Goffredo Palmerini e la sua più recente pubblicazione “Ti racconto così”

Il testo di Goffredo Palmerini Ti racconto così (One Group Edizioni), in un eccezionale intreccio di storie, eventi, profili, personaggi, per quanto lontani e differenti, si traduce in una grande orchestrazione, con partiture, cadenze, connessioni e scansioni racchiuse all’interno di una omogeneità espressiva, e dunque ben al di là di una sorta di elencazione se pur elitaria. L’infinita, quasi, gamma di episodi e figure, filtrate attraverso la sensibilità dello scrittore, alla fine diviene un unicum, situazione rara in opere di questa natura, poiché, per quanto distanti siano i personaggi fra loro, come i fatti, rientrano tutti nella sfera affettiva dell’autore che, come forza centripeta, fa convergere nel suo mondo il loro, ma nel contempo quel mondo rivive e narra in una condivisione che è capacità di superamento del sé. 

Il filo conduttore, che è alla base del testo, l’amore per la sua città, L’ Aquila, e il suo Abruzzo, non viene mai meno, ed è uno degli elementi base, l’elemento portante. Fra i temi più sentiti quelli sulla emigrazione che, come in uno spartito appare, scompare e riappare lungo tutto il testo. Goffredo ne è coinvolto, facendo convergere l’attenzione al problema, assorbendolo quale elemento prioritario di molte iniziative; infatti specie dopo che l’ANCI lo ha eletto membro del Consiglio Regionale Abruzzesi nel Mondo la sua condivisione a questa realtà, non solamente abruzzese, è divenuta sostanziale e lo ha portato a conoscere da vicino, narra lui stesso nella presentazione del libro che precede l’attuale, Il mondo che va (One Group Ed.),  «il fenomeno migratorio italiano che in un secolo e mezzo dall’Unità d’Italia ha portato fuori i confini circa 30 milioni d’italiani, sparsi in ogni angolo del mondo, la più grande diaspora della storia dell’umanità. Dalle varie generazioni della nostra emigrazione è nata un’Italia ben più numerosa di quella dentro i confini: 80 milioni di oriundi che in ogni angolo del mondo onorano al meglio la terra da dove sono emigrati loro o i propri avi. Ho incontrato, da allora, le nostre comunità all’estero conoscendone il valore, la ricchezza morale, l’amore per l’Italia ben più forte di chi ci vive, il prestigio e la stima che i nostri emigrati, dopo immani sacrifici, sono riusciti a conquistarsi nelle terre d’emigrazione con la loro laboriosità, con il loro talento e con testimonianze di vita esemplari». 

Per questo suo impegno è stato proposto per molte cariche socio-culturali che lo hanno maggiormente sensibilizzato al problema, mai accantonando altri interessi come la politica, l’associazionismo, la cultura, il giornalismo, la scrittura. Per quasi trent’anni è stato tra gli amministratori più attenti e responsabili del Comune dell’Aquila. Racconta: «quando nel 2007 non mi ricandidai, mi chiesi come potessi in altra veste servire la mia città e l’Abruzzo, soprattutto per far conoscere la straordinaria bellezza e le singolarità dell’Aquila come le meraviglie di una regione ricca d’arte, di tradizioni secolari, di magnifici borghi e di un incomparabile patrimonio naturalistico ed ambientale protetto, pari ad un terzo del territorio regionale». 

Sbaglierebbe però chi vedesse nell’amore per la sua terra un limite, poiché l’autore è orientato verso una conoscenza a ben più ampio raggio; si addentra in ogni situazione che sollecita la sua curiosità di giornalista, la sua sensibilità intellettuale. Ci propone affreschi suggestivi. Figure note e meno note. Ci si addentra nella Storia con Celestino V, con inquadrature e interrogazioni che spesso abbiamo dimenticate, con pagine importanti riguardo alla Perdonanza, straordinaria intuizione di Celestino, istituita nonostante contrasti (uno dei tanti) che dové subire e di cui poi Bonifacio VIII mutatis mutandis si appropriò.  A L’Aquila annualmente se ne replica la suggestione e se ne recupera la dinamica. Molto articolato il resoconto sulla presenza di papa Bergoglio che scatena “emozioni di una giornata particolare”. 

