VALERIJ GERGIEV AL XX FESTIVAL VERDI

SUL PODIO DELL’ORCHESTRA

DEL TEATRO COMUNALE DI BOLOGNA

Un sontuoso programma sinfonico in omaggio all’Italia e alla Russia,

consacra il ritorno a Parma del grande direttore russo dopo 19 anni.

In programma pagine di

Giuseppe Verdi, con la Sinfonia da La forza del destino,

Gioachino Rossini, con l’Ouverture da Guillaume Tell,

Felix Mendelssohn, con la Sinfonia “Italiana”,

Pëtr Il’ič Čajkovskij, con la Quinta Sinfonia

Teatro Regio di Parma

venerdì 2 ottobre 2020, ore 20.00

Valerij Gergiev ritorna a Parma dopo 19 anni dalla sua ultima esibizione nella Messa da Requiem in Duomo nel 2001 in occasione delle celebrazioni del centenario della morte di Giuseppe Verdi. Al XX Festival Verdi “Scintille d’opera” sarà alla testa dell’Orchestra del Teatro Comunale di Bologna, venerdì 2 ottobre 2020 alle ore 20.00 al Teatro Regio di Parma dove, dal teatro all’aperto del Parco Ducale, il concerto sinfonico è spostato per le mutate condizioni meteorologiche.

Il programma del concerto muove dalle note del solo al violoncello in apertura dell’Ouverture del Guillame Tell (1829) di Gioachino Rossini, cui seguirà la Sinfonia n.4, in la maggiore, op.90 “Italiana” (1833) di Felix Mendelssohn Bartholdy. Nella seconda parte, la Sinfonia da La forza del destino, composta da Giuseppe Verdi negli anni successivi al debutto pietroburghese dell’opera, nel 1862, in vista della sua prima scaligera, nel 1869, e la Sinfonia n.5, in mi minore, op.64 (1888) di Pëtr Il’ič Čajkovskij.

Siamo felici e in questo periodo così difficile possiamo dirci privilegiati di poter nuovamente accogliere Valerij Gergiev, per il suo debutto al Teatro Regio Regio di Parma – dichiara Anna Maria Meo, Direttore generale del Teatro Regio di Parma e Direttrice artistica del Festival Verdi. “Il programma del concerto con l’Orchestra del Teatro Comunale di Bologna, Partner artistico del Festival Verdi, per volere del grande Maestro russo è un omaggio all’Italia e alla Russia, alle loro storie musicali, che si intrecciano, si osservano e influenzano vicendevolmente, dal Settecento di Paisiello in poi. L’arrivo di Giuseppe Verdi in Russia nel 1862, in occasione della prima esecuzione de La forza del destino, ha esercitato un ulteriore influsso sulle generazioni di compositori successive, di grande importanza. La serata offrirà spunti di riflessione sull’italianità musicale che ha permeato e colorato di sonorità, melodie, impulsi ritmici, tecniche compositive celebri pagine vocali, sinfoniche e cameristiche dei più importanti autori europei, tra Settecento e Ottocento, tra cui Felix Mendelssohn, che qui troviamo accostato a Pëtr Il’ič Čajkovskij, a Gioachino Rossini e, naturalmente, a Giuseppe Verdi. Il concerto è anche occasione per rinsaldare, con una nuova collaborazione, la collaborazione tra il Festival Verdi, il Teatro Regio di Parma e l’Orchestra del Teatro Comunale di Bologna, con cui abbiamo condiviso avventure appassionanti, come – in ultimo – l’allestimento di Luisa Miller per la regia di Lev Dodin al XIX Festival Verdi nella Chiesa di San Francesco del Prato, durante la prima fase del suo restauro nell’ottobre scorso”.

La oramai lunga storia di collaborazione con il Festival Verdi, che ha dato vita a progetti di grande valore artistico – afferma il sovrintendente del Teatro Comunale di Bologna Fulvio Macciardi – rappresenta una partnership di eccellenza tra due realtà di altissimo prestigio culturale del nostro territorio, che si conferma anche in un anno così complesso per il mondo dello spettacolo. L’Orchestra del Teatro Comunale di Bologna intende, quindi, essere nuovamente protagonista nel cuore delle terre verdiane con il concerto sinfonico diretto dal M° Gergiev, nell’ottica di mantenere viva la sinergia esistente e di proiettarla verso futuri scenari”.

