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Comunicato Stampa

Fabio Luisi dirige l’integrale delle Sinfonie di Brahms
Giovedì 23 giugno ore 20 e Sabato 25 giugno ore 18

Una due giorni interamente dedicata a Johannes Brahms è quella che vedrà protagonista Fabio Luisi di nuovo sul podio dell’Orchestra del Teatro di San Carlo dopo il successo di Evgenij Onegin, giovedì 23 giugno alle 20 e sabato 25 giugno alle 18.

In programma giovedì 23 giugno la Sinfonia n. 1 in do minore, Op. 68 e la Sinfonia n. 2 in re maggiore, Op. 73 e sabato 25 giugno la Sinfonia n. 3 in fa maggiore, Op.90 e la Sinfonia n. 4 in mi minore, Op. 98.

Fabio Luisi è attualmente Direttore musicale della Dallas Symphony Orchestra, Direttore principale della Danish Radio National Symphony, Direttore emerito dell’Orchestra Sinfonica Nazionale della RAI e Direttore onorario del Teatro Carlo Felice di Genova, sua città natale. A partire dalla stagione 2022/2023 assumerà la carica di Direttore principale della NHK Symphony Orchestra di Tokyo. Dirige le orchestre più prestigiose del mondo, tra cui Philadelphia Orchestra, Münchner Philharmoniker, Cleveland Orchestra, Royal Concertgebouw Orchestra.

Johannes Brahms scrisse le sue quattro sinfonie in nove anni, tra il 1876 e il 1885. La Sinfonia n. 1 in do minore venne completata quando il compositore aveva già superato i quarant’anni, e la prima esecuzione avvenne il 4 novembre 1876 a Karlsruhe sotto la direzione di Felix Otto Dessoff. Dopo poco più di un anno, il 30 dicembre 1877, Hans Richter diresse i Wiener Philharmoniker nella la prima esecuzione della Sinfonia n. 2 in re maggiore e successivamente, a distanza di sei anni, nel dicembre 1883, nella “Terza sinfonia” che godette di immediato successo. Fu l’autore stesso invece a dirigere la Sinfonia n. 4 in mi minore, eseguita per la prima volta a Meiningen il 25 ottobre del 1885.

