Il Buono, il Brutto, il Cattivo: il western che spara ancora colpi di verità

Carlo Di Stanislao

«Quando gli uomini non si odiano, la guerra cessa.»
— Leone Tolstoj

Stasera in TV su Rai Movie, canale 24: «Il Buono, il Brutto, il Cattivo» – una lettura simbolica contro la guerra

C’è un motivo se, a quasi sessant’anni dalla sua uscita, Il Buono, il Brutto, il Cattivo di Sergio Leone continua a essere trasmesso, discusso e ammirato in tutto il mondo. Non è solo per la regia magistrale, la musica di Ennio Morricone che è diventata leggenda, o la costruzione impeccabile della tensione narrativa. È perché questo film, dietro la maschera del western all’italiana, racconta in modo viscerale e crudo la follia della guerra, l’ambiguità morale dell’essere umano, e l’eterna lotta per la sopravvivenza in un mondo disordinato, ingiusto e violento.

Questa sera, Rai Movie ci offre l’occasione di rivedere – o forse scoprire per la prima volta – un capolavoro che va oltre il genere: Il Buono, il Brutto, il Cattivo non è solo un film; è uno specchio dell’umanità. Ambientato durante la Guerra di Secessione americana, ma girato in Spagna e costruito con gli occhi di un autore europeo, il film mostra un’America mitica che in realtà parla al mondo intero, e soprattutto a noi, oggi.

Una guerra senza eroi

Nel mondo di Sergio Leone, la guerra non è glorificata. Anzi, è sporca, confusa, assurda. I soldati non combattono per ideali, ma sembrano vittime inconsapevoli di una macchina più grande di loro. La famosa scena del ponte – che Tuco e Blondie decidono di far saltare per mettere fine a una battaglia senza senso – racchiude l’intero spirito del film: non ci sono vincitori, solo perdite inutili.

I tre protagonisti non sono né modelli né esempi morali. Il «Buono» (Clint Eastwood) è sì meno spietato degli altri, ma è pur sempre un cacciatore di taglie che gioca con la vita degli uomini per guadagnarci. Il «Brutto» (Eli Wallach) è tanto miserabile quanto umano, crudele ma capace di suscitare empatia. Il «Cattivo» (Lee Van Cleef) è calcolatore, freddo, l’incarnazione della violenza sistematica. Leone ci dice che la guerra – proprio come i suoi personaggi – non è mai bianca o nera, ma una distesa infinita di grigi.

Simbolismo e attualità

Nel nostro presente, segnato da guerre che bruciano ai confini dell’Europa, da bombardamenti che colpiscono civili, da conflitti eterni che i media raccontano come inevitabili, Il Buono, il Brutto, il Cattivo risuona come una parabola moderna. Ci ricorda che dietro ogni guerra ci sono interessi, avidità, cinismo, e che i più colpiti sono sempre gli innocenti.

Il film ci mostra, senza prediche, che la violenza non redime e che la giustizia, spesso, è solo una parola svuotata. L’ultima scena del duello a tre, quel celebre «triello» nel cimitero circolare, è una danza della morte dove l’unica vera vincitrice è l’assurdità del destino. Nessuno combatte per una causa, ma solo per sé stesso. Una metafora potente della società moderna, dove spesso l’etica viene sacrificata all’interesse personale, e le guerre si fanno in nome di pace e democrazia solo per nascondere motivazioni economiche o geopolitiche.

Un film che ci riguarda

Guardare oggi Il Buono, il Brutto, il Cattivo non è solo un piacere estetico o un omaggio alla storia del cinema. È anche un’occasione per riflettere. Per chiederci cosa stiamo facendo come società, come cittadini, come esseri umani. Perché i conflitti che vediamo nei telegiornali, quelli che sembrano lontani, ci toccano più di quanto vogliamo ammettere. E perché, come diceva Tolstoj, finché continueremo a odiarci, la guerra sarà sempre una possibilità.

Sergio Leone non ci dà risposte. Ma ci lascia con domande scomode e immagini che non si dimenticano. E questo, oggi più che mai, è un atto politico. Perché l’arte, quando è grande, non intrattiene soltanto: sveglia le coscienze.

Stasera, Rai Movie ci offre un appuntamento con la Storia e con noi stessi. Non lasciamocelo scappare.

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