Ezra Pound: la voce spezzata del secolo

Carlo Di Stanislao

«Se un uomo non è disposto a correre qualche rischio per le sue idee, o le sue idee non valgono nulla oppure non vale nulla lui» — Ezra Pound

Nato nel 1885 in Idaho, Ezra Pound è stato uno dei protagonisti più controversi e innovativi del Novecento letterario. Poeta, traduttore, critico, ideologo, visionario: la sua opera e la sua figura umana sfuggono a ogni riduzione, oscillando tra genio e follia, tra intuizione e ossessione. È stato amico e maestro di grandi autori come T. S. Eliot, James Joyce, Hemingway. Ma il suo vero lascito è una tensione permanente: quella tra poesia e politica, bellezza e ideologia, parola e azione.

Le due donne della sua vita, i figli

Ezra Pound visse intrecci sentimentali che riflettono la complessità della sua mente e della sua poesia. Due furono le donne fondamentali della sua esistenza: Dorothy Shakespear, che sposò nel 1914, e Olga Rudge, violinista di talento e compagna per lunghi anni.

Dorothy fu per Pound un porto formale, la moglie devota che lo seguì in Europa, in particolare in Italia, e che si prese cura di lui anche nei momenti più bui della prigionia e della reclusione. Ebbero un figlio, Omar, con cui il poeta ebbe un rapporto distante, ma non privo di profondità.

Con Olga Rudge, invece, la relazione fu più appassionata e libera, ma anche nascosta per lungo tempo. Da Olga nacque Mary de Rachewiltz, che Pound riconobbe come figlia solo più avanti nella vita. Mary divenne non solo custode dell’eredità paterna, ma anche ponte affettivo e intellettuale tra la figura dell’uomo e quella del poeta.

Le donne della sua vita e i figli rappresentano il lato umano, vulnerabile, frammentato di Pound. Un uomo che cercava la totalità in poesia ma viveva spesso nella contraddizione e nell’assenza. In loro si specchia il suo stesso progetto poetico: complesso, stratificato, mai lineare.

Il sogno dei Cantos e la rovina della politica

La sua opera più ambiziosa, I Cantos, è un poema-mondo, un labirinto di citazioni, lingue, visioni e invettive. In essi Pound tenta di ricostruire un’etica della civiltà, risalendo alle radici della cultura greca, latina, cinese e americana. Ma il poema è anche contaminato da un’adesione politica tragica: il sostegno al fascismo italiano e a Mussolini, la propaganda radiofonica a favore dell’Asse durante la Seconda guerra mondiale, che gli costarono l’accusa di tradimento e una lunga prigionia.

Nel 1945 fu catturato dagli americani e rinchiuso in una gabbia a cielo aperto a Pisa. Lì, in condizioni disumane, scrisse i Cantos pisani, forse la parte più alta della sua opera: poesia nuda, viscerale, improvvisamente umanissima. Qui emerge il poeta che piange la propria rovina, che cerca la luce nell’orrore.

Pound e Confucio

Nel suo lungo percorso intellettuale, Pound si avvicinò profondamente alla filosofia di Confucio, che tradusse e reinterpretò. In Confucio vedeva un modello di ordine morale, sociale e politico: una guida etica contro la decadenza dell’Occidente moderno. La sua idea di giustizia, di economia reale, di rispetto per la tradizione, affonda le radici in questo pensiero cinese. Per Pound, Confucio era un modello alternativo alla modernità disumanizzante, un’utopia che cercò di innestare nella poesia e nella politica, fallendo però in entrambe.

I suoi allievi e la sua eredità

Pound non ebbe allievi nel senso accademico, ma fu maestro invisibile per generazioni. Fu l’editore, promotore, revisore e mentore di T. S. Eliot, cui suggerì tagli e revisioni per The Waste Land. Aiutò James Joyce nella pubblicazione dell’Ulisse, difese Hemingway quando ancora era sconosciuto. In Italia fu letto con ammirazione anche da ZanzottoMontalePagliaraniGiudici. Arrivò fino ai Beat, che in lui videro il poeta in rivolta contro l’alienazione moderna. La sua eredità vive nella poesia civile, nella scrittura che cerca ancora una dimensione etica.

Pound oggi

Oggi Pound è una figura scomoda ma necessaria. Il suo stile è inattuale: la stratificazione culturale, la densità delle citazioni, la musicalità arcaica rendono i suoi versi ostici. Ma è anche straordinariamente attuale: ha anticipato i nodi del nostro tempo – la finanziarizzazione della vita, l’impoverimento simbolico, la mercificazione dell’arte. La sua lotta contro l’usura è il grido di chi vede la civiltà occidentale perdere l’anima. Pound ci obbliga ancora a chiederci: cos’è il valore? Cosa vale davvero?

Ezra Pound, per me che sono medico

Per me, che sono medico prima ancora che lettore, Ezra Pound è un corpo che scrive nella febbre, un uomo che trasforma la sofferenza mentale in forma, in suono, in sintomo. La sua reclusione a Pisa e poi nel manicomio criminale di St. Elizabeths, non possono essere letti solo in termini storici o giudiziari: sono anche la manifestazione di un delirio dell’epoca. Pound è stato definito folle, ma la sua “malattia” era spesso lucidità portata all’eccesso, un’ossessione etica più che psichiatrica.

La sua scrittura ha i tratti della psicosi: discontinua, accumulativa, frammentata, ma al tempo stesso mostra una capacità di ordine superiore, come quella di certi pazienti che, nel caos, creano mondi simbolici impeccabili. Per un medico, Pound è un caso clinico e un testimone. È la cartella clinica del Novecento, un elettroencefalogramma impazzito ma registrato in versi.


Pound e Pasolini: due eretici del Novecento

Come Pier Paolo Pasolini, anche Ezra Pound è stato un eretico, un profeta armato di poesia. Entrambi hanno cercato la verità in un mondo che non voleva ascoltarli. Entrambi sono stati accusati, vilipesi, isolati. Entrambi hanno pagato con l’emarginazione — e in un certo senso con la morte — il loro bisogno di denunciare la corruzione della modernità.

Se Pasolini parlava di “mutazione antropologica”, Pound denunciava “l’usura che corrompe l’anima e l’arte”. Entrambi cercavano un linguaggio assoluto, sacro, capace di resistere alla degradazione del senso. Due solitudini incandescenti: Pasolini ucciso in una notte oscura, Pound morto in silenzio dopo una lunga prigionia del corpo e dello spirito. Ma le loro parole, oggi, sono più vive che mai, e forse ci parlano proprio perché nessuno le volle ascoltare davvero quando era il momento.

Dialogo oltre il tempo

di Italo Nostromo

Spiriti di Ezra Pound e Pier Paolo Pasolini, oltre la morte, osservano la terra da un altrove senza tempo.

Pasolini: Maestro… ci ritroviamo qui, dove il tempo non ha più ferite, ma la memoria pulsa ancora.

Pound: Poeta, anche tu portavi il peso della verità sulle spalle. Ed eccoci a guardare il mondo che non ci ha ascoltato.

Pasolini: Il mondo è più veloce, più vuoto. Le parole sono consumate, la bellezza è oggetto d’asta. Eppure… la fame di senso non è mai sparita.

Pound: Hanno venduto anche il silenzio. L’usura non è più solo moneta: è nel pensiero, nella scuola, nella carne stessa della cultura.

Pasolini: Eppure, ci sono ancora giovani che leggono, che scrivono, che si ostinano a credere nel linguaggio. Anche quando nessuno li ascolta.

Pound: Forse è questa la vera salvezza: non la moltitudine, ma il singolo che resiste. La parola come atto di fede.

Pasolini: E come rivolta. La poesia è ancora rivolta, anche sussurrata. Anche se cade nel vuoto, la sua eco scava.

Pound: Noi siamo stati gettati ai margini. Ma ora vediamo: nulla fu inutile. Ogni verso, ogni condanna, ogni solitudine ha aperto sentieri.

Pasolini: E saremo tornati ad abitare pianeti, secondo il nostro livello. In mondi dove la parola non mente più.

Pound: Dove la forma coincide col respiro. Dove la giustizia ha voce.

Pasolini: E la poesia non è più solo un’arte, ma una necessità biologica dell’universo.

Pound: Che il canto continui, Poeta.

Pasolini: Sempre, Maestro. 

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