Guida all’ascolto dal programma
di Umberto Nicoletti Altimari

VIAGGIO ATTRAVERSO LE SINFONIE DI BRAHMS

Brahms giunge tardi al genere sinfonico. La Prima Sinfonia in do minore viene completata nel 1876 quando il compositore aveva già superato i quarant’anni. Si è molto dibattuto su questo “ritardo”, questa reticenza ad affrontare il discorso sinfonico nella sua forma più compiuta e alta. In realtà la Prima Sinfonia è il frutto di un percorso iniziato più di vent’anni prima, nel 1855, all’epoca del Concerto n.1 per pianoforte e orchestra, un Concerto che in realtà voleva essere una sinfonia e della quale, per ampiezza e intrinseche strutture, ne aveva tutte le caratteristiche. E’ di questo periodo la stesura di un movimento di sinfonia che diventerà il primo della Prima. Dopodiché Brahms intraprende un percorso di approfondimento della scrittura orchestrale e di progressivo accostamento al genere attraverso due Serenate (1857-59), alcune pagine sinfonico-corali e le Variazioni su un tema di Haydn (1873). Alla prudenza (ma anche allo studio) si affianca la consapevolezza di doversi misurare con una storia, una tradizione, una eredità che parte dagli esiti supremi di Beethoven passa per la riscoperta di Schubert (in particolare la Sinfonia in Do magg. detta La Grande riesumata dall’oblio e data alle stampe nel 1849), dalle sperimentazioni schumanniane, che di Brahms era stato ardente mentore, culminate nella Quarta Sinfonia con la sua ricerca di una unitarietà strutturale. Stava inoltre cambiando il gusto del pubblico ormai avvezzo alla musica a programma propugnata dal poema sinfonico di Liszt e dalla sintassi armonica del teatro wagneriano. Uno scenario da inibire qualsiasi spirito creativo ma non Brahms.
Vale la pena di ricordare come Brahms divenne nella accezione comune, una volta consacrato come il nume della tradizione musicale tedesca, il compositore dotto, sapiente, era nota la sua attività come collezionista di manoscritti, di vorace studioso dell’antico e delle sue forme musicali. Siamo in un clima romantico e le radici, l’identità di una cultura, il volgere lo sguardo all’indietro, alla Storia, sono atteggiamenti che in misura diversa attraversano tutto il mondo creativo in Germania. Considerato questo aspetto che certo era già del Brahms quarantenne possiamo forse darci una ragione, tutta a favore del compositore, per comprendere la sua prudenza davanti al cimento della Sinfonia. Quando questa arriva, con la Prima Sinfonia in do minore op.68 il fermento e l’attesa sono grandi e le aspettative non vanno deluse. Il massimo critico d’oltralpe Eduard Hanslick ne fa un’esaltata recensione, il direttore d’orchestra Hans Von Bülow, abbandona la sua militanza wagneriana ed etichetta la Sinfonia come “Decima” ascrivendola ad una precisa successione storica.
Un’ ascendenza inevitabile ma poi non così determinante. Certo l’attacco dell’Introduzione del primo movimento Un poco sostenuto. Allegro, con la sua reiterata scansione dettata dal battito del timpano immette in un contesto di grandiosità, di intensa drammaticità, ed è come se si attraversassero dei cupi propilei prima di giungere all’interno del movimento, ma, all’analisi formale, si scoprono invece procedure compositive che differiscono da quelle beethoveniane. Come in questa Sinfonia di esordio anche nelle altre è la componente strutturale, l’organizzazione dei materiali e la loro collocazione formale, il lavorio incessante sulle idee melodiche, anche se di poche note, che determinano l’atto creativo e immettono nella musica quegli elementi espressivi, quella alternanza di climax che innervano il discorso sinfonico. Questo risuona come il risultato di un processo sempre in divenire, mutante, e sospinto verso una tensione continua, una proiezione ideale che, diversamente da Beethoven, sembra anelata, desiderata, piuttosto che risolta. Quelle accensioni grandiose lasciano pertanto uguale spazio, e forse più, a momenti di pacata meditazione, di riflessione, a tinte malinconiche in un’atmosfera percorsa da sentimenti di nostalgia, all’introiezione alimentata dai ricordi, al sentimento, squisitamente romantico, del tempo che passa. Contribuisce a questo tono l’orchestrazione, subito riconoscibile in Brahms, dalle tinte calde, pastose, morbide e scure laddove è alla combinazione degli strumenti e dunque a timbriche cangianti, l’intensificarsi o meno della espressività come anche della evidenza dei materiali musicali di volta in volta adottati. Brahms procede su due piani compositi, quello della elaborazione e quello delle sonorità, che si intersecano e fanno delle sue Sinfonie degli organismi di sublime artigianato, di sapiente costruzione di edifici sonori percorsi da mille riferimenti e connessioni, di architetture che si estrinsecano in strutture perfettamente risolte. Con sguardo rivolto all’indietro, anche nell’adozione di procedimenti compositivi antichi, si pensi all’uso sviluppatissimo in Brahms del principio della “variazione”, all’influsso dei grandi compositori fiamminghi del ‘600 e a Bach, il compositore innerva il discorso sinfonico di una luce diversa e allo stesso tempo strettamente legata al suo tempo, ovvero alla tradizione sinfonica tedesca, inserendosi con la massima autorevolezza nel cammino storico di questo genere musicale.
