L’AQUILA, PER DUE GIORNI CAPITALE DEL JAZZ, AMMIRA IL RINATO PALAZZO ARDINGHELLI
La presentazione del restauro e le visite guidate nel gioiello settecentesco che diventa museo MAXXI
di Goffredo Palmerini
L’AQUILA – Per due giorni, il 5 e 6 settembre, L’Aquila è tornata ad essere capitale del jazz italiano. Due intense giornate di concerti, con quasi 200 musicisti impegnati a suonare in suggestivi contesti architettonici del centro storico della città, che sta rinascendo man mano dalle ferite inferte dal terremoto del 2009. Un grande evento musicale e culturale ne progetto “Il Jazz italiano per le terre del sisma”, ideato e promosso per L’Aquila da Paolo Fresu, che lo ha diretto per cinque anni dalla prima edizione nel 2015, esteso due anni dopo anche agli altri centri colpiti dal sisma del 2016, con il fine di sensibilizzare e rafforzare l’impegno alla ricostruzione nelle terre del cratere sismico delle quattro regioni coinvolte – Abruzzo, Lazio, Marche e Umbria – grazie al coinvolgimento organizzativo della Federazione Nazionale “Il Jazz Italiano”. Quest’anno il testimone lasciato da Paolo Fresu è stato raccolto da tre nuovi direttori artistici, che hanno coordinato il programma e condotto il festival: Ada Montellanico (cantante, musicista e presidente dell’Associazione “Il Jazz va a Scuola”), Simone Graziano (musicista e presidente dell’Associazione Musicisti Italiani di Jazz) e Luciano Linzi (direttore artistico della Casa del Jazz e del Festival JAZZMI). La magnifica kermesse musicale, con il coordinamento operativo dell’Associazione I-Jazz, insieme al Ministero per i Beni e le Attività culturali e per il Turismo (Mibact), al Comune dell’Aquila-Progetto Restart, al main sponsor Società Italiana degli Autori ed Editori (SIAE), a Nuovo IMAIE e ai numerosi partner tecnici coinvolti, inclusa Radio1 Rai media partner della rassegna.
I concerti – in Piazza Duomo, Parco del Castello, Piazza Palazzo, Piazza Chiarino, Piazza Santa Maria Paganica, Piazza Santa Margherita, Fronte Casa dello Studente, Fontana delle 99 Cannelle, Aula Magna del Dipartimento di Scienze Umane – si sono svolti tutti nel rigoroso rispetto delle norme anti Covid. Come si diceva, quasi duecento sono stati i musicisti impegnati nella rassegna – tra i quali Enrico Intra, Antonello Salis, Simone Zanchini, Stefano Cocco Cantini, Silvia Bolognesi, Ares Tavolazzi, Roberto Ottaviano, Pietro Tonolo, Mauro Ottolini, Fabrizio Bosso, Giovanni Guidi, Marco Colonna, Marcella Carboni, Dario Cecchini, Susanna Stivali, Naomi Berril – con un programma che ha riservato forte attenzione alle nuove generazioni e “al femminile”. Giulio Rapetti, presidente della SIAE e in arte l’insigne Mogol, ha dichiarato: “SIAE sostiene come main sponsor “Il jazz italiano per L’Aquila” sin dalla nascita di questo meraviglioso evento, nel 2015. Quest’anno aggiungiamo un importante tassello, per guardare al futuro con una certezza in più e con ottimismo: sottoscrivendo il protocollo d’intesa con il Comune dell’Aquila, la Società Italiana degli Autori ed Editori ha voluto dare un ulteriore segnale concreto di vicinanza a una città che è stata profondamente colpita dal terremoto e che con grande sacrificio e perseveranza sta ricostruendo il suo tessuto vitale. In questo percorso di rinascita la musica ha sempre avuto un ruolo di primo piano. Per confermare il supporto, in un anno così difficile come quello che stiamo tutti vivendo, a un progetto che riesce a coniugare musica e solidarietà, SIAE ha deciso di destinare 300.000 euro al finanziamento delle prossime edizioni della manifestazione. In base ai dati SIAE relativi al 2019 – ha concluso Mogol –, il jazz vede incrementi superiori al 4% degli indicatori economici, attinenti alla spesa al botteghino e alla spesa del pubblico, mentre gli ingressi hanno fatto registrare una crescita di oltre 5 punti percentuali. L’augurio è proprio che il legame che si è creato tra il jazz e la città dell’Aquila si rafforzi e che questo genere musicale possa rappresentare sempre più una determinante opportunità artistica per il patrimonio culturale italiano”.
