Inganni, rivelazioni e amori fino alla inevitabile resa dei conti: Mozart insegna!
Nel 1783 il giovane Mozart incontra un poeta italiano che, come lui, si è da poco trasferito a Vienna: è Padre Lorenzo da Ponte, veneto, proveniente da un’agiata famiglia di stirpe ebraica. Questi due artisti dal destino opposto ma dall’istinto affine daranno vita ad uno fra i più felici eventi della storia del teatro musicale, un sodalizio che ci ha regalato quella che è da sempre, nel cuore degli appassionati, la trilogia lirica per eccellenza.
Sto parlando di Le nozze di Figaro (Vienna, 1786), Don Giovanni (Praga, 1787) e Così fan tutte (Vienna, 1790) che la XXXIII edizione di Ravenna Festival ha presentato al Teatro ‘Alighieri’, sera dopo sera, dal 31 ottobre al 6 novembre scorso, nell’ambito della ‘Trilogia d’Autunno’ che quest’anno ha compiuto 10 anni.
In tale occasione ha collaborato con due tra i teatri più antichi d’Europa : lo svedese Drottningholms Slottsteater (progettato dall’architetto Nicodemus Tessin il Vecchio, completato dal figlio omonimo ed inaugurato nel 1754) e l’Opéra Royal de Versailles: inaugurato il 16 maggio 1770 in occasione del matrimonio del delfino Luigi con l’arciduchessa Maria Antonietta d’Asburgo- Lorena, vi venne suonato il Persée di Lully scritto nel 1682 (anno in cui Luigi XIV decise di spostare la propria corte a Versailles).
Tutte belle le voci del cast, un po’ sottotono (soprattutto nella prima serata) l’Orchestra Giovanile ‘Luigi Cherubini’ al cui podio sono saliti Giovanni Conti, Erina Yashima e Tais Conte Renzetti, allievi dell’Italian Opera Academy di Riccardo Muti.
Antonio Greco ha guidato il Coro Cherubini ed il Coro da camera 1685 dell’Istituto Superiore di Studi Musicali ‘G. Verdi’ di Ravenna.
La regia è stata firmata da Ivan Alexandre, mentre Antoine Fontaine ha curato scene, costumi e luci (queste ultime assieme ad Alexandre). Essenziