| Carlo Di Stanislao |
«Il mondo non sarà distrutto da quelli che fanno il male, ma da quelli che li guardano senza fare nulla.» — Albert Einsteini
Viviamo in un’epoca in cui la parola guerra è tornata a occupare le prime pagine con una naturalezza inquietante. E non si tratta soltanto di conflitti regionali o di tensioni diplomatiche: quello che sta emergendo è il ritorno di una logica da “Consiglio di guerra”, una mentalità che trasforma la politica estera in un tavolo permanente di emergenza, in cui si ragiona non più soltanto in termini di deterrenza, ma — ed è questo il punto che dovrebbe allarmare tutti — in termini di possibile uso della forza estrema.
È in questo clima che le parole del Presidente Mattarella, i suoi richiami alla prudenza e alla responsabilità, appaiono non solo opportune ma urgentissime.
Perché è vero: in giro ci sono fin troppi “Dottor Stranamore”, figure che sembrano uscire direttamente dal film di Kubrick — individui che parlano di bombe atomiche con leggerezza, come se la distruzione totale fosse un’ipotesi astratta, un’esagerazione retorica, invece che la fine irreversibile della civiltà.
Consigli di guerra: quando la politica smette di ragionare
Negli ultimi anni, nei centri decisionali delle grandi potenze, è riemerso un linguaggio che sembrava sepolto sotto le macerie della Guerra Fredda. Si parla di escalation, di “risposte proporzionate”, di armi tattiche, di soglie nucleari.
E ciò che inquieta non è tanto la necessità di analizzare scenari militari — questo fa parte della geopolitica — ma la crescente frequenza con cui tali scenari entrano nel discorso pubblico come se fossero normali.
Un tempo, il Consiglio di guerra era un organismo eccezionale, convocato solo nelle situazioni più drammatiche.
Oggi sembra quasi una struttura permanente, un luogo mentale prima ancora che istituzionale, dove alcuni leader si comportano più da generali che da politici.
La vera minaccia non è che si discuta di difesa: la minaccia è che si perda il senso della proporzione, che si parli di conflitti globali come se fossero partite a scacchi, dimenticando che la posta in gioco non sono territori, ma milioni di vite umane.
Il rischio atomico: una realtà che molti faticano ad ammettere
Dopo decenni in cui le armi nucleari sembravano un repertorio del passato, oggi tornano nei discorsi ufficiali.
E vengono nominate — talvolta persino evocate — non come deterrente, ma come possibilità.
È qui che ritorna il fantasma del Dottor Stranamore: il personaggio kubrickiano incapace di contenere il proprio impulso autodistruttivo, simbolo del potere tecnocratico e irresponsabile che gioca con il mondo come fosse un modellino.
Oggi quel fantasma non ha un volto unico: è disseminato in vari leader, ideologi, strateghi improvvisati, analisti che trattano il tema nucleare come un’ipotesi tattica invece che come un abisso.
La minaccia atomica non nasce dal numero di testate nel mondo — pur enorme — ma dal clima: un clima di ostilità crescente, di sfiducia globale, di “muscoli diplomatici” esibiti senza pensare alle conseguenze.
L’Italia di fronte al rischio globale
In questo scenario, l’Italia si trova costretta a ragionare non soltanto sulla propria sicurezza nazionale, ma anche sul ruolo che può e deve giocare nel tentativo di calmare un pianeta sempre più agitato.
La riunione prevista per questa sera — un confronto strategico, un tavolo di lavoro, un momento di analisi — non è soltanto un atto dovuto: è la testimonianza che il Paese sente la pressione della storia e non può permettersi leggerezze.
È fondamentale sottolinearlo: non serve un Consiglio di guerra italiano.
Serve la capacità di contribuire alla pace, alla stabilità, alla diplomazia.
Serve lucidità, non retorica.
Serve responsabilità, non spettacolo.
Ed è proprio per questo che il richiamo alla prudenza di Mattarella risulta così essenziale: perché invita a ricordare che ogni decisione, anche la più piccola, avviene oggi in un contesto globale potenzialmente esplosivo.
Quando il mondo torna a giocare con il fuoco
Le testate nucleari oggi non sono meno devastanti di quelle di Hiroshima e Nagasaki: sono molto più potenti. E i sistemi di risposta automatica, le catene di comando digitalizzate, la moltiplicazione degli attori geopolitici rendono il rischio di errore, di malinteso, di incidente più concreto di quanto molti vogliano ammettere.
Il vero pericolo non è una volontà esplicita di distruzione, ma l’imprevedibilità:
- un calcolo sbagliato;
- un’intelligence errata;
- una provocazione mal interpretata;
- la tentazione di “mostrare i muscoli” per ottenere un vantaggio politico interno.
È sufficiente uno di questi elementi perché il mondo entri in una spirale di escalation difficilmente reversibile.
Ecco perché, oggi più che mai, occorrono figure sobrie, capaci di tenere la barra dritta e di rifiutare la seduzione dell’adrenalina geopolitica.
Mattarella e l’antidoto al delirio: la responsabilità
In un tempo in cui molti si comportano come Stranamore aggiornati all’era digitale — pronti a twittare minacce, a lanciare accuse, a usare toni incendiari — la figura di Mattarella rappresenta un contrappeso prezioso:
un invito alla calma, al ragionamento, alla responsabilità collettiva.
Il Presidente non parla mai di guerra se non per ricordare i doveri della pace.
Non usa mai il linguaggio dell’isteria, né quello della propaganda.
Non cede alla seduzione del “noi contro loro”.
Ed è proprio questa sobrietà che oggi diventa rivoluzionaria.
Conclusione: evitare il baratro, ritrovare maturità
Il mondo sta vivendo una delle sue fasi più instabili dalla fine della Guerra Fredda. Parlare di rischio atomico non è catastrofismo: è realismo.
Ma affrontarlo significa rifiutare la tentazione del panico e delle semplificazioni.
Significa riportare la politica alla sua funzione originaria: evitare i conflitti, non alimentarli.
Ecco perché, in mezzo alla confusione, ai proclami, ai nuovi “Consigli di guerra” che sbucano sotto forma di riunioni globali e tensioni diplomatiche, le parole del Presidente suonano come un monito e una guida:
responsabilità, prudenza, razionalità.
Tre virtù che, oggi più che mai, possono diventare il nostro unico vero scudo contro i Dottor Stranamore che affollano il mondo.
E contro il baratro che, se non stiamo attenti, potrebbe aprirsi davvero.
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