Premio Fiuggi per lo spettacolo

 

 

Rubini-Fantastichini

A GIANFRANCO CABIDDU IL PREMIO FIUGGI SPETTACOLO PER «LA STOFFA DEI SOGNI»

Il regista cagliaritano sarà presente sabato 1 luglio a Fiuggi (Giardino Excelsior ore 21.30) alla serata di premiazione in cui sarà proiettato il suo ultimo film girato nell’isola sarda dell’Asinara. Tra i premiati anche Andrea Giordana, Milena Vukotic, Giuliana e Leda Lojodice e Silvano Spada.

La Stoffa dei Sogni”, che quest’anno ha già ottenuto prestigiosi riconoscimenti quali il Globo d’Oro e il David di Donatello (per la sceneggiatura adattata), è ispirato al libero e originale adattamento in napoletano de “La Tempesta” di William Shakespeare da parte di Eduardo De Filippo. Scritto dallo stesso Cabiddu in collaborazione con Ugo Chiti e Salvatore di Mola, si avvale di protagonisti del calibro di Ennio Fantastichini, Sergio Rubini e Renato Carpentieri, e si pregia dell’amichevole partecipazione di Luca De Filippo, l’ultima in una pellicola prima della sua scomparsa. Nel cast anche Teresa Saponangelo, Ciro Petrone, Jacopo Cullin e Francesco Di Leva. È prodotto dalla Paco Cinematografica e Rai Cinema, con il sostegno della Regione Sardegna e della Film Commission sarda.

Il film narra le vicissitudini di una modesta e sgangherata compagnia di teatranti, con a capo Oreste Campese (Sergio Rubini), che naufraga su di una misteriosa isola-carcere, e si ritrova a dover coprire alcuni pericolosi camorristi decisi a evitare la reclusione confondendosi fra gli attori. Per sfuggire alla prigione il boss dei camorristi Don Vincenzo (Renato Carpentieri) architetta e mette in opera il suo piano: far passare anche loro per teatranti, imponendo la loro decisione a Campese. Sarà il direttore del carcere (Ennio Fantastichini) a lanciare la sfida al capocomico per scoprire chi nella compagnia è vero attore e chi un criminale: dovranno mettere in scena “La tempesta” di William Shakespeare. Mentre il boss camorrista costringe Campese a riscrivere il copione con un linguaggio che lui e i suoi scagnozzi possano imparare e recitare degnamente, sullo sfondo si assiste alla nascita, quasi impercettibile e commossa, della storia d’amore tra Miranda, figlia adolescente e semireclusa del direttore del carcere, e il camorrista naufrago disperso, Ferdinando Aloisi, in un rapporto fatto di sguardi e di parole appena sussurrate.

La pellicola può essere considerata una commedia degli equivoci a lieto fine, che riprende tutta la poesia del linguaggio shakespeariano proprio durante le prove di preparazione dello spettacolo. L’isola dell’Asinara dove la pellicola è ambientata, disseminata di fortini carcere (fino a pochi anni fa era una colonia penale), ha conservato nel tempo la magia di una natura aspra e incontaminata e rappresenta lo scenario perfetto per una commedia umana in cui gli uomini che la abitano diventano parte integrante di essa. Siamo nel primo dopoguerra e in quel luogo da favola che sembra fuori dal tempo, come in una stoffa, si intrecciano le trame e i fili dei destini. E, come si può leggere nel comunicato ufficiale della produzione del film “attraverso le picaresche avventure dei naufraghi, si dipana il tema profondo della necessità dell’arte nella vita dell’uomo e quelli universali della colpa, del riscatto e del perdono”. In questo contesto, in cui lo spettatore può immergersi in un’atmosfera quasi sospesa tra incanto e realtà, ha un ruolo chiave il personaggio di Calibano, il pastore Antioco – nel film interpretato dall’attore sardo Fiorenzo Mattu – che esprime con grande poesia la condizione di “selvaggio”, figura simbolica dell’isolano colonizzato che mantiene il legame autentico con la propria lingua e la meravigliosa natura che lo circonda.

Il mio intento – ha detto il regista in occasione della presentazione ufficiale del film – è stato quello di usare come ‘punto di partenza’ l’Arte della Commedia di De Filippo: l’esigenza del teatro in una qualsiasi società, il rapporto realtà/finzione, la diversità, l’incomprensione, la vendetta e la grazia. Tutto questo a me, sardo e isolano, che ho avuto la fortuna di incontrare e lavorare per Eduardo, sembra più vicino: perfettamente consapevole che questo progetto di film mi renderà la vita difficile, il che – direbbe Eduardo – è uno degli scopi dell’esistenza.”

Prima di questo film Gianfranco Cabiddu, che oltre all’attività di regista e sceneggiatore svolge anche l’attività di organizzatore di eventi culturali legati al Cinema, ha firmato la regia di altri due lungometraggi ambientati in Sardegna come «Disamistade» (1988) e «Il figlio di Bakunin» (1997), quest’ultimo liberamente ispirato all’omonimo romanzo di Sergio Atzeni. Ha realizzato anche diversi documentari che hanno riscosso un grande successo di pubblico e  di critica, tra cui ricordiamo «Faber in Sardegna & L’ultimo concerto di Fabrizio De André» (del 2015) e «Passaggi di tempo – Il viaggio di Sonos e Memoria» in collaborazione con Paolo Fresu, Elena Ledda e altri importanti musicisti sardi.

cabiddu


 

Sebastiano Catte

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Sebastiano Catte

Agenzia Comunica

 

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