovente il testo del Requiem. La scelta dell’accordo ‘vuoto’ – cioè di un accordo senza modo né maggiore né minore – dona non solo una coltre di arcaicità, ma dall’altro lato lascia una certa inquietudine nell’ascoltatore imponendogli, quindi, una riflessione teologica di non secondario livello.

Senza dubbio molto più elaborato, «Recordare» è da intendere come uno dei brani più significativi dell’intera letteratura sacra internazionale. Il ricorso ad un doppio canone perpetuo imitativo si spiega con il simbolo liturgico trattato in questi versetti. Qui, infatti, si allude ad una morte che vuole essere solo «pro tempore», cioè fino al giorno del giudizio universale. Se Dio si ricorderà dei defunti anch’essi potranno entrare nel regno celeste. L’utilizzo del canone perpetuo è per Mozart un riferimento preciso alla memoria di Dio che egli si augura infinita. Ancora una volta il compositore salisburghese non omette di esprimere il suo pensiero sull’eternità dell’anima così ben resa in termini musicali.

Guardando all’orchestrazione particolarmente leggera, il linguaggio del Requiem assume ulteriore peculiarità. Si tratta di una scelta che, ancora una volta, assume caratteri simbolici molto importanti. Mozart, infatti, non si discosta molto dall’orchestrazione impiegata nell’aria «O Isis und Osiris» cantata da Sarastro – il grande sacerdote – nel Flauto magico. La presenza del corno di bassetto – strumento definito massonico per eccellenza – è significativa. Nel Requiem, infatti, si trovano diverse tracce (vere e proprie citazioni, orchestrazione allusiva, atmosfere sonore e tonali) di musica massonica, una realtà ideologica che Mozart coniugava e non contrapponeva alla chiesa Cattolica. Parlando della morte a proprio padre intendendola come «chiave della nostra suprema felicità» – come si è visto sopra – Mozart intendeva proprio questo. Forse per questa ragione il «Dies Irae» e il «Confutatis» non hanno in sé quegli aspetti tragicamente drammatici come avviene nella tradizione della messa da morto europea, ma si pongono come brani in cui il «voca, voca me cum benedictis» ha una valenza salvifica al di là di ogni confine razziale, politico, religioso o ideologico.

Il Requiem di Mozart pertanto possiede un valore sincretico e può essere fatto proprio anche da persone che non siano esclusivamente di fede cristiana, ma credano più semplicemente in quello che la Rivoluzione francese chiamava «Essere supremo» in sostituzione di «Dio». Questa varietà di concetti teologici trova riscontro nell’altrettanta ricchezza di forme di riferimento della partitura. Partitura che, peraltro, si rifà chiaramente ad alcuni passaggi di Georg Friedrich Händel, Florian Gassmann (da cui è preso il celebre tema dell’introito), Michael Haydn e altri compositori ancora a cui Mozart si è ispirato per concepire questo capolavoro, la cui presenza nel repertorio si assesta al 2 gennaio 1793 quando la composizione, in forma non ancora definitiva, venne eseguita a beneficio della vedova Mozart a cura di Gottfried van Swieten, bibliotecario di Corte a Vienna, grande mecenate del salisburghese e curatore testamentario

 

/Opera

Dal 16 al 20 Maggio 2023

Wolfgang Amadeus Mozart

REQUIEM

 

Direttore | Raphaël Pichon 

Regia, Scene, Costumi e Luci | Romeo Castellucci 

Associate Director and Costume Designer | Silvia Costa

Dramaturg | Piersandra di Matteo

Coreografia | Evelin Facchini

Collaboratore luci | Marco Giusti

 

Interpreti

Soprano | Giulia Semenzato

Mezzosoprano | Sara Mingardo

Tenore | Julian Prégardien

Basso | Nahuel Di Pierro

Voce bianca | César Badault*

 

Ensemble Pygmalion

 

Orchestra e Balletto del Teatro di San Carlo

Direttore del Balletto | Clotilde Vayer

 

 

 debutto al Teatro di San Carlo
* solista del Münchner Knabenchor

 

 

Produzione del Festival International d’Art Lyrique d’Aix-en-Provence in coproduzione con La Monnaie / De Munt, Adelaide Festival, Theater Basel, Wiener Festwochen e Palau de las Arts Reina Sofia di Valencia

 

 

Teatro di San Carlo
martedì 16 maggio 2023, ore 20:00

mercoledì 17 maggio 2023, ore 18:00

venerdì 19 maggio 2023, ore 20:00

sabato 20 maggio 2023, ore 19:00

 

 

 

 

 

Responsabile della comunicazione creativa e strategica e relazioni con la Stampa

r.russo@teatrosancarlo.it

cell 3357431980

 

Giulia Romito,

Comunicazione e Stampa g.romito@teatrosancarlo.it 0817972301

Wolfgang Amadeus Mozart
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