In procinto di scrivere il grand opéra Guillaume Tell, la sua ultima opera, nel 1828, Gioachino Rossini dopo aver preso innanzitutto in considerazione un soggetto di Eugène Scribe, che verrà poi usato da Giuseppe Verdi in Un ballo in maschera, volse lo sguardo e si soffermò definitivamente, con una mossa avventurosa e al contempo avveduta, sulla pièce di Friedrich Schiller, di cui ammirava i personaggi, animati da ideali conservatori, in grado di lottare pacificamente per la loro indipendenza. Se, da una parte, il volto sorridente, illuminato di Rossini ci parla ancora di un mondo su cui l’ideale risorgimentale condiviso da Giuseppe Verdi chiuderà con decisione la porta, dall’altra, quest’ouverture monumentale in quattro parti, programmatica, con temi in grado di sintetizzare l’intera vicenda, un organico ampio e dettagliato, è forse la composizione di Rossini che più di tutte si avvicina, per vastità e respiro, alla Sinfonia romantica.

All’epoca della prima di Guillaume Tell, nel 1829, Giuseppe Verdi stava ancora studiando a Milano e Čajkovskij, che da Mendelssohn imparerà il piacere della melodia sognante, non era ancora nato”, racconta lo storico della musica Giuseppe Martini nelle note di sala. “La Sinfonia “Italiana” di Mendelssohn, scritta solo quattro anni dopo, ad onta della sua fluidità, del suo entusiasmo solare, dei suoi salterelli e tarantelle, del suo impeccabile equilibrio classico senza avere nulla degli scatti nervosi della musica mozartiana e beethoveniana, è una sinfonia lungamente elaborata, tanto che finirà con l’eseguirla per la prima volta a Londra nel 1833, due anni dopo il suo viaggio italiano”. Ed è proprio e forse solo il viaggio in Italia l’elemento biografico che accomunerà l’esperienza e in parte la visione del mondo e delle musica dei compositori amburghese e del nativo di Votkinsk.

La parafrasi di un’affermazione di Giuseppe Verdi, secondo cui per suonare La forza del destino, non è necessario saper solfeggiare, ma bisogna “avere dell’anima”, ci indirizza infine verso uno dei nessi ideali destinati ad unire nell’immaginario collettivo quest’opera e la Quinta Sinfonia di Čajkovskij. Come spiega di nuovo Martini. “Un Leitmotiv spunta a unificare i quattro movimenti (della Quinta sinfonia, ndr), come se la varietà dei loro caratteri potesse mettere in pericolo l’idea di fondo, e quell’idea è la ragione per cui in questo programma c’è la Quinta e non la “Patetica”: cioè che lo stesso Čajkovskij l’aveva connotata come uno studio sulla rassegnazione di fronte al destino; ed ecco la strizzata d’occhio all’opera “russa” di Verdi”. Nel 1840 i russi lo chiamavano, con il Gogol delle Anime morte, “russkij duh”, un sentire particolare, che è anche un modo di intendere il fato, ineluttabile, che permea l’ultima opera di Čajkovskij tanto quanto la sua personale visione del mondo, diventando la scenografia interiore dei suoi ultimi anni di vita. Nel giro dei cinquant’anni successivi si sarebbe trasformata nella “russkaja dusha” dostoievskiana, la resilienza, che il regime avrebbe infine deformato nell’ottimistica e nazionalistica visione di un popolo proiettato verso il futuro.

Causa maltempo, il concerto è stato spostato al Teatro Regio, la cui capienza è stata di recente ampliata a 600 posti totali, disposti in modo conforme alle direttive governative e regionali in materia di tutela della salute pubblica. La nuova assegnazione dei posti sarà effettuata dalla Biglietteria del Teatro Regio cercando di tenere conto della categoria dei posti acquistati per il teatro all’aperto al Parco Ducale. Per la limitata e diminuita capienza della Sala del Regio e per la differenti tipologie di settori tuttavia, non per tutti i posti tale presupposto potrà essere mantenuto, per questa ragione il Teatro confida che il ritrovato piacere di un’imprevista serata all’opera al Regio consenta al pubblico di superare gli eventuali disagi per un posto che non si è potuto scegliere, facendo prevalere la gioia di ritrovarsi nell’abbraccio dei suoi stucchi.

Data la nuova collocazione al Teatro Regio resasi necessaria per le incerte condizioni meteorologiche, il pubblico che non vorrà prendervi parte avrà comunque la possibilità di chiedere il rimborso del biglietto entro il prossimo 10 ottobre.

Tornare all’opera, in sicurezza, tra le mura del Teatro Regio – dichiara Anna Maria Meo, Direttrice generale del Teatro Regio di Parma e Direttrice artistica del Festival Verdi – è un altro piccolo passo in direzione di una ritrovata e diversa normalità, che compiamo preparati e secondo tutte le cautele che garantiscano, ben oltre gli obblighi imposti dalle norme a tutela della salute pubblica, un ascolto sereno e gioioso alla comunità del Regio”.