Tornando alla Prima Sinfonia in do minore op.68: essa si compone di quattro movimenti che rispettano lo schema classico con il movimento lento in seconda posizione. Nell’introduzione del primo tempo Un poco sostenuto. Allegro troviamo già i germi che costituiranno la materia della costruzione in forma-sonata del movimento e che conferiscono sin dall’inizio il colore scuro che pervade tutta la Sinfonia. Nell’Allegro sul quale si innesta l’introduzione, con una procedura analoga a quella impiegata da Bruckner, Brahms mette in scena tre disegni melodici di carattere contrastante giocati su energici arpeggi e sul lirismo dei legni a cui rispondono in contrappunto tutta una serie di idee secondarie di volta in volta variate. Tutto il movimento, nonostante ampie plaghe di rasserenata distensione, è animato da un’energia sottesa, da un senso di angoscia trattenuta. Nella riesposizione prima della coda ritroviamo i tre temi tra i quali prende il sopravvento quello ritmato dai timpani ascoltato all’inizio e che conduce alla conclusione. L’ Andante sostenuto, secondo movimento, porta un clima tutto diverso e opposto a quello del tempo precedente perché nel sapiente gioco degli impasti orchestrali e del dialogare dei singoli strumenti, come l’oboe e il clarinetto, si afferma un lirismo tenero e aggraziato che porta, forse sul modello della Romanza della Quarta Sinfonia di Schumann, ad un esteso assolo del violino. Con il terzo movimento Un poco allegretto grazioso veniamo a contatto con il Brahms più intimo e originale ma pur sempre assai complesso dietro l’apparente semplicità del discorso musicale. Questo incantevole idillio, dove ancora una volta il suono caldo e nostalgico del clarinetto ha il posto d’onore, porta all’interno della Sinfonia un momento di serena riflessione dopo i turgori del primo movimento e le inquietudini del secondo. Nell’ultimo movimento Adagio-Più Andante-Allegro non troppo, ma con brio ritorna il clima del primo tempo cui fa da contraltare e ideale conclusione dopo le più pacate pause dei movimenti centrali. L’Adagio di introduzione si presenta con cupa solennità per sfociare nel Più Andante in do maggiore annunciato dai corni sui tremoli degli archi e le linee lunghe dei legni fino all’apparizione di un largo corale che ricorda da vicino il tema dell’Ode alla gioia della Nona Sinfonia di Beethoven. Tutti questi materiali sono sottoposti ad un intenso lavorio combinatorio e ancora una volta quella energia sottesa, quel magmatico fermento che percorre le note, si distende in una perentoria affermazione: la Sinfonia è viva e vegeta, pare dire Brahms e non paga debiti alla storia passata, anzi vi si inserisce con autorevole affermazione.
Tanto ci era voluto per dare compimento alla Prima, tanto poco invece occorre a Brahms per creare la sua Seconda Sinfonia nata nel volgere di una estate nel 1877, quindi a poca distanza dall’avere licenziato la Prima. E tutt’altro è il carattere di questa nuova composizione. Tanto era magniloquente e scura la Prima tanto è sognante, distesa e fluida la Seconda alla quale fu subito affibbiato da un osservatore il titolo di “Pastorale”. Nulla di tutto questo era ovviamente nelle intenzioni di Brahms. Possiamo vedere in questo cambiamento di prospettive l’acquisizione da parte di Brahms di una maggiore libertà espressiva una volta risolto, con la Prima, il debito storico con la tradizione – beethoveniana – del genere. Senonché la Seconda Sinfonia in re maggiore, op.73 si presenta con una originalità di intenti sorprendenti. I quattro movimenti che la compongono sembrano uniti da un forte legame di parentela quasi che l’uno desse vita all’altro in un passaggio di consegne che nella fluidità scorrevole di tutte le idee musicali lascia all’ascolto una sensazione di leggerezza, di trasparenza, di squisita eleganza. E’ il Brahms lirico, quello che nei Lieder trovava naturale campo d’azione e che qui si distende nell’ampiezza del dettato sinfonico con estrema libertà. Se si considera che il nucleo tematico sul quale si sviluppa tutta la Sinfonia è costituito da tre note, re – do diesis – re, presentate all’inizio del primo movimento, Allegro non troppo, dai violoncelli comprendiamo anche come dietro questa semplicità e spontaneità risieda un lavoro di composizione minuto, capillare ed estremamente ricercato. Nella Seconda vediamo quindi superato lo schema espressivo di contrapposizione dei movimenti e dei loro climi espressivi, nell’altalenare dei momenti drammatici e più squisitamente meditativi, ma sulla falsariga di una serenata, di un lied, tutto sembra animato da un dinamismo creativo spontaneo e sereno, da un cantare disteso quanto discreto, dove le strutture interne rispondono più a questa esigenza che a quella di uno stretto rispetto delle regole formali. Il bellissimo Adagio non troppo – L’istesso tempo, ma grazioso, risulta una delle pagine più riuscite di Brahms. All’ampia melodia dei violoncelli in apertura rispondono i legni in un progressivo intensificarsi del discorso musicale che resta trattenuto, senza esibite effusioni.
Lo sguardo all’indietro risiede anche nel movimento conclusivo Allegretto con spirito dove la compostezza della forma classica ritrova piena affermazione non senza però essere attraversata dal consueto minuzioso lavorio, nota per nota, battuta per battuta, denso di rimandi e intrecci ma dove appare sovrana la maestria del compositore che conclude, con una trionfale fanfara affidata agli ottoni questo suo personale percorso sinfonico nella consapevolezza ormai acclarata di dominare il genere e di essersi inserito nel percorso storico con equanime tributo alla tradizione e al nuovo.

