Ci hanno lasciato Lalo Schifrin e Pete Henry Schroeder: addio a due giganti dell’arte

Carlo Di Stanislao

Ciò che facciamo in vita riecheggia nell’eternità.” – Il Gladiatore

Ci hanno lasciato.
Due parole che oggi pesano come macigni. Due assenze che colpiscono nel profondo chi ama il cinema, la musica, il teatro e tutte le forme dell’arte che rendono la nostra esistenza più ricca e consapevole.
Nel giro di pochi giorni, abbiamo detto addio a Lalo Schifrin, maestro indiscusso della musica da film, e a Pete Henry Schroeder, attore, produttore e mentore che ha attraversato decenni di cinema con talento, umiltà e passione.

Non si tratta solo della scomparsa di due artisti. Si tratta della fine di due epoche, di due visioni del mondo, di due percorsi esemplari che hanno segnato generazioni.

Lalo Schifrin: il compositore che trasformò il rischio in musica

Il 27 giugno 2025, all’età di 93 anni, Lalo Schifrin si è spento serenamente, come annunciato dal figlio Ryan. Ma la sua musica continuerà a vibrare, a pulsare, a vivere. Perché Schifrin non era solo un compositore: era un architetto delle emozioni, un alchimista capace di mescolare jazz, ritmi latini, orchestrazioni classiche e intuizioni moderne in qualcosa di unico.

La sua opera più celebre, l’inconfondibile tema di Mission: Impossible, è diventata una delle sigle più riconoscibili di tutti i tempi, sinonimo di tensione, eleganza, azione. Ma ridurre la carriera di Schifrin a quel solo tema sarebbe un’ingiustizia: ha composto le colonne sonore di oltre 100 film e serie TV, tra cui Amityville HorrorCincinnati KidRush HourIspettore Callaghan: Il caso ScorpioLa stangata II e Cool Hand Luke.

Ha ricevuto 19 nomination ai Grammy (vincendone 4) e 6 candidature agli Oscar, prima di essere finalmente celebrato con un Oscar onorario nel 2019, un riconoscimento riservato a pochissimi compositori nella storia, tra cui Ennio Morricone e Quincy Jones.

Schifrin ha attraversato continenti, culture e stili. È stato ponte tra jazz e sinfonismo, tra Hollywood e Buenos Aires, tra avanguardia e tradizione.
La sua musica non illustrava semplicemente le immagini: le trasformava, donando loro profondità, mistero e poesia.

Pete Henry Schroeder: il volto nobile del mestiere dell’attore

Il 7 giugno 2025, presso il Lake City VA Medical Center in Florida, si è spento Pete Henry Schroeder, all’età di 90 anni. La notizia è stata diffusa solo nelle ultime ore, ma ha già provocato un’ondata di affetto e commozione nel mondo dello spettacolo.

Veterano della guerra di Corea, Schroeder ha dedicato la sua seconda vita all’arte. Attore, produttore, insegnante: un uomo dai molti talenti, ma sempre fedele a una sola missione – vivere e trasmettere la verità della recitazione.

Ha lavorato accanto a grandi nomi, come Meryl Streep e Alan Alda ne La seduzione del potere (1979), ed è stato il Cancelliere Klingon in Star Trek: Enterprise, conquistando i fan della saga con la sua presenza intensa e carismatica.
Nel 2012 è tornato al cinema con un piccolo ma significativo ruolo in Argo, il film diretto da Ben Affleck vincitore dell’Oscar per il miglior film. Anche lì, come sempre, Schroeder ha scelto la sobrietà, la misura, la dignità.

Ma forse il suo contributo più grande lo ha dato dietro le quinte, come insegnante all’American Academy of Dramatic Arts e fondatore dell’Actor/Artist Group Workshop, attraverso il quale ha formato generazioni di attori, trasmettendo loro non solo tecniche ma anche valori.

La sua eredità è fatta di sguardi, silenzi, coerenza. È stato uno di quegli interpreti che non cercano i riflettori, ma che li reggono. Che non dominano la scena, ma la sorreggono. E che fanno dell’arte un servizio silenzioso, profondo, necessario.

Un doppio addio, un unico ringraziamento

Lalo Schifrin e Pete Henry Schroeder non torneranno più in scena, ma non ci hanno davvero lasciato.
I loro suoni, le loro interpretazioni, le loro lezioni continuano a vivere. Nei film che rivedremo. Nelle musiche che ascolteremo. Nelle persone che hanno formato e ispirato.

In un mondo spesso dominato dalla superficialità, loro ci hanno ricordato cosa significa essere profondamente artisti. Hanno parlato un linguaggio che non ha bisogno di sottotitoli, né di traduzioni. Hanno saputo emozionare, sorprendere, far pensare.

E ora che non ci sono più, ci resta il dovere – e il privilegio – di non dimenticarli. Di continuare a raccontare chi erano. Di tenerli vivi, come meritano, nel cuore e nella memoria collettiva.

Grazie, Lalo.
Grazie, Pete.
Ci avete lasciato, ma non ci avete abbandonato.

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