INFORMAZIONI AL PUBBLICO

I biglietti per gli spettacoli sono nominativi. L’acquisto può essere effettuato alla Biglietteria del Teatro Regio di Parma o sul sito teatroregioparma.it senza alcuna commissione aggiuntiva.

I biglietti acquistati sul sito del Teatro saranno inviati via email all’indirizzo fornito all’atto della prenotazione.

Per poter accedere alla sala sarà necessario stamparli o presentarsi muniti di dispositivo mobile su cui esibire la loro versione digitale, assieme a un documento di identità in corso di validità.

Ricordiamo di presentarsi al Teatro Regio con documento di identità valido e mascherina, senza i quali l’accesso non sarà consentito. La mascherina dovrà essere indossata correttamente coprendo naso e bocca per tutto il tempo dello spettacolo e in ognuno degli spazi del Teatro Regio (foyer, sala, toilette, gran caffè).

BIGLIETTERIA DEL TEATRO REGIO DI PARMA

Strada Giuseppe Garibaldi, 16/A 43121 Parma

Tel. +39 0521 203999

biglietteria@teatroregioparma.it

Orari di apertura: dal martedì al sabato ore 11.00-13.00 e 17.00-19.00 e un’ora e mezza precedente lo spettacolo

Modalità di pagamento

Il pagamento presso la biglietteria del Teatro Regio di Parma può essere effettuato con denaro contante in Euro, con assegno circolare non trasferibile intestato a Fondazione Teatro Regio di Parma, con PagoBancomat, con carte di credito Visa, Cartasi, Diners, Mastercard, American Express.

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I biglietti per tutti gli spettacoli sono disponibili anche su teatroregioparma.it. L’acquisto online non comporta alcuna commissione di servizio.

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La Stagione 2019-2020 del Teatro Regio di Parma e il Festival Verdi 2020 sono realizzati grazie al contributo di Comune di Parma, Parma Capitale Italiana della Cultura 2020+21, Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo, Reggio Parma Festival, Regione Emilia-Romagna. Major partner Fondazione Cariparma. Main partners Chiesi, Crédit Agricole. Media partner Mediaset. Main sponsor Iren, Barilla, Parmacotto. Sponsor Opem, Dallara, Unione Parmense degli Industriali. Sostenitori Ares, Dulevo, Mutti, Sicim, Agugiaro&Figna, La Giovane, Parmalat, Grasselli, HLB Analisi, Glove ICT Poliambulatori Dalla Rosa Prati, GHC Garofalo Health Care. Legal counselling Villa&Partners. Con il supporto di “Parma, io ci sto!”. Advisor AGFM. La Stagione Concertistica è realizzata da Società dei Concerti di Parma, con il sostegno di Chiesi, in collaborazione con Casa della musica. ParmaDanza è realizzata con il sostegno di CePIM in collaborazione con ATER Associazione Teatrale dell’Emilia-Romagna e Arci Caos. RegioYoung è realizzato con il sostengo di Paladini Otello Supermercati. Con il contributo di Diocesi di Parma, Comitato per San Francesco del Prato, Istituto Nazionale di Studi Verdiani, Opera Europa, Fondazione Monte Parma, Camera di Commercio di Parma, Ascom e Ascom Confcommercio Parma Fondazione. Il Concorso Voci Verdiane è realizzato in collaborazione con Comune di Busseto, Concorso Internazionale Voci Verdiane Città di Busseto, Verdi l’Italiano. Partner istituzionali La Toscanini, Teatro Comunale di Bologna. Partner artistici Coro del Teatro Regio di Parma, Società dei Concerti di Parma, Conservatorio “Arrigo Boito” di Parma, Barezzi Festival. Tour operator partner Parma Incoming. Radio Ufficiale Radio Monte Carlo. Sostenitori tecnici Novotel, Graphital, Codarini Tuega, Cavalca, IgpDecaux, MacroCoop, Grafiche Step, Milosped, Andromeda’s, De Simoni, Azzali editori, Bip Business integration Partners . La promozione internazionale del Festival Verdi 2020 è realizzata dal Teatro Regio di Parma in collaborazione con Italia – Italian national tourist board, Istituti italiani di cultura, Via Emilia | Emilia Romagna A land with a soul, Assessorato alla Cultura della Regione Emilia-Romagna, Emilia-Romagna APT Servizi, Assessorato al Turismo e Commercio del Comune di Parma, con il tour operator partner Parma Incoming. L’immagine esclusiva del Festival è il ritratto di Giuseppe Verdi realizzato a matita da Renato Guttuso negli anni ’60, donato al Teatro Regio di Parma dall’Archivio storico Bocchi e concesso da Fabio Carapezza Guttuso ©Renato Guttuso by SIAE 2020.

