Sciascia eretico

 

Dal coraggio delle idee alla verità nient’altro che la verità. Il lavoro di Pierfranco Bruni su Leonardo Sciascia si apre a diverse prospettive sia letterarie che antropologiche. La Ragione e il pensiero della storia. Questo è il filo conduttore di ciò che sto per dire. Nient’altro che la verità.

Libro importante. Unico e serio soprattutto per la prima parte firmata da Pierfranco Bruni. Mi riferisco al lavoro su Sciascia della splendida casa editrice Nemapress dedicato a Leonardo a Sciascia dal titolo «Nient’altro che la verità», scritto a quattro mani dallo scrittore ed italianista Pierfranco Bruni, già autore di pregevolissimi libri e del recente studio su Dante che sta scuotendo molto dibattito, e dal giornalista Mauro Mazza.

Lo Sciascia edito da Nemapress e prefato egregiamente da Neria de Giovanni, finalmente, apre una prospettiva interessantissima dal punto di vista estetico e letterario, partendo soprattitto dalle indicazioni poetiche in termini critico – etetiche che Bruni pone in evidenza. È proprio nella prima parte che si snocciola tutta l’originalità del lavoro.

Una rilettura articolata e complessa ma anche completamente diversa in un articolato approccio di uno Sciascia scontato. Lo Sciascia del segreto, del mistero, della pantomima inquietante della inquisizione dei segreti, lo Sciascia delle intuizioni e percezioni dell’uomo Moro, lo scrittore della metafora e della Sicilia come metafisica del pensiero e non della geografia.

Pierfranco Bruni si impone con il suo stile, la sua classicità, la sua eleganza e soprattutto la sua originalità nella proposta di uno Sciascia sia eretico che profondamente impolitico della politica. Uno scrittore tra ragione e profezia è ciò racconta Pierfranco Bruni.

La seconda parte del testo firmata da Mauro Mazza non presenta nulla di nuovo. Si sarebbe potuta fare a meno. È il già scontato, il già saputo. Niente di nuovo. Cronaca. L’editore dovrebbe rivalutare il testo perché il volume si regge con il solo scritto di Pierfranco Bruni. Ribblicarlo con il solo lavoro di Bruni sarebbe ottimo. Infatti il libro su Sciascia si organizza tutto sulla prima parte, ovvero di quella di Pierfranco Bruni.

Nei testi di Mazza ci sono solo opinioni e manca la struttura critica. Lo Sciascia del caso Moro, affrontato già da Bruni anche in diversi altri suoi libri, lo Sciascia dell’antimafia e dei professionisti dell’antimafia, della questione Tortora … Insomma una mera ricostruzione giornalista già saputa e trita e ritrita senza alcun riscontro critico letterario. D’altronde Mazza è giornalista e resta tale.

La differenza tra le due parti del libro è notevolissima. Lo si nota già dalle prime pagine. Oltre che dal linguaggio. Raffinatissimo il primo. Mera cronaca il secondo. La prima è scritta da uno scrittore di spessore che conosce letteratura, teologia e filosofia di Sciascia. La seconda è un riscontro giornalistico.

Sciascia è tra le pagine di Bruni l’autore che va dalle «Favole della dittatura» a «Una storia sempliche». Il tutto Sciascia. Il libro è un vero vocabolario tra il filo del dubbio e la ricerca dell’oltre. Come la questione Majorana che Bruni ha riportato in un altro suo recentissimo lavoro.

A conclusione Pierfranco Bruni sottolinea nelle parti finali chiosa: «Leonardo Sciascia è la sua isola. È il racconto di una terra e di un mare tra i venti e le alture delle acque e delle sabbie che restano nell’incaglio della roccia, delle tonnare, degli scogli. È l’isola che ha la lingua mediterranea nei linguaggi che il vento custodisce da epoche distanti e mai lontane. È quel mare che Omero ha recitato con il colore del vino. È il mare della favola che porta tra le onde e nel profondo il fuoco. È ciò che Pirandello ha disegnato con le sue parole e Vitaliano Brancati con la sua ironia strappata ai personaggi. Sciascia è, appunto, tra Pirandello e Brancati in un mondo in cui si vive il teatro e la solitudine tra Gogol e Manzoni».

A conclusione Bruni nella sua parte finale, Bruni ha curato anche la bibliografia, chiusa in istanza ultima parlando della Sicilia: «La Sicilia è metafora ma anche enigma. Quindi favola. Mettere insieme la favola e l’enigma non si ha soltanto il castello kafkiano. Si ha anche la favola. Quella favola che è nient’altro che la verità oltre la certezza del dubbio fino al punto che l’uomo che seppe attendere il terzo appuntamento del canto del gallo «Ritornò ad affondare tra le coltri, e nel sonno respinse le contrizioni già pronte» (da «Favole della dittatura»). Quindi? Il paradosso del teatro che scopre la scena e diventa ribalta. Ma il suo cuore resta la Sicilia. L’isola come «nell’ultima notte del mondo» (dai versi «La Sicilia, il suo cuore»). Un impasto di terra e mare tra i frammenti della Scala dei Turchi per decifrare non più parole ma sensazioni. Il profeta vive di percezioni! Ciò è nient’altro che la verità in cui Sciascia oltrepassando la leggerezza ha scavato tra le pietre di una paziente ironia in un magico reale che è diventato rivelante cammino nel contemporaneo antico».
Ecco la grande saggezza di Pierfranco Bruni nello sciascia e nella letteratura eretica tra Rousseau e Voltaire, tra Pirandello e Manzoni espressa in «Nient’altro che la verità».

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