Anche il mondo della Transumanza e dei tratturi ci accompagna in questo libro, le enormi vie erbose le cui origini vanno cercate intorno a diecimila anni fa. Si intrattiene sui valori della civiltà contadina. Tra i personaggi non può mancare Ennio Flaiano, che crediamo di conoscere a fondo, ma sul quale c’è sempre qualche nota che ci è sfuggita (personalmente trovo anche una sottile assonanza fra di loro). Affreschi e figure di intellettuali, poeti, artisti, ma ogni categoria, le più diverse attività vengono analizzate. Palmerini ci fa conoscere il poeta e artista indiano Krishan Chand Sethi che con l’associazione da lui creata e diffusa nel mondo si propone di diffondere valori universali. Ma la triste e terribile storia di Masha Amin uccisa per un velo non messo correttamente sui capelli nel 2022 lo porta a parlare di una poetessa, Elham Hamedi, i cui bellissimi versi non è possibile non citare:

Questa è una guerra/ tra il sangue nero della mia penna/ e il bianco sospetto di

questa carta/ Questa è una guerra/ attraverso le mie lacrime rosse/ che erutta/ dai

muri feriti/ attraverso il mio rossetto/ che è rotolato/ nel suolo la voce silenziosa di

una donna/ nel rossetto rosso./ Questa è una guerra/ attraverso la pelle spaccata di

una donna/ chi si alza impotente./ La sua faccia schiaffeggiata abbandonata a terra/ è

un’ombra frammentata che se ne va. (Ombra in frammenti). 

Scrive Palmerini in questo suggestivo spaccato: “Non esiste mezzo più portentoso dei versi per aprirci le porte dell’anima, perché la Poesia è distillato della voce dell’anima per antonomasia. Rompe barriere, la Poesia, frantuma confini, si libra eterea conquistando orizzonti inusitati, confida le aspirazioni più autentiche, le gioie più profonde, le ansie, i dolori, le passioni e i desideri più reconditi, ma che hanno valore universale. Ci affranca dai rumori del mondo, ci restituisce la dimensione umana, nella sua nudità e nella sua purezza. Se non esistesse la Poesia, ci mancherebbe quella voce dell’anima che muove le corde della sensibilità umana, rivelandoci l’essenza stessa del tratto di strada che ad ognuno spetta nella storia dell’umanità. La poetica di Elham Hamedi arriva diritta al cuore, è un urlo lancinante di dolore, di inquietudine, di sofferenza interiore. E’ un grido di libertà alto e potente. La scrittura poetica è ricca, suggestiva, emozionante. Non so in quale tempo l’Autrice abbia composto le sue liriche, pubblicate in questo volumetto ancora fresco di stampa. Certo è che in questi versi, intensi e sanguinanti, c’è tutto il dolore dell’anima, c’è l’intima rivolta contro la violenza, contro la brutalità, contro la sopraffazione, contro lo stigma verso l’universo femminile”. 

Molti eventi, personaggi, gli danno l’opportunità di indagini sociologiche, o di spaccati storici come quello sul lago del Fucino. L’ orgoglio italico traluce nel racconto del convegno a Mentone sulla Costa Azzurra sulla italianità nel mondo; ma traluce anche nel parlare delle eccellenze gastronomiche italiane ben espresse, ad esempio, dalla qualità del ristorante aquilano Le Tre Marie. La reciprocità dei racconti “da” e “verso” ci fa conoscere personaggi come Andy Warhol e la sua pop art. Tante sono le figure di suoi amici che hanno vissuto all’estero mai perdendo il filo conduttore con la propria terra come Mario Fratti, scrittore drammaturgo e critico, di cui rammenta la casa museo piena di riconoscimenti. O Franco Ricci residente ad Ottawa di cui testimonia l’eccezionale opera di promozione che ha messo in campo, portando studenti del suo e altri atenei in Abruzzo perché venissero a conoscenza delle eccellenze della nostra terra. Viceversa artisti italiani si fanno conoscere oltreoceano come Francesco Mammola, Alfonso Bradi, Gabriele Lucci.