Parma, 29 settembre 2020

Paolo Maier

Responsabile Area Comunicazione, Ufficio Stampa, Progetti speciali

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p.maier@teatroregioparma.it; stampa@teatroregioparma.it

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Teatro Regio di Parma

venerdì 2 ottobre 2020, ore 20.00

Durata 1 ora e 30 minuti, compreso un intervallo

VALERIJ GERGIEV

ORCHESTRA DEL TEATRO COMUNALE DI BOLOGNA

GIOACHINO ROSSINI (1792 – 1868)

Guillaume Tell – Ouverture

FELIX MENDELSSOHN BARTHOLDY (1809 – 1847)

Sinfonia n.4, in la maggiore, op.90 (“Italiana”)

Allegro vivace

Andante con moto

Con modo moderato

Saltarello. Presto

GIUSEPPE VERDI (1813-1901)

La forza del destino – Sinfonia

PËTR IL’IČ ČAJKOVSKIJ (1840-1893)

Sinfonia n.5, in mi minore, op. 64

Andante. Allegro con anima

Andante cantabile con alcuna licenza

Valse. Allegro moderato

Fiale. Andante maestoso. Allegro vivace.

Direttore VALERIJ GERGIEV

ORCHESTRA DEL TEATRO COMUNALE DI BOLOGNA

NOTE DI DIREZIONE

Valerij Gergiev

La forza del destino è un’opera che abbiamo eseguito, negli ultimi trent’anni, in ogni stagione del Marinskij a San Pietroburgo, nella famosa prima versione, presentata in prima assoluta nel 1862, occasione per la quale Verdi si recò a San Pietroburgo ben due volte. E poiché la tratta non era ancora coperta dalla ferrovia, lo fece viaggiando in carrozze trainate da cavalli, affrontando un viaggio assai disagevole, considerando il fatto che avrebbe dovuto recarsi davvero molto lontano dal suo paese. Sappiamo che viaggiò portandosi al seguito laute scorte di parmigiano e vino italiano…!

E che è stata una prima storica. Questa prima versione presentava parti vocali incredibilmente difficili per i cantanti – Verdi aveva già bene in mente a chi affidarle (Barbot, Graziani ndr.) – in particolare quella di Alvaro, cui ha posto un’asticella veramente alta, così come la parte baritonale di Don Carlo di Vargas. La seconda versione dell’opera, forse vocalmente semplificata, con la famosa ouverture sviluppata e migliorata, è stata rappresentata anch’essa molto eseguita a S. Pietroburgo negli anni.

Siamo molto onorati e orgogliosi che il Teatro imperiale di San Pietroburgo non solo fosse capace, fin da quell’epoca, di proporre a Verdi l’opportunità di mettere in scena una nuova opera, e di eseguirla in prima assoluta, ma anche che Verdi abbia accettato di offrire a San Pietroburgo questo storico debutto: il risultato fu la sua opera forse più potente di sempre, forse la più ampia composizione corale, dove il coro è grande e riveste un ruolo fondamentale, così come – forse – soltanto in Nabucco. Una grande opera, ad altissima tensione, con una grande energia, vocale e strumentale: il suo famoso assolo di clarinetto, per esempio, è sostanzialmente un concerto per clarinetto; e non è facile trovare in Verdi un assolo così sviluppato per questo strumento.

La prima della Forza del destino a San Pietroburgo è una pietra miliare, alla base dell’importantissimo legame che esiste tra la musica russa e quella italiana: nel 1862-63 non erano state composte così tante opere, in Russia – Čaikovskij aveva 22-23 anni e Rimksy-Korsakov ne aveva 18. Ma nei 40 anni successivi alla prima esecuzione de La forza del destino, il repertorio russo è fiorito, si è enormemente arricchito. Oggi, il repertorio del Marinskij contempla praticamente tutto il repertorio russo, da Čajkovskij, a Rimsky-Korsakov, Glinka, Mussorskij. Come è noto, ho anche avuto la fortuna di dirigere Chovanščina al Teatro alla Scala di Milano. È eccezionalmente chiaro come le nostre culture siano vicine, e quanto una grande opera russa come questa, che abbiamo preparato con moltissima cura in quell’occasione, possa anche essa generare un importante impatto nella società italiana. Già molti anni fa abbiamo portato in Italia anche Boris Godunov, La città invisibile di Kitezh di Rimsky-Korsakov, oltre ad alcune opere di Prokofiev. Con Giorgio Strehler, vent’anni fa a Milano, abbiamo discusso dell’opportunità di mettere in scena Matrimonio al convento di Prokofiev, ma purtroppo il tempo non ce ne ha dato modo. Ho eseguito in Italia anche Lady Macbeth nel distretto di Mcensk, e a Roma abbiamo eseguito la prima versione de La forza del destino. Per non parlare del Festival di Ravenna. Insomma credo di aver eseguito gran parte del repertorio operistico italiano e russo, tra Italia e Russia, e mi piace l’idea di potermene definire ambasciatore, in tutto il mondo.