La Terza e la Quarta Sinfonia, come era successo per la Prima e la Seconda, nascono appaiate e a breve distanza di tempo l’una dall’altra. Se la Terza vide la luce nel 1883 la Quarta è terminata nell’arco di due anni (in particolare durante le estati trascorse in Stiria) tra il 1884 e il 1885.
Alcuni importanti eventi avevano cambiato il panorama della musica tedesca. Innanzitutto la morte di Wagner, avvenuta a Venezia il 13 febbraio 1883, che lasciava definitivamente Brahms sul podio quale più illustre compositore di quell’area. Un ruolo che cambia molte prospettive per Brahms divenuto ora il custode, agli occhi degli anti accademici, della tradizione. La visione unidimensionale non lasciava a costoro la possibilità di intravvedere l’enorme bagaglio di novità che si celavano nelle prime due Sinfonie e che ancora di nella Terza e nella Quarta si sarebbero attuate.
Come era avvenuto in precedenza ci fu chi si preoccupò di dare un titolo ideale alla Terza Sinfonia. Hans Richter, direttore che la portò a battesimo a Vienna il 2 dicembre 1883, la definì “Eroica”. All’analisi del brano si possono certamente cogliere quelle accensioni drammatiche, quella stessa energia propulsiva che aveva animato molte parti delle precedenti Sinfonie di Brahms, ma in realtà invece prevale un tono da leggenda nordica, tratteggiata con tinta calda dei timbri orchestrali, vi prevale un colore grigio acceso per cui risulta più calzante quanto scrisse Eduard Hanslik che individuò il carattere dominante del brano nella “autoconsapevolezza di una energia che si compiace dei fatti” e che riassume benissimo il procedere compositivo di Brahms, qui come altrove. L’improvviso inizio con tre note solennemente presentate dall’orchestra si distende, complice il movimento ritmico assai largo (in 6/4) in una elaborazione dove il motto continua a ricorrere nascosto o meno in una incessante varietà di soluzioni. Il contraltare è dato da un secondo tema lirico e il movimento tornando su quel motto iniziale si stempera dopo alcuni momenti di accensione in un pacato e sognante finale.
Nell’Andante, secondo movimento, domina ancora una volta il principio della variazione continua che conduce l’idilliaco tema iniziale in una serie di cambiamenti e trasformazioni di magistrale fattura. Il Poco allegretto, terzo movimento, è aperto da una delle invenzioni melodiche più belle scritte da Brahms affidata ai violoncelli a mezza voce e poi organizzata in uno schema A-B-A con al centro un Trio dalle movenze danzanti e certamente inaspettato così com’è incastonato dal ritorno al tema della prima sezione. Una pagina davvero indimenticabile in tutta la pur copiosa produzione brahmsiana. L’Allegro finale ci riporta ad una atmosfera innervata di slancio epico, dove abbondano le indicazioni dinamiche ed espressive come sforzando, ben marcato dove lo sbalzo espressivo alterna repentinamente momenti di acceso dinamismo a zone di calda cantabilità. Questa energia va poi pacandosi per comporsi in un dialogo a più voci che sembra voler riassumere tutte le idee espresse adagiandosi in un finale assorto e contemplativo che ripresenta la fine del primo movimento. Lo sguardo di un saggio ormai nel pieno possesso della sua arte.
Con la Quarta Sinfonia in mi minore op.98 si conclude il percorso sinfonico di Brahms. Per l’alto magistero, per la preminenza che nei paesi di lingua tedesca la sua figura di compositore aveva raggiunto, lo immaginiamo come un uomo alla conclusione della sua esistenza: ma Brahms ha appena cinquantadue anni. Ed è da questa sua posizione e dalla consapevolezza storica del percorso sin lì intrapreso, che nasce questo capolavoro, singolare. La Quarta infatti presenta i caratteri di una ricerca intima e personale che poggia su una chiara e profonda visione della storia musicale e in particolare della Sinfonia e naturalmente su una sapienza artistica, creativa e compositiva che non conosce ostacoli. Una straordinaria vivacità creativa, il cimentarsi con il metodo compositivo, con le forme, con una gamma di espedienti strutturali si realizza attraverso una palesata semplicità di superficie che culmina nella abbacinante maestria che informa il Finale basato sulla variazione (sono 32 in tutto) di un tema di Ciaccona, danza antica e eternata da Bach (e non solo) nella Partita in re per violino solo. In questo finale il tema deriva proprio da Bach e dalla sua Cantata BWV 150. Ritorna piena e rigorosa la forma classica anche nei movimenti centrali. Il timbro orchestrale conosce nuovi suoni dati dall’immissione in organico del tintinnante triangolo. La scrittura stessa sembra sospinta in avanti provocando, con straordinario effetto espressivo, la compenetrazione dei diversi spunti tematici, quasi uno sorgesse sulle note del precedente. L’orchestra conosce colori inusitati per trasparenza e lievità. La lezione di questa straordinaria composizione, il suo lascito storico risiedono nella combinazione di istanze creative disparate, nella combinazione di elementi espressivi diversissimi, e come si è detto, nel governare il gesto creativo, del comporre, con superlativa sapienza. Si è parlato di plurilinguismo, ed è cosa giusta, ma ciò che la Quarta Sinfonia rappresenta è il lascito geniale di un compositore che seppe compendiare in questo suo ultimo sforzo tutto un mondo musicale rivissuto nella prospettiva storica e rigenerato attraverso un dominio sovrano della materia e del suo impiego in senso creativo.

