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Comunicato Stampa

Per la Stagione di Musica da Camera

un Quintetto per archi di Franz Schubert

Domenica 26 novembre ore 18

Giunge a conclusione domenica 26 novembre 2023 alle ore 18 la Stagione da Camera 22/23 del Teatro di San Carlo, con protagonisti i professori d’Orchestra del Massimo napoletano.

La formazione composta da Salvatore Lombardo e Giuseppe Navelli (violino), Luca Improta (viola), Lorenzo Ceriani e Leone Calza (violoncello) eseguirà il Quintetto in do maggiore per archi, op. 163, D. 956 di Franz Schubert.

Gli appuntamenti con la Musica da Camera riprenderanno il prossimo 7 gennaio con la Stagione 23/24.

GUIDA ALL’ASCOLTO

A cura di Dinko Fabris

Il Quintetto per archi, classificato D. 956 nel Catalogo Deutsch, composto a fine estate del 1828, è una delle ultime composizioni di Franz Schubert, che sarebbe morto pochi mesi dopo, nel novembre 1828, a soli 31 anni. La sua creazione avvenne sulla scia della Sinfonia n. 9 “La grande”, composta nello stesso periodo e nella stessa tonalità di do maggiore. È probabile che Schubert non abbia mai ascoltato alcuna esecuzione di questo Quintetto, di cui non sopravvive l’autografo, per cui non è certa neppure la data di completamento. Riscoperto, come gran parte dell’opera da camera e sinfonica schubertiana, dopo la morte del compositore, ebbe la sua prima esecuzione soltanto nel 1850 al Musikverein di Vienna e fu poi stampato qualche anno più tardi. La prima caratteristica che rende molto particolare questo Quintetto è la presenza di un secondo violoncello insieme al quartetto. Questa scelta di due strumenti gravi equivalenti ha fatto molto discutere gli studiosi, soprattutto perché era davvero inedita per l’epoca. L’opinione più diffusa è che l’autore volesse dividere le sonorità basse in uno strumento di appoggio armonico ed uno impegnato come solista. Ma certamente l’effetto creato dalle sezioni in cui si realizza la sovrapposizione delle due parti è di maestosa potenza, mentre in altre riluce la maestria del gioco contrappuntistico tra i due strumenti e gli altri archi, tutti impegnati ad un livello tecnico alto come i precedenti quartetti composti tra il 1824 e il 1826. Un altro elemento che colpisce nel Quintetto è la dilatazione della struttura formale, davvero monumentale, con una durata che occupa l’intero spazio di un concerto (come appunto era avvenuto per la Sinfonia“La grande”). Il primo movimento, Allegro ma non troppo, sembra stentare ad avviarsi dopo l’accordo iniziale ripetuto di do maggiore: il primo tema si dipana lentamente e in maniera frammentata con la partecipazione di un solo violoncello. Il secondo tema, in mi bemolle, è al contrario molto deciso, cantato con dolcezza dai due violoncelli insieme, in contrappunto. Nello sviluppo, i due temi si intrecciano con un uso denso della scrittura a cinque parti e con frequenti scambi fino alla ripresa, che ciclicamente ripropone il secondo tema e infine gli accordi iniziali, prima di una coda in cui ancora il secondo tema è protagonista. L’Adagio, in mi maggiore, è scritto in 12/8 con una semplicità di concezione incantevole: l’insieme si divide in un trio (violino, viola e primo violoncello) che canta un motivo elegiaco, contrapposto al secondo violino e al secondo violoncello pizzicato, in una sorta di contrappunto ritmico tra i due gruppi. A metà dell’Adagio si ha un inatteso passaggio alla tonalità minore di fa, per poi tornare alla situazione iniziale di mi col tema elegiaco, fino ad una breve coda in pianissimo. Il Presto, in do maggiore, è in realtà uno Scherzo, con il Trio centrale contrastante in re bemolle maggiore. Per le dimensioni e le sonorità è stato giudicato un vero movimento da orchestra sinfonica, con continue modulazioni che rendono incerto e per questo più interessante sia il percorso armonico che l’esito della ricerca timbrica e ritmica di questa sezione. L’Allegretto finale, in do maggiore e nel ritmo di 2/2, esibisce un primo tema, incisivo, che è stato definito “alla zigana”, mentre il secondo tema, contrastante, è tenero e sereno. Più avanti, i due violoncelli insieme ricevono un ulteriore tema, che si collega al primo tempo del Quintetto. Questo finale riunisce i caratteri del Rondò e della forma sonata, ma in sostanza riafferma un omaggio alla classicità del passato che evidentemente in quegli ultimi mesi di vita costituiva per Schubert fonte di sicurezza, oppure soltanto di nostalgia. Se davvero quest’ultima composizione cameristica assume per noi il significato di un testamento intimo del compositore, in quanto sintesi delle sue predilezioni e capacità compositive, la sua conclusione classica e serena sembra una risposta consapevole al dramma esistenziale che Schubert stava provando nel suo ultimo, laborioso e terribile, anno di vita.

Teatro di San Carlo
domenica 26 novembre 2023, ore 18:00

FRANZ SCHUBERT

Violino I | Salvatore Lombardo ♮♮

Violino II | Giuseppe Navelli ♮♮

Viola | Luca Improta ♮♮

Violoncello I| Lorenzo Ceriani ♮♮

Violoncello II | Leone Calza ♮♮

♮♮ Professori d’Orchestra del Teatro di San Carlo

 Programma

Franz Schubert, Quintetto per archi in Do maggiore, op. 163, D. 956

Rossana Russo,

Responsabile della comunicazione creativa e strategica e relazioni con la Stampa

r.russo@teatrosancarlo.it

cell 3357431980

Giulia Romito,

Comunicazione e Stampa

g.romito@teatrosancarlo.it 0817972301

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