ITALIA RUSSIA 2-2

Giuseppe Martini

È evidente che questo programma è un omaggio incrociato a Italia e Russia, anche se il superitaliano Rossini è nel suo momento più francese e per soprammercato con sonorità di paesaggio svizzero, e la sinfonia della Forza non è il preludio eseguito a Pietroburgo nel 1862 ma quella fatta per la versione ritoccata dell’opera nel 1869 alla Scala, con meno morti in scena nel finale. Si specchiano poi due sinfonie, il “souvenir d’Italie” del tedesco Mendelssohn e la meglio riuscita di Čajkovskij. Quest’ultima è frutto di un rialzo psicologico del compositore russo: nel 1888 intendeva dimostrare di non essere un musicista finito. Momento agreste fuori Mosca in una deliziosa casa a un piano con una tenda da bar sul porticato e un giardino selvaggio, solitudine e molte idee per la testa: ne uscì una sinfonia ridondante di temi e sottotemi, di elaborazioni, di sontuosità, ma anche di dolcezze dolenti, che non piacque del tutto a Brahms e ancor meno al pubblico, ma che oggi gode fra gli addetti ai lavori di stima persino superiore alla popolarissima “Patetica” (forse proprio perché la “Patetica” è popolarissima: gli addetti ai lavori sono un po’ snob). Un Leitmotiv spunta a unificare i quattro movimenti, come se la varietà dei loro caratteri potesse mettere in pericolo l’idea di fondo, e quell’idea è la ragione per cui in questo programma c’è la Quinta e non la “Patetica”: cioè che lo stesso Čajkovskij l’aveva connotata come uno studio sulla rassegnazione di fronte al destino, ed ecco la strizzata d’occhio all’opera “russa” di Verdi. La quale, com’è noto, fornirà materiale di riflessione a Mussorgsksij, e rappresentò la goccia che fece traboccare la pazienza dei russi di fronte all’invasione dell’opera italiana nei loro teatri. Senza l’opera italiana, però, niente melodie di Čajkovskij, e niente opera russa. Gli stessi motivi melodici di Čajkovskij hanno una struttura che proviene senza troppi passaggi intermedi proprio da Verdi, che nella sinfonia della Forza raddoppia la durata rispetto al vecchio preludio e gioca su tre melodie come sapeva fare lui, dunque memorabili, che riappaiono nell’opera e che la sintetizzano non più esaurendola nei tre personaggi principali, come nel preludio, ma nell’intreccio rocambolesco e insensato della vicenda. Diversa dall’ouverture del Guillaume Tell di Rossini, che ha quattro temi, e non meno leggendari di quelli verdiani, per sintetizzare i due elementi chiave dell’opera, la natura alpestre e la rivolta politica: energia e colore che, se pur sanno di ranz des vaches e andavano a fondare il francesissimo grand opéra, non sono mai stati tanto italiani. Del resto, a parte la pizza e la pasta, Italia significava e significa melodia, ritmo, danza. Quando Mendelssohn era sceso nel Bel Paese per il grand tour d’obbligo e a ripercorrere le orme del suo padre spirituale Goethe (arriva a Roma nello stesso giorno in cui ci era arrivato lui quarantaquattro anni prima: emozione!), non resiste dal fare due cose: disegnare a man bassa paesaggi e comporre una sinfonia impregnata dei sapori italiani. Ad onta della sua fluidità, del suo entusiasmo solare, dei suoi salterelli e tarantelle, del suo impeccabile equilibrio classico senza avere nulla degli scatti nervosi della musica mozartiana e beethoveniana, l’“Italiana” è una sinfonia lungamente elaborata, tanto che finirà con l’eseguirla per la prima volta a Londra nel 1833, due anni dopo il suo viaggio italiano. Guillaume Tell era di quattro anni prima, Verdi stava ancora studiando a Milano e Čajkovskij, che da Mendelssohn imparerà il piacere della melodia sognante, non era ancora nato.

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