Riccardo Zanellato: la fiaba del basso lirico che da militare diventa cantante d’opera
di Serena Amato
Si può raccontare la storia di un basso come una fiaba? Certamente si, se si parla della vicenda musicale del Maestro Zanellato. Riccardo Zanellato non è il classico eroe figlio di discendenti musicisti, avviato alla carriera operistica perché le sue generazioni glielo impongono. Zanellato non nasce basso, anzi non nasce cantante, non ama particolarmente la lirica, sebbene abbia dei contatti con la musica sin da giovanissimo, poiché intraprende gli studi di chitarra: un percorso che dovrà interrompere a causa del servizio di leva e che completerà, ottenendo il diploma, solo dopo la fine dell’anno militare. Inoltre Riccardo è sempre stato accarezzato dalla musica, una sorta di preavviso, dal momento che sua nonna, da piccolo, gli cantava le ninna nanna e lui era cosi entusiasta che anziché addormentarsi, continuava ad ascoltare con empatia. E’ un nuovo protagonista a se stante, lontano dalle imprese vocali e dal mondo del teatro lirico. La sua fiaba nel mondo operistico trova il suo principio in una realtà assai lontana dalla musica: tutto prende forma con un “c’era una volta”, durante il servizio militare, un soldato di nome Riccardo che viene scelto per il corpo degli alpini e la cui destinazione è fuciliere assaltatore a Parvisio. Ma, proprio nel fosco di una situazione cosi difficile e lontana dalle luci dei palchi d’opera, si mette in moto la macchina del destino del giovane ed inconsapevole cantante. Tra armi, polvere da sparo, levatacce, ordini e gradi militari e soprattutto dalla non passione per la lirica, Zanellato non avrebbe mai pensato che, scalando le montagne della fatica, avrebbe potuto trovare in vetta la bellezza dell’arte lirica. Ogni emozione ed ogni passo verso il mondo dell’opera, gli sembra sempre più sconvolgente e incredibile, come un soffice vento che dolcemente lo sospinge nelle braccia delicate della musica: Stava nascendo un fiore profumato tra la rudezza delle armi. La fortuna vuole che il coro degli alpini utilizzasse i militari in addestramento per creare un coro di rappresentanza. Riccardo fa l’audizione e viene scelto come basso, tra gli entusiasmi generali. Il destino a ventuno anni inizia a palesarsi al giovane soldato. Dopo il servizio di leva, su consigli insistenti di molti, il nostro giovane Riccardo inizia a studiare canto, avendo avuto una illuminazione, la sensazione di aprire una porta sempre rimasta chiusa, una porta che mai avrebbe pensato di aprire perché non riteneva di possederne la chiave. Sembra un percorso cosi naturale, quasi come se, ad ogni passo, sentisse pulsare i battiti del destino, lineare come un percorso predestinato. Cosi, Riccardo sveste le vesti militari e mette la giubba del cantante, pur incredulo, inizia a percorrere il suo cammino, con la costante sensazione di essere spinto da una forza superiore che lo guida, che lo ha preso per mano per portarlo con se verso un mondo nuovo, sipario di bellezza e melodioso dire.
La conferma di questo cammino gli viene data da un evento particolare, l’incontro col Maestro Arrigo Pola di Modena, insegnante, tra gli altri, di Pavarotti. Un amico gli suggerisce di farsi dare consigli da questo prestigioso docente, che non praticava più lezioni, ma che sicuramente lo avrebbe aiutato ad orientarsi e quindi ad intraprendere la strada del canto lirico. All’incontro con Pola, Zanellato si presenta in tutta la sua semplicità, esplicitando all’esimio maestro la sua volontà di cantare. Il Maestro si offre per fargli lezione. Riccardo coglie il suo carpe diem che lo porterà a formare la sua base per i futuri successi. Ancora una volta, l’impossibile diventa possibile e Riccardo ha ormai chiara una cosa: quella è la sua strada, diventerà basso ed inizia a crederci davvero. Dopo un anno e mezzo Riccardo fa il suo primo concerto in parrocchia e dopo un ulteriore anno, nel 1994, ha il suo primo ruolo ufficiale a teatro, il Conte di Ceprano nell’opera di Verdi il Rigoletto. Da li si innesca una reazione a catena, dopo Rigoletto, ancora altre scritture in Boheme di Puccini e poi Turandot sempre di Puccini. Altro maestro molto importante è stato Bonaldo Giaiotti, che, non solo è stato insegnante di canto per Riccardo, con il quale il nostro basso ha delineato e definito meglio la voce, ma anche di vita. Nel 2001, il maestro Giaiotti ha sostenuto Riccardo per l’esordio a Busseto nel ruolo di Zaccaria del Nabucco di Verdi. Ogni volta che un contrattempo ha cercato di ostacolarlo, Riccardo ha sempre avuto un contro motivo che lo ha spinto a proseguire, una folgorante occasione che lo ha risistemato sulla sua via. Una favola moderna di un ragazzo semplice che aspira a diventare cantante d’opera. Sempre inseguito da quello che a sua detta considera un supporto spirituale e magico, ha una ulteriore conferma di essere sulla buona strada: preso dalle circostanze della vita, pensa di lasciar stare i grandi impegni e di fare audizioni per stabilizzarsi in un coro con contratto fisso; ma anche in
quel caso, la dea della musica lo prende per mano ed egoisticamente immette Riccardo, definitivamente, nel mondo dell’opera, difatti, il nostro basso ottiene un importante contratto che lo
consacra sulla scena del teatro lirico.