 

Teatro di San Carlo
giovedì 23 giugno 2022, ore 20:00
FABIO LUISI

Direttore | Fabio Luisi

Programma
Johannes Brahms, Sinfonia n. 1 in do minore, op. 68
Sinfonia n. 2 in re maggiore, op. 73

Orchestra del Teatro di San Carlo

**
Teatro di San Carlo
sabato 25 giugno 2022, ore 18:00
FABIO LUISI

Direttore | Fabio Luisi

Programma
Johannes Brahms, Sinfonia n. 3 in fa maggiore, Op.90
Sinfonia n. 4 in mi minore, Op. 98

Orchestra del Teatro di San Carlo

 

Rossana Russo,
Responsabile della comunicazione creativa e strategica e relazioni con la Stampa
r.russo@teatrosancarlo.it

Giulia Romito, Comunicazione e Stampa

g.romito@teatrosancarlo.it 0817972301

Direttore | Fabio Luisi – Orchestra e Coro del Teatro di San Carlo
Soprano | Quiteria Muñoz Inglada, Contralto | Patricia Bardon, Maestro del Coro | Marco Faelli
Gustav Mahler, Sinfonia n. 2 in do minore «Resurrezione» per soprano e contralto, coro e orchestra 
Teatro di San Carlo
Sabato 21 Novembre 2015 ore 20.30 (Turno S)
Domenica 22 Novembre 2015 ore 18.00 (Turno P) / (Turno M Sinfonica)

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