Notevole, come sempre, il successo riservato alla rassegna jazz aquilana, significativi gli apprezzamenti per l’organizzazione impeccabile, per la qualità musicale, ma anche riguardo le misure di sicurezza e distanziamento adottate contro la pandemia. E tuttavia la star indiscussa nei due giorni di eventi nella città capoluogo d’Abruzzo è stata una perla dell’architettura settecentesca aquilana, Palazzo Ardinghelli, inaugurato nella mattinata di sabato 5 settembre ed eccezionalmente aperto alle visite. Nei due giorni di sabato e domenica ben oltre 600 le visite guidate dagli studenti dell’Accademia di Belle Arti dell’Aquila, che hanno permesso a gruppi di visitatori, locali e d’ogni parte d’Italia, d’ammirare il restauro dello stupendo palazzo barocco che, tra un paio di mesi, aprirà come sede museale MAXXI L’AQUILA.
Dunque sabato 5 settembre è stata un’altra data storica nella rinascita dell’Aquila. Un palazzo straordinario è stato restituito alla comunità aquilana e non solo. Un pezzo di storia della città torna a vivere e ad interagire con il territorio. Un gioiello del barocco aquilano che rinasce dopo un attento restauro e diventa polo della creatività contemporanea e laboratorio di futuro. Un esempio ammirevole di collaborazione internazionale e tra le istituzioni. Un contributo alla ricostruzione della città dopo il terremoto del 2009, all’insegna della cultura. Tutto questo è MAXXI L’AQUILA, progetto che ha visto il Ministero per i Beni Culturali e il Turismo e la Fondazione MAXXI – di concerto con il Comune dell’Aquila, la Regione Abruzzo e le istituzioni del territorio tra cui l’Università, il Gran Sasso Science Institute, l’Accademia di Belle Arti, l’Istituzione Sinfonica Abruzzese, il Teatro Stabile ed altre ancora – impegnati insieme per un grande obiettivo. Quello di contribuire al rilancio del territorio ferito dal sisma attraverso la cultura, recuperando con un sapiente restauro Palazzo Ardinghelli, il magnifico palazzo settecentesco devastato dal terremoto, restituendolo alla suggestiva bellezza barocca dei suoi spazi luminosi, multiformi e avvolgenti, e offrendolo alla comunità come nuovo luogo collettivo, una piattaforma di creatività culturale, aperta e condivisa, al servizio della rinascita della città.
Il restauro di Palazzo Ardinghelli, realizzato grazie al generoso contributo della Federazione Russa e frutto di otto anni di certosino lavoro degli esperti e dei tecnici dei Beni culturali del territorio, è stato presentato a L’Aquila nella mattinata di sabato 5 settembre in un incontro all’aperto davanti al Palazzo, in Piazza Santa Maria Paganica, da pochi giorni dotata di un nuovo impianto di illuminazione che ne fa risplendere la bellezza anche di sera, ulteriore contributo alla riqualificazione urbana. Alla cerimonia inaugurale, introdotta da Margherita Guccione, Direttore generale per la creatività contemporanea del Mibact e Pietro Barrera, Segretario generale della Fondazione MAXXI, sono intervenuti Anna Laura Orrico, Sottosegretario del Ministero per i Beni e le Attività culturali e per il Turismo; i Consiglieri dell’Ambasciata della Federazione Russa in Italia Alexey Fadeev e Konstantin Belyaev; Stefano D’Amico, Segretario regionale de Mibact per l’Abruzzo; Alessandra Vittorini, Soprintendente Archeologia, Belle arti e Paesaggio per la città dell’Aquila e i Comuni del Cratere; Marco Marsilio, Presidente della Regione Abruzzo; Pierluigi Biondi, Sindaco dell’Aquila; Giovanna Melandri, Presidente Fondazione MAXXI. Presenti inoltre Hou Hanru, Direttore artistico del MAXXI, e Bartolomeo Pietromarchi, Direttore del MAXXI Arte che curerà la mostra inaugurale.
