La Torre di Pasolini torna al popolo: un frammento di storia tra memoria e civiltà

«La verità non sta in un solo sogno, ma in molti sogni.» – Pier Paolo Pasolini

Carlo Di Stanislao


Nel cuore del Viterbese, una delle dimore più evocative legate alla figura di Pier Paolo Pasolini si prepara a vivere una nuova vita. La celebre Torre, un tempo proprietà della potente famiglia Orsini durante il Medioevo, è stata ufficialmente destinata a usi civici e affidata all’Università Agraria del territorio. Un gesto simbolico e concreto che restituisce alla comunità un luogo intriso di storia, cultura e poesia.

La Torre, storia di pietra e di silenzio
Situata in una zona collinare immersa nella campagna, la Torre – conosciuta anche come Torre di Chia – si erge come un’antica sentinella della Tuscia, nel comune di Soriano nel Cimino. Fu costruita nel XIII secolo e appartenne alla nobile casata degli Orsini, che ne fece un avamposto strategico per il controllo del territorio. Nel corso dei secoli fu coinvolta in scontri, abbandoni e restauri, diventando parte di un piccolo borgo poi in rovina. Le sue pietre raccontano secoli di storia feudale, battaglie e potere, ma anche lunghi silenzi e solitudine.

Quando Pasolini la vide per la prima volta, negli anni ’60, fu colpito dalla sua bellezza aspra, quasi mistica. Decise di acquistarla grazie anche all’intercessione della sua amica Maria Callas. La Torre diventò per lui non solo un rifugio fisico, ma un luogo dello spirito, della contemplazione e della scrittura. Vi trascorse molte giornate dedicate alla poesia e al montaggio dei suoi film, circondato dalla natura e dal silenzio che tanto amava.

Pasolini, soprattutto poeta
Pier Paolo Pasolini (1922–1975) è stato uno degli intellettuali più poliedrici e controversi del Novecento italiano. Poeta, romanziere, regista, drammaturgo, saggista e acuto osservatore della realtà, ha saputo raccontare le periferie urbane, i conflitti culturali del dopoguerra, la decadenza della società dei consumi e la spiritualità laica del popolo. È stato anche un critico spietato del potere, della modernità omologante e della politica italiana.

Ma Pasolini, prima di tutto, è stato un poeta.
Lo fu per vocazione, per stile e per visione del mondo. La poesia per lui non era solo una forma letteraria, ma un modo di esistere: uno sguardo ferito e profondo sul reale, una sete inestinguibile di verità, una tensione verso il sacro anche nell’abiezione. Scrisse versi fin dalla giovinezza, in friulano e in italiano, cercando nella parola lirica una purezza che il mondo stava perdendo. La poesia era, per Pasolini, il luogo dove l’uomo può ancora dire l’indicibile, dove può osare l’assoluto. Persino nei suoi film, nei romanzi e nei saggi, è sempre il poeta che parla: con visione, con disperazione, con amore.

Negli ultimi anni della sua vita, Pasolini fu segnato da un’escalation di inquietudine personale e impegno civile. La sua attività si fece sempre più urgente e profetica, fino alla tragica notte del 2 novembre 1975, quando fu assassinato all’Idroscalo di Ostia. Una morte rimasta, ancora oggi, circondata da dubbi e misteri.

L’eredità culturale di Pasolini resta una delle più dense e complesse del Novecento. Dai romanzi “Ragazzi di vita” e “Una vita violenta”, ai film “Accattone”“Il Vangelo secondo Matteo”“Teorema” e “Salò o le 120 giornate di Sodoma”, ogni opera è una provocazione, una ferita aperta nel corpo della cultura italiana.

Tra le figure che più influenzarono e condivisero momenti della sua esistenza c’è Maria Callas. La loro amicizia, nata durante le riprese del film “Medea”, fu intensa e profonda. Non un amore romantico vissuto, ma una connessione intellettuale e spirituale fatta di stima, dolore e solitudine condivisa. Callas, secondo diverse testimonianze, era innamorata di lui, pur sapendo che il suo amore non avrebbe mai potuto essere ricambiato pienamente. Tuttavia, non smise mai di proteggerlo, sostenerlo e comprenderlo in tutta la sua fragilità.

Un ritorno al popolo
Restituire oggi la Torre alla collettività non è solo un atto di valorizzazione patrimoniale: è un gesto che rimette in circolo la memoria di uno degli intellettuali più grandi e coraggiosi del Novecento. Un uomo che ha fatto della parola un’arma e della verità la sua unica, dolorosa missione. La Torre, da oggi, non sarà più solo un monumento: sarà voce, sarà luogo vivo, sarà sogno collettivo. 

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