Riccardo ha un potere magico, come ogni protagonista di una fiaba che si rispetti, è quello di essere autocritico e sapere quali sono i propri limiti e le proprie potenzialità, conosce bene le sue forze, conosce bene le sue debolezze, riesce a crearsi una armonia interiore che gli permette di brillare in maniera abbagliante sul palco. La consapevolezza di se e di ciò che si può o non può fare, gli permette di studiare bene ciò in cui è ferrato e quindi di trasmetterlo al pubblico con un tocco di magia, classe ed eleganza in più. Niente e nessuno può fermare tanta forza. Ma, una ulteriore arma segreta di Riccardo risiede anche nella sua formazione di vita: un uomo non è solo ciò che appare nella sua arte, ma soprattutto ciò che è nell’aver vissuto la sua vita al di fuori dei palchi. Costanza, tenacia e semplicità le tre compagne di viaggio di Riccardo, il ragazzo che scala la vetta del mondo lirico, partendo dal basso per diventare basso: ha lavorato duramente anche facendo i cosiddetti lavori umili, di cui parla come parte fondamentale della sua formazione umana, ha visto e vissuto il popolo, conosce le sfumature dei pensieri, la fatica del divenire, le parole, sa perfettamente la rete fitta che si cela dietro un sacrificio, una fatica, ha percorso ogni gradino dell’esperienza prima di essere un nome importante e di far parte delle stelle dell’opera lirica italiana ed internazionale. La sua grandezza, oltre alla fama in qualità di basso, risiede, certamente, anche nella sua gavetta, che lo ha portato a formare i suoi sensi e il suo pensiero in tutto e per tutto, facendogli acquisire conoscenza del quotidiano e degli studi in maniera cosi semplice come complessa, il che lo rende personaggio affascinante del panorama belcantistico e umano. Di sicuro, se volessimo usare la metafora dell’arco e della freccia, senza dubbio la freccia è la sua voce che scaglia con semplicità nei cuori del suo numeroso pubblico, con cui ha un meraviglioso rapporto; l’arco è la sua forma mentis e la sua formazione spirituale, solida e ben levigata, che lo rende paladino e guerriero sul palco come nella vita. Il suo nome diviene garanzia di qualità e prestigio, la sua presenza sui palchi nostrani ed internazionali è ormai una costante: Rigoletto, Mosè in Egitto, Boheme, Anna Bolena, Machbeth, Simon Boccanegra, il Barbiere di Siviglia Norma, Nabucco, La forza del destino, Aida, Lucia di Lammermoor, i Puritani, Don Carlo di Verdi. Per quest’ultimo afferma che il suo ruolo di Re Filippo II, ancora senza debutto in Italia come all’estero, è uno dei suoi preferiti per vocalità, musica e coinvolgimento emotivo. Tutti grandi successi come anche grande performance è stato il Requiem di Verdi al San Carlo di Napoli, diretto dal Maestro Riccardo Muti. Con quest’ultimo c’è un rapporto speciale di stima, empatia ed ammirazione a tal punto che Muti lo ha scelto per la sua lezione sul Simon Boccanegra di Verdi all’università La Sapienza di Roma, in cui Riccardo ha intonato l’aria “Il lacerato spirito”. Una esperienza che Riccardo ricorda sempre con emozione e fierezza. Grande interprete dell’aria “Cinta di fiori” tratta dai Puritani di Bellini, in cui con la sua voce riesce a esprimere tutta l’angoscia del personaggio per sua nipote sofferente a causa dell’amore. Riccardo ha un grande dono, riesce a gestire una voce potente e profonda a seconda dei sentimenti repentini che mutano in un medesimo personaggio. Sa essere non solo profondo e solenne, ma anche frizzante e divertente come nella sua interpretazione de “La calunnia è un venticello” aria tratta dal Barbiere di Siviglia di Rossini, un altro grande successo che lo rende un punto di riferimento nel suo registro vocale, riconosciuto ormai a livello internazionale. Tra le svariate collaborazioni, vanta anche quella con Placido Domingo.
Di Verdi, il suo compositore preferito, dice che da la possibilità di esprimere lo scibile umano: Verdi ha una mano collegata col cielo, con il Padre Eterno e con l’altra, contemporaneamente, è attaccato al terreno”, racconta Zanellato, “lui ha questo collegamento tra la parte tangibile della vita quotidiana e la parte eterea dello spirito. Verdi ha la capacità di esprimere questo dualismo in maniera unica, soprattutto nel Requiem è molto palese la sua spiritualità terrena”. Tutto è loquace in Verdi.
Il successo non ha cambiato il ragazzo che partito militare, trovò la chiave per aprire la porta del suo destino, anzi il Maestro Zanellato sottolinea sempre che, ovviamente, le sue esperienze di vita sono accresciute e lui stesso si sente cambiato, ma quello che ha non ha modificato il Riccardo che era che è e che sempre sarà, le sue radici, la sua vita prima del successo e della notorietà non hanno trasformato la sua morale, il suo modo d’essere e i suoi sentimenti. Esperienze di vita che si sono rafforzate con l’arrivo di due splendidi figli che ama e segue con amore, affetto e costanza e di una nuova amorevole compagna che lo sostiene con passione.
Il maestro Zanellato è un gioiello tutto italiano donato dal destino al mondo della musica.
Serena Amato, nata a Napoli trenta anni fa, ha una laurea triennale in Conservazione
Dei beni culturali DemoEtnoAntropologici del Mediterraneo conseguita con 110 e lode
e menzione accademica della commissione esaminatrice unanime e una laurea specialistica
in Scienze dello spettacolo e della produzione Multimediale reportage socio-antropologico anch’essa conseguita con la votazione 110 e lode. Ha partecipato alla stesura de “Il libro delle superstizioni” del Prof. M. Niola. e della Prof.ssa E. Moro. Ha collaborato presso la Cattedra universitaria di Antropologia ed Etnologia.