Come nel dettaglio chiarisce una nota congiunta degli uffici stampa del MAXXI e del Segretariato Regionale Abruzzo del Mibact, Palazzo Ardinghelli, storica dimora dell’omonima famiglia d’origine toscana, è considerato uno dei massimi esempi del barocco aquilano, l’unico nella regione che ha la facciata con balconata a quota variata. Situato in pieno centro storico, fu edificato tra il 1732 e il 1743, dopo il devastante terremoto che nel 1703 distrusse la città. Progettato dall’architetto romano Francesco Fontana, figlio del più celebre Carlo, è caratterizzato da un cortile porticato da cui parte lo scalone monumentale di derivazione borrominiana, sovrastato dai dipinti datati 1744 dell’artista veneto Vincenzo Damini, che rappresentano i Quattro Continenti e l’Aurora. Proprio la corte interna che attraversa l’edificio, collegando piazza Santa Maria Paganica e via Garibaldi, renderà il museo uno spazio pubblico aperto alla città, creando un ideale parallelo con la piazza del MAXXI a Roma, disegnata da Zaha Hadid, che unisce due aree del quartiere Flaminio. Nelle prime due sale del piano nobile del Palazzo fanno bella mostra due camini monumentali. Dalla parte opposta, invece, dopo il Salone principale, oggi Sala della Voliera, e una teoria di stanze incastonate una dentro l’altra, il cerchio di un ideale percorso si conclude con la Cappella di famiglia, dove sarà esposta l’opera pensata appositamente dal maestro Ettore Spalletti.
Dopo la morte di Filippo Ardinghelli, in assenza di eredi, per il Palazzo iniziarono secoli di progressivo degrado. Alla fine del secolo scorso, ha ospitato prima gli Uffici della Pretura, poi l’Anagrafe del Comune, sino a essere venduto al Demanio dello Stato e nel 2008 affidato al Mibact. Il terremoto del 2009 danneggiò gravemente la struttura del palazzo, che già versava in una generale condizione di abbandono. La forte scossa della notte del 6 aprile causò il ribaltamento delle pareti del cortile e il crollo parziale del porticato, oltre a diversi danni all’apparato dei saloni del piano superiore, dovuti al massiccio crollo in diversi punti della copertura. Con la corsa alla solidarietà internazionale verso la città colpita dal disastroso terremoto, accentuatasi dopo i lavori del G8 che si tenne a L’Aquila nel luglio del 2009, il Governo della Federazione Russa individuò due beni monumentali da adottare per garantirne il restauro, destinandovi una generosa donazione di complessivi 9 milioni di Euro: la Chiesa di San Gregorio Magno, nella frazione di San Gregorio e, nel cuore dell’Aquila, proprio Palazzo Ardinghelli, per il quale è stato utilizzato parte del contributo russo pari a 7,2 milioni di Euro ed altri 3 milioni circa stanziati dal Governo italiano. I tecnici del Mibct hanno sottoposto il Palazzo a un sapiente intervento di restauro conservativo, consolidamento e miglioramento sismico. Il restauro ha anche restituito le continuità interrotte già prima del terremoto, come la sequenza androne-corte-accesso posteriore, recuperata nelle sue valenze figurative e architettoniche. Anche questo restauro ha riservato “sorprese”, con ritrovamenti che sottolineano la stratificazione dell’edificio, come le pietre d’un antico portale, o un dipinto che raffigura due putti sul soffitto d’una delle stanze, o ancora le decorazioni che s’intravedono sulle pareti esterne del cortile.
