Violenza domestica e assistita: é ora di svegliarsi!

Il tasso occupazionale italiano (ultimo tra i 27 Paese UE), nonché la scarsa offerta dei servizi educativi per la prima infanzia (che pone l’Italia al di sotto dell’obiettivo europeo del 33%) non sono gli unici settori che attirano l’attenzione europea sul nostro Paese.
Le istituzioni internazionali ci osservano con perplessità: la CEDAW (Convenzione sull’eliminazione di ogni forma di discriminazione nei confronti della donna, adottata dall’ONU nel 1979) ha condannato l’Italia nel 2022 riconoscendo che i pregiudizi diffusi nei tribunali italiani violano il principio dell’uguaglianza delle donne davanti alla legge.
Il caso riguarda un ricorso presentato da una donna già vittima di violenza domestica e poi stuprata da un agente delle Forze dell’ordine, prima condannato e poi assolto nei successivi gradi di giudizio.
Il report della Direzione Centrale della Polizia Criminale mostra che dal 1° gennaio al 20 novembre 2022 sono stati registrati in Italia 273 omicidi con 104 vittime donne: 88 di esse hanno trovato la morte in ambito familiare/affettivo, 52 per mano del marito o dell’ex partner. I dati del 2023 confermano questa situazione.
Dietro i numeri citati nel report, appare un fenomeno trasversale che tocca età, classe sociale, area geografica, livello d’istruzione diversi.
Sbaglia chi pensa che la violenza sia una questione di donne, perché è essenzialmente una questione di uomini: ogni atto violento nasconde un pensiero che concepisce la donna come un soggetto più debole o addirittura inferiore rispetto all’uomo.
Nell’ambito di un evento formativo in merito al settore, il giudice della Corte di Cassazione Paola Di Nicola Travaglini ha spiegato come il fenomeno del femminicidio e della violenza sulle donne in ambito familiare presenti tutti gli elementi di gravità e allarme sociale tipici del fenomeno mafioso, dato che ‘è basato sugli stessi elementi di soggezione e omertà tipici di quel sistema, rafforzandosi sul complice silenzio dei familiari della vittima che troppo spesso si trova a vivere situazioni drammatiche, senza poter contare neppure sul supporto della propria famiglia d’origine (a sua volta vittima di un atavico pregiudizio culturale di vergogna mista a timore)’.
La Corte Europea dei Diritti Umani (con sede a Strasburgo) ha condannato ben sette volte l’Italia ‘per non aver protetto le donne vittime di violenza e i loro figli’ (quattro volte soltanto nel 2022).
La Corte lo ha ribadito in modo non più rinviabile:
“Le criticità rilevate sono sempre le stesse tra cui l’assenza di valutazione dei rischi, il non riconoscimento della violenza, la mancanza nei tribunali italiani di una visione d’insieme nella successione degli episodi, come richiesto nei casi di violenza domestica».
E’ pertanto necessaria e non più rinviabile una riforma organica e seria che affronti la violenza contro le donne non in chiave repressiva come fatto finora (dato che non ha prodotto alcun risultato) ma in chiave preventiva e di riconoscimento del reato, tanto più quando si svolge in presenza di minori.
Giuseppe Spadaro, presidente del Tribunale dei Minori di Trento ritiene impressionanti i dati statistici constatati dal proprio privilegiato angolo prospettico di giudice minorile e della famiglia: ‘In Italia un bambino su tre ha assistito, impotente, a episodi di violenza tra le mura domestiche. In un caso su quattro ne sono stati coinvolti direttamente’.
Si tratta della cd ‘violenza assistita’, ‘una violenza assai difficile da provare in sede giudiziaria, in quanto provoca un danno invisibile, di difficile rilevazione, spesso occultato, negato e sottovalutato, dato che un bambino percepisce anche i segnali meno evidenti della violenza, come il rumore di un piatto rotto, delle urla soffocate o i silenzi terribili che seguono una lite.
Due i dati più rilevanti:
-il 46,6 % dei minori in questione sono in età prescolare
-ben il 68% delle segnalazioni che pervengono presso la Procura minorile, arrivano dalle forze dell’ordine o su propria iniziativa o su sollecitazione delle madri che si rivolgono alle forze dell’ordine.
Ma ciò che maggiormente preoccupa e che si rileva nelle aule dei tribunali minorili- precisa infine il giudice- è il meccanismo di riproduzione e di adattamento negativo, all’interno della sfera adolescenziale, della violenza di genere che vediamo poi inevitabilmente declinata per gli adulti».
Paola Cecchini

‘CIO’ CHE CAINO NON SA’
– Premio di letteratura e Arti Visive contro la violenza di genere e sui minori (foggia, 21 giugno 2025)
Sezione ‘Articolo giornalistico’- Premio Senato Accademico

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