Questa reciprocità di comunicazione si svolge tra una organizzatissima rete della stampa italiana nel mondo e le tante testate italiane, e ciò ha reso possibile non abbassare la guardia riguardo a problematiche quali appunto l’emigrazione, ma anche quale costante resoconto di un’Italia che primeggia nei vari campi, sia che si parli di situazioni vissute sul suolo italiano sia di figure che all’estero tengono alto l’onore della terra d’origine. Terra dalla quale non si sono staccati sentimentalmente e dove spesso anche figli e nipoti tornano, poiché non vogliono perderne l’eredità culturale. Forse anni fa questo stato d’animo era diverso, ma ora l’orgoglio di appartenenza tende a crescere. Tra le ultime citazioni irrinunciabili c’è la figura dell’angelo dei migranti, santa Madre Francesca Cabrini, che unisce indissolubilmente l’Italia al Nuovo Mondo, mondo che lo porta come naturale iter a citare Cristoforo Colombo e il Columbus Day. 

Ci sono volti e ancora volti, come l’indimenticabile David Sassoli, Raffaele Colapietra, un esercito di volti. Infine un ricordo comune riguarda Gilberto Malvestuto l’ultimo Ufficiale facente parte della gloriosa Brigata Maiella, voluta da Ettore Troilo, che affiancò gli alleati lungo tutto il territorio italiano dall’Abruzzo ad Asiago, meritando quale gruppo resistenziale la Medaglia d’oro al valore. Gilberto Malvestuto che ha passato la vita a trasmettere nei giovani i valori della democrazia, della libertà, della giustizia, è venuto a mancare da poco. Ho avuto il piacere di conoscerlo avendolo invitato presso la Società vastese di Storia Patria di cui sono responsabile. 

Goffredo Palmerini è scrittore autentico, la sua scrittura di asciutta eleganza, coinvolge. Egli ha l’animo dell’esploratore; come un folletto gira il mondo, ma c’è un punto fermo nella sua esistenza, L’Aquila. Ciò non toglie che non mi meraviglierei affatto se lo sapessi in procinto di partire per la Luna o per Marte. 

Gabriella Izzi Benedetti

  narratore appassionato, lucido. Uomo in-

stancabile, dinamico, tenace come tutti gli abruzzesi. Non indugia a salire su un

aereo e partire per un Paese lontano per scoprire storie da cucire con la pazienza

e l’arte del sarto: storie di connazionali che a suo tempo lasciarono la propria terra

per andare a cercare lavoro e pane. In ogni città, in ogni borgo oltre confine vivo-

no italiani espatriati e lui li avvicina.

Franco Presicci

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goffredo palmerini

Un proverbio di secoli fa asserisce che “passeri e fiorentini sono per tutto il

mondo”. Chi va via pianta nel luogo di arrivo le proprie radici, da cui crescono albe-

ri modesti o imponenti, pini o querce ulivi o mandorli. Dal sacrificio, dall’emargina-

zione, dalle randellate, dalle derisioni si sono costruiti uomini come una roccia che

dirigono aziende, fattorie, giornali e fanno onore al Paese. Palmerini ha bussato a

mille porte, e continua a farlo, alla ricerca di vite da sgranare nei suoi libri.