L’imponente e raffinata cifra di Palazzo Ardinghelli, l’innata sua spazialità che crea un naturale percorso nella successione dei saloni e delle stanze, ha fatto sì che il Ministro per i Beni culturali Dario Franceschini, in visita a L’Aquila nel 2014, vedesse l’edificio già destinato a diventare uno spazio espositivo d’eccellenza. Da quella prima suggestione è nato il progetto di MAXXI L’AQUILA, uno spazio dedicato alla creatività contemporanea nel pieno della storia della città, in uno dei suoi monumenti più affascinanti. Palazzo Ardinghelli, magistralmente restaurato, sta quindi per diventare un centro vivo di cultura non solo per la città dell’Aquila, tappa concreta d’un processo di recupero del patrimonio che ruota intorno al valore sociale, inclusivo ed identitario dei beni culturali, legandoli a una loro vitale e quotidiana fruizione, per dare senso e contenuto ai luoghi restaurati.
MAXXI L’AQUILA sarà inaugurato il prossimo 30 ottobre 2020, alla presenza del Ministro dei Beni culturali Dario Franceschini e dell’Ambasciatore della Federazione Russa in Italia Sergey Razov, con la partecipazione di Cassa Depositi e Prestiti, che ha supportato la realizzazione degli apparati tecnologici per la nuova funzione museale del Palazzo. Il progetto espositivo è stato pensato per valorizzare fin da subito l’architettura del Palazzo, in relazione con le committenze realizzate appositamente da cinque importanti artisti italiani individuati dal Ministero nel 2015: Elisabetta Benassi, Daniela De Lorenzo, Nunzio, Alberto Garutti e il maestro Ettore Spalletti, recentemente scomparso, cui è dedicato uno degli spazi più suggestivi. A queste opere si aggiunge il progetto di Anastasia Potemkina, giovane artista russa, prodotto in collaborazione con la VAC Foundation di Mosca e realizzato con la partecipazione dell’Accademia di Belle Arti dell’Aquila, come primo passo per valorizzare il dialogo tra artisti russi e italiani. Un’attenzione speciale è data alla fotografia, con la committenza affidata a Paolo Pellegrin e dedicata a L’Aquila, e quella affidata a Stefano Cerio, dedicata al territorio abruzzese.
Questo denso percorso sarà integrato e rafforzato da una selezione di opere provenienti dalle collezioni di arte, architettura e fotografia del MAXXI scelte per la loro capacità di riflettere sugli ambiti spaziali ideali e materiali che determinano il luogo o ne sono determinati. La mostra è quindi occasione per esplorare e sperimentare tutti gli spazi del museo, dalla corte allo scalone principale, dalla cappella alla teoria di sale espositive che si susseguono senza soluzione di continuità, in un itinerario che da un lato guarda allo straordinario lavoro di restauro realizzato per restituire l’edificio alla città e al pubblico, dall’altro accompagna le riflessioni sul sodalizio tra la luce, il colore, lo spazio e l’ambiente e la sua percezione, in una scala urbana e territoriale tra il visionario e l’utopico, attraverso i lavori di autori quali Monica Bonvicini, Maurizio Cattelan, Enzo Cucchi, Bruna Esposito, Giulio Paolini, Piero Manzoni, Maurizio Nannucci, Liliana Moro, Sou Fujimoto, Superstudio, Giovanni Michelucci, Bernard Khoury, Yona Friedman, Guido Guidi, Giovanni Chiaramonte, Olivo Barbieri, Allora & Calzadilla.
Legittime, dunque, le dichiarazioni di soddisfazione espresse nel corso della cerimonia inaugurale da tutti gli intervenuti, in una luminosa mattinata di sole che faceva risplendere la pietra bianca della facciata del Palazzo, in contrappunto all’impareggiabile azzurro d’un cielo terso quale L’Aquila sovente sa regalare. Per brevità riportiamo solo uno stralcio dell’intervento del sindaco Pierluigi Biondi e dell’arch. Alessandra Vittorini, Soprintendente per L’Aquila e cratere. “La restituzione alla comunità di Palazzo Ardinghelli e l’istituzione della sede aquilana del MAXXI – ha dichiarato il sindaco Biondi – segnano un determinante punto di svolta nella narrazione del complesso ma entusiasmante percorso di rinascita intrapreso all’indomani del sisma del 2009. L’eleganza, la bellezza e l’arte sono elementi complementari ai processi di ricostruzione materiale di una città fiera della sua tradizione storica, alla base della candidatura a Capitale Italiana della cultura 2022”.
