Domenica 29 settembre 2024 alle ore 17, sala Zubin Mehta, continua il ciclo dei concerti di canto al Maggio con il mezzosoprano Teresa Iervolino: Prima Donna, Primo Uomo.
Orchestra del Maggio Musicale Fiorentino.
Sul podio Matteo Parmeggiani.
Arie e sinfonie di Gioachino Rossini e Giuseppe Verdi
Firenze, 27 settembre 2024 – Domenica 29 settembre 2024 alle ore 17, in sala Zubin Mehta, continua il ciclo di recital di canto al Maggio: dopo il concerto basato sul cd “Delirio” con il soprano Jessica Pratt, è il turno di Teresa Iervolino con Prima Donna, Primo Uomo. Il recital di canto, con il maestro Matteo Parmeggiani sul podio a dirigere l’Orchestra del Maggio, anticipa l’uscita di un cd omonimo (diretto per la registrazione da Giacomo Sagripanti) che uscirà a breve per l’etichetta Dynamic.
“Il concerto – spiega Teresa Iervolino – è un simbolo del nostro cd e la sua particolarità sta nel fatto d’interpretare ruoli sia scritti per uomini, sia scritti per donne che vestono i panni di un uomo. La “Giovanna D’Arco”, per esempio, è la rappresentazione figurativa (e musicale) di una donna che per farsi coraggio e combattere deve vestirsi i panni di un uomo”.
Iervolino, artista sempre ben accolta dal pubblico del Maggio, impegnata fino al 27 settembre con le recite de “La Cenerentola” in Sala Grande, è una talentuosa e virtuosistica belcantista dei nostri tempi e affronta in questo concerto – e nel Cd – arie di Gioachino Rossini e Giuseppe Verdi scritte per voce maschile, ma interpretate da voce femminile. Sul podio Matteo Parmeggiani che tornerà nuovamente al Maggio per un successivo recital di cantodi questo autunno con il baritono Nicola Alaimo (3 novembre 2024) in un concerto con arie e sinfonie di Gaetano Donizetti.
I brani presentati – in ordine di esecuzione – sono dunque tratti da Semiramide di Gioachino Rossini, da Ernani e poi ancora Rossini con la cantata Giovanna D’Arco per voce e orchestra (orchestrazione di Luca Giovanni Logi).
Il primo brano è tratto dall’opera Semiramide di Rossini ed è l’aria di sortita di Arsace: “Eccomi alfine in Babilonia”, articolata nella forma quadripartita di recitativo, cantabile, tempo di mezzo e cabaletta conclusiva, presenta il condottiero tornato in patria dopo lungo tempo mentre rammenta il giorno dell’incontro con Azema e del suo innamoramento. Quasi un decennio dopo Semiramide, nel 1832, Rossini compose a Parigi la cantata Giovanna d’Arco per contralto e pianoforte (che chiude il concerto). La cantata, su testo di autore anonimo, è articolata in due ampi recitativi seguiti da due arie. La Pulzella d’Orléans, che rinnega la propria natura per combattere come un uomo insieme all’esercito francese, è ritratta nel recitativo mentre riflette sull’importanza della sua missione guerresca. Nell’aria che segue il suo pensiero corre alla madre, ricordata con affetto. Ma ecco tornare nel secondo recitativo le visioni funeste annunciate dall’angelo della morte e che nella seconda aria prendono corpo in una scrittura sempre più fiorita e virtuosistica. L’aria invece presentata a metà concerto, “Oh, de’ verd’anni miei” dall’opera Ernani di Giuseppe Verdi, è tratta dalla parte terza dell’opera in cui Carlo, nascosto nei sotterranei che custodiscono il sepolcro di Carlo Magno, attende di rivelarsi per mandare a monte la congiura ordita contro di lui. Carlo, che diventerà il futuro imperatore, medita sull’incanto fugace della trascorsa gioventù e sul compito importante a cui sta per essere chiamato. Caso limite, ma non isolato, della versatilità di alcune interpreti leggendarie del diciannovesimo secolo, capaci al bisogno di prestare voce non solo a giovani condottieri ma anche a personaggi decisamente più virili, è quello del contralto Marietta Alboni, che nel 1848 in un allestimento londinese di Ernani di Verdi (opera scritta per il Teatro La Fenice di Venezianel 1844) interpretò addirittura il ruolo di Carlo.
Nel corso del concerto il maestro Parmeggiani dirigerà la sinfonia da Elisabetta, regina d’Inghilterra di Rossini e da Luisa Miller di Verdi.
La sinfonia di apertura di Elisabetta regina d’Inghilterra, opera seria che debuttò al San Carlo di Napoli nel 1815, rappresenta un altro esempio di ambiguità in musica. Infatti non fu scritta appositamente per l’occasione ma ripresa da Aureliano in Palmira, opera seria allestita al Teatro alla Scala nel dicembre del 1813. Ma il reimpiego della sinfonia non era ancora concluso, poiché la stessa confluirà poi, nel 1816, in un’altra opera, ma di segno opposto: Il barbiere di Siviglia, l’opera buffa più celebre di Rossini. La peculiarità, invece, della sinfonia di Luisa Miller di Verdi, opera che debutta al Teatro San Carlo di Napoli nel 1849, risiede invece nella sua struttura in un unico movimento che sviluppa un solo tema (come nei preludi d’opera). La sinfonia espone infatti la ‘tinta’ del dramma attraverso quell’unico tema caratterizzato da ritmo anapestico (nel lessico verdiano spesso associato al fato avverso) e da semitono discendente, simbolo musicale del lamento. La Pulzella d’Orléans ispirò anche Giuseppe Verdi, che ne celebrò le vicende nella sua Giovanna d’Arco andata in scena al Teatro alla Scala di Milano nel 1845. La sinfonia di apertura dell’opera è costruita su due temi di carattere diametralmente opposto che ben rappresentano i due mondi di Giovanna: l’uno, perentorio e in ritmo marziale collegato alla vita guerriera, l’altro delicato e dai toni pastorali che ricorda invece la vera natura dell’eroina del dramma.
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