“Solo recentemente ho potuto riprendere con qualche tranquillità le visite alle

nostre comunità all’estero…”, ed è nato “Il mondo che va”, il dodicesimo volume

pubblicato da One Group, presentazione di Mario Narducci; prefazione di Pa-

trizia Tocci. La pandemia ha fatto disastri, cambiando un po’ le nostre abitudini,

spazzando progetti, facendo chiudere cantieri, mercati, costringendoci alla clau-

sura o come dice qualcuno agli arresti domiciliari. Con qualche eccezione fra i

giovani, che scalpitano. E ha fermato un po’ anche lo scrittore. Adesso, l’ansia, il

timore, i lutti si sono attenuati e covid lascia il posto alle polemiche, alle proteste

e lo scrittore è tornato a sedersi alla scrivania a confezionare un’opera ricca di

avvenimenti, affreschi, personaggi, descrizione di luoghi, paesaggi, con il suo stile

sciolto, amabile, agile, efficace.

Ed ecco la personalità che apre le pagine: “Ci eravamo abituati alla tua vitalità,

caro don Attilio. La tua età di 95 anni era bugiarda rispetto alla giovinezza elegante

della tua persona, alla sapienza del tuo pensiero giuridico, alla ricchezza della tua

cultura, alla freschezza della tua ironia, all’amore della tua (nostra) terra, al calore

del tuo impegno civile. E all’eclettismo della tua vita intensa come emigrante in

Venezuela, fondatore di un giornale baluardo nella difesa degli italiani e giornali-

sta dalle stupefacenti risorse”. Attilio Maria Cecchini, “una vita da romanzo”. Nato

all’Aquila da una famiglia abbiente, studiò giurisprudenza, poi prese il volo per il

Venezuela e dette vita a un giornale. Faceva il corrispondente di “Paese Sera”, co-

nobbe Gabriel Garcia Marquez, intervistò Juan Domingo Peròn; nel 1959 doveva

intervistare Fidel Castro, quando risalì a bordo di un aereo e fece ritorno in l’Italia,

dove indossò nuovamente la toga. Si torna spesso al nido. Come le aquile.

Sono tutte interessanti le figure che Palmerini delinea nel suo libro. Molte di

livello internazionale. Come Franco Marini, che fu un grande sindacalista e politi-

co. “Presidente emerito del Senato, già ministro del Lavoro e segretario generale

della Cisl”. Palmerini gli fu vicino per parecchi anni. Tra l’altro li univa la comune

appartenenza al corpo degli Alpini, entrambi sempre presenti alle manifestazio-

ni delle Penne Nere, ovunque si svolgessero. “Mi piace richiamare la semplicità

del suo tratto, la bonomia e l’austera sobrietà che ha contrassegnato la sua vita

pubblica. E l’attaccamento alla sua terra, a San Pio delle Camere, dove era nato 87

anni fa e dove aveva sistemato la sua casa modesta, dove volentieri tornava, quindi

all’Aquila e all’Abruzzo…”.

Goffredo Palmerini apprezzava Marini, il suo legame con le antiche amicizie,

con la gente della sua terra natale. Per molti anni ha avuto anche la possibilità di

condividere con lui giornate costruttive, di sostenerlo nella sua attività pubblica

e istituzionale, “da quando nel 1992 entrò in Parlamento, ma soprattutto nella vita

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ti racconto così

di partito, dapprima nella Democrazia Cristiana, poi nel Partito Popolare e nel

Partito Democratico”. E da alpino “non posso non rilevare il valore dell’alpinità”.

Leggendo le pagine di Goffredo Palmerini si scoprono sempre cose che il let-

tore ignorava o che aveva dimenticato. L’autore le racconta nel dettaglio. Gli piace

scavare dentro i personaggi, scrutarli, esplorarli, per presentarli a tutto tondo. Da

un costruttore a un altro. “La pandemia confina, ma non ferma l’effervescenza

della ‘chef’ vastese Rosanna Di Michele. Ne ha privato, per il momento, le possibi-

lità del suo dinamismo, confinandola in Abruzzo. Le ha privato di coltivare quella

sua consuetudine nella diffusione dei sapori abruzzesi in ristoranti locali tipici, di

New York in particolare, ma anche di altre città degli Stati Uniti, laddove ormai è

considerata un’ambasciatrice del gusto culinario e dell’enogastronomia della no-

stra regione. Chi scrive è stato più volte testimone diretto delle sue apprezzatis-

sime ‘performance’, nel corso di alcune delle annuali missioni che ho svolto nella

Grande Mela, di solito in ottobre, per partecipare alle manifestazioni del Colum-

bus Day e dell’Italian American Heritage & Culture Month, il mese della cultura

italiana nella metropoli nordamericana, che presenta ogni anno un ricchissimo

programma di eventi teatrali, musicali, letterari, artistici e di ogni altro genere”.

Palmerini l’ha vista dunque all’opera, Rosanna, presso il Consolato generale

d’Italia, a Eataly, al ristorante Donna Margherita, al Westchester Italian Cultural

Center… E quindi sa molto bene quello che dice. Palmerini è un pozzo di San

Patrizio: conosce fatti, uomini, situazioni, storie, avvenimenti. Tra l’altro, ha una

memoria inossidabile. Deve essere orgoglioso del mondo che narra quasi pacata-

mente, senza enfatizzazioni.

Nella presentazione Mario Narducci dice “i volumi di Palmerini sono un ap-

puntamento irrinunciabile. Sono la sintesi di un’attività frenetica che la sua viva-

cità culturale e il suo amore per una storia di amarezze e di glorie, quale quella

dell’emigrazione, hanno saputo tessere con capacità organizzative e risultati po-

sitivi acclarati. Goffredo Palmerini, già membro del CRAM, l’organo istituito dalla

Regione Abruzzo per mantenere saldi i rapporti tra gli emigranti e la loro Patria è

riuscito negli anni con destrezza e puntigliosità dove le istituzioni si erano sempre

arrestate”.

Giornalista e scrittore famoso e apprezzato, uomo dall’intelligenza raffinata,

dalla cultura profonda, trascorre chissà quante ore al giorno tra viaggi, partecipa-

zione ad eventi, incontri con persone umili e altre importanti che hanno conqui-

stato la poltrona con sacrifici e sofferenze e la stesura del volume. Questa volta è

stato dopo tre anni a New York, dove il suo nome è noto e apprezzato da direttori

di giornali, sindaci, docenti, imprenditori… E non solo nella Grande Mela, ma an-

che in Canada, in Brasile, in Argentina… Insomma Palmerini nel mondo.

Non c’è bisogno che il sottoscritto raccomandi di leggere Il mondo che va, dedi-

cato a Papa Francesco (“Dopo Celestino V ha fatto all’Aquila il dono più grande”).

I “fans” di Goffredo sanno già che devono leggere questo libro, anzi lo aspettano.

Perché come dice Narducci l’aereo atterra e Goffredo Palmerini si mette al com-

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puter per rendere conto dei fatti che ha visto e delle storie che ha ascoltato. Chi

può dire di conoscere il mondo dell’emigrazione come lui? Chi lo ama come lui,

che lo segue da anni, ascoltando le mille voci come un sacerdote ogni giorno nel

confessionale e alla Messa della domenica?

Leggo Palmerini da tempo, fin dal giorno che presentò un suo libro nella sede di

una banca a Milano, al tavolo dei relatori il professor Francesco Lenoci. E mai una

sua opera mi ha deluso. Patrizia Tocci scrive: “Goffredo Palmerini fa sempre un

passo indietro quando scrive. Un po’ come quando lo incontri, che prima ti guarda

sorridendo e poi ti abbraccia e in quel sorriso c’è già tutto il “personaggio”. Perché

Goffredo è “personaggio antipersonaggio” e tutta la sua opera lo dimostra. È ca-

pace di far parlare gli altri nei suoi testi, mettendosi da un lato e raccomandando,

come una voce fuori campo, in un bel servizio giornalistico che resta a lungo nella

memoria. Palmerini fa questo e non solo questo”. Palmerini è un cronista vero che

coinvolge il lettore e tiene sempre desta la sua attenzione.

*giornalista e scrittore

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