Molto argomentato l’intervento conclusivo diella Soprintendente Alessandra Vittorini, che da 8 anni guida con eccezionale carisma l’équipe dei tecnici impegnati, per la parte che compete alla struttura che dirige, il complesso lavoro della ricostruzione dell’Aquila e dei centri del cratere sismico. Particolarmente del centro storico dell’Aquila, meravigliosa città d’arte che ha il 70% del suo straordinario patrimonio architettonico entro le mura urbiche soggetto all’attenzione della Soprintendenza. Un’opera rilevante, consapevole non solo del valore della ricostruzione materiale della città capoluogo d’Abruzzo, ma anche del profondo significato civile, culturale ed identitario che essa rappresenta per l’intera comunità aquilana. “Nella complessa ricostruzione che ci vede impegnati da oltre dieci anni, in una città che da sette secoli crolla e rinasce su sé stessa – ha affermato tra l’altro la Soprintendente Alessandra Vittorini – questo luogo offre oggi le sue inedite meraviglie pienamente recuperate grazie a un restauro attento e rigoroso. La sorprendente sequenza che attraversa la corte semicircolare e si fa strada urbana, lo scalone monumentale, i saloni e i fluidi spazi interni compongono un insieme di suggestiva bellezza. Tutto ciò è il frutto di attenzione e rigore, dedizione e competenza tecnica di cui dobbiamo essere grati a tutti i protagonisti che ne hanno accompagnato il recupero. Ringrazio quindi, per la Soprintendenza, Franco De Vitis e Biancamaria Colasacco. E tutta la nostra squadra che opera dal 2009 nel difficile scenario cittadino. È grazie al loro lavoro che oggi stiamo riscoprendo nel passato le radici per il nostro futuro, in un percorso costante e progressivo che ha visto nel centro storico e nel patrimonio culturale i luoghi di una nuova e ritrovata identità, di una appartenenza collettiva fatta di memoria e di rinascita”. Ricordato, infine, l’architetto Claudio Finarelli che, in qualità di Responsabile unico del procedimento nei lavori di restauro di Palazzo Ardinghelli, aveva impegnato il suo consueto bagaglio d’esperienza e saggezza per raggiungere questo risultato. Un destino avverso gli ha impedito di vederne il felice esito.
Solo un’annotazione, di chi scrive, a commento del significativo evento inaugurale di Palazzo Ardinghelli. La magnificenza e la bellezza del Palazzo stride con la condizione della Chiesa di Santa Maria Paganica, sofferente d’un penoso degrado nelle lacerazioni inferte dal terremoto del 2009, ancora lontana dal suo restauro. Ancor più mortificante perché al Palazzo, restaurato grazie ad una donazione della Russia, fa da contrappunto la chiesa frontistante, che aveva avuto la promessa d’una donazione di 4,5 milioni dagli Stati Uniti nel luglio 2009, promessa cui purtroppo non è stato dato seguito, neanche con soluzioni diverse da quella annunciata. Giova qui ricordare che la Francia ha contribuito per 3,250 milioni di Euro al restauro la Chiesa di Santa Maria del Suffragio, la Germania ha finanziato per 3 milioni di Euro il restauro della Chiesa di San Pietro Apostolo ad Onna, lodevolmente il Kazakistan ha finanziato d’iniziativa, per un importo di 1,7 milioni di Euro, il restauro dell’Oratorio di San Giuseppe dei Minimi. Anche Canada, Giappone e Australia, con specifiche donazioni, hanno contribuito a realizzare nuove opere con destinazione culturale, sociale, sportiva e universitaria. Cadute invece nel vuoto anche le promesse di Spagna e Gran Bretagna. Sicché Santa Maria Paganica, con un insufficiente finanziamento dello Stato italiano di 5 milioni e in attesa di ulteriori fondi a copertura della spesa presunta in circa 20 milioni di Euro per il suo restauro, resta ancora nel suo attuale stato di lacerazione, lanciando al cielo il suo grido di dolore.