Carlo Di Stanislao
«Non c’è grande arte senza verità e senza cuore.»
— Albert Camus
In un panorama letterario spesso dominato da grandi nomi come Italo Calvino, Primo Levi o Cesare Pavese, è facile dimenticare figure che hanno inciso in modo profondo ma silenzioso nella cultura italiana del Novecento. Tra questi, Carlo Cassola rappresenta uno dei casi più emblematici. Scrittore schivo, lontano dai clamori della critica militante, Cassola è stato un narratore autentico dell’Italia semplice, delle persone comuni e delle inquietudini interiori. Riscoprirlo oggi significa tornare a leggere con occhi nuovi le radici del nostro Paese.
Il narratore dell’“ordinario”
Cassola ha saputo dare voce a quella parte d’Italia che raramente conquista le prime pagine: la provincia toscana, i giovani disillusi, le donne che vivono vite apparentemente anonime ma cariche di profondità emotiva. Opere come La ragazza di Bube (Premio Strega 1960) o Il taglio del bosco parlano sottovoce, ma lasciano un’eco duratura. Nei suoi romanzi non troveremo artifici narrativi o spettacolarità stilistica: la sua scrittura è lineare, pacata, quasi dimessa. Ma è proprio in questa sobrietà che risiede la sua forza.
Un autore civile, fuori dal tempo
Cassola fu anche un intellettuale profondamente impegnato sul piano civile. Pacifista convinto, ambientalista ante litteram, non ha mai temuto di prendere posizioni scomode. Negli anni Settanta, il suo attivismo contro la minaccia nucleare e la corsa agli armamenti lo portò a scrivere pamphlet politici e a promuovere un nuovo umanesimo, centrato sulla tutela della vita e della natura. Un messaggio che oggi, alla luce delle sfide globali, suona profetico. Parlava di disarmo, di rispetto per l’ambiente, di sobrietà: parole che oggi ritornano con forza, in un’epoca che ha smarrito il senso del limite.
L’attualità di Fra donne sole
Uno dei testi meno celebrati ma tra i più intensi di Cassola è Fra donne sole, una raccolta che indaga con delicatezza e profondità il mondo femminile, i suoi silenzi, i suoi piccoli eroismi quotidiani. Cassola non idealizza le sue protagoniste, ma le osserva con empatia. Le accompagna nella loro solitudine, nelle loro frustrazioni, nei sogni appena sussurrati. In tempi in cui si parla molto di “female gaze” e di narrazione al femminile, questo libro appare straordinariamente attuale.
Le donne cassoliane non cercano gesti eclatanti: vogliono essere viste, comprese, lasciate vivere. In un mondo iperconnesso e sovraesposto, Fra donne sole è un inno alla dignità del quotidiano, alla forza silenziosa di chi non urla. È un libro che ci invita a prestare attenzione a chi non è al centro della scena ma ne costituisce l’ossatura invisibile.
Una sceneggiatura possibile: Fra donne sole, il film
Immaginiamo Fra donne sole trasformato in un film corale, delicato, immerso nel paesaggio toscano. Non un kolossal, ma un’opera intimista diretta da registe come Alice Rohrwacher, Emma Dante o Laura Bispuri. Il film si strutturerebbe in tre episodi ambientati in epoche diverse — anni ’50, anni ’80 e oggi — legati da un oggetto simbolico e da un tema comune: la solitudine femminile vissuta come ricerca di senso, non come condanna.
Episodio 1: Teresa (anni ’50)
Vedova di guerra, Teresa vive in Maremma con la suocera, divisa tra il lutto e il bisogno taciuto di ricominciare. Un giovane ferroviere tenta un avvicinamento, ma lei è paralizzata dal dovere morale e dalla pressione sociale. Il dolore è ancora vivo, ma forse non eterno.
Attrice ideale: Alba Rohrwacher
Episodio 2: Mirella (anni ’80)
Mirella è incinta, abbandonata dal compagno. Vive in una casa in affitto, lavora in biblioteca. Combatte in silenzio per la propria autonomia. La maternità è una scelta consapevole, dolorosa, solitaria.
Attrice ideale: Jasmine Trinca
Episodio 3: Chiara (oggi)
Chiara ha 45 anni, figli grandi e un marito assente. Trova in soffitta un vecchio diario: è di Teresa. Inizia un dialogo muto tra donne distanti nel tempo ma unite da un’identica domanda di senso.
Attrice ideale: Linda Caridi
Le storie si alternano con rime visive e pochi dialoghi. Il filo conduttore è un piccolo oggetto — un ciondolo con una conchiglia — che attraversa i decenni, simbolo di continuità tra le vite invisibili delle donne.
Il finale
Nel finale, Chiara incontra Mirella, ormai anziana. Le due non si conoscono, ma condividono un momento semplice: parlano di un libro di Cassola. In parallelo, vediamo Teresa che finalmente si allontana dalla sua casa, camminando nei campi, senza più il velo da vedova. Tutte e tre, pur nel dolore, hanno scelto la vita.
Il film si chiude con il ciondolo che viene seppellito nella terra. Non come fine, ma come seme.
Conclusione
Cassola non è uno scrittore da musealizzare. È uno scrittore da riaprire, da ascoltare. Fra donne sole, in particolare, oggi parla più che mai. La sua dolcezza priva di sentimentalismo, la sua compassione senza retorica, la sua attenzione per l’umano minore sono ciò di cui abbiamo bisogno. In un tempo in cui tutto grida, Cassola ci ricorda che il sussurro può essere più potente di un urlo.
Carlo Cassola non è uno scrittore dimenticato. È uno scrittore che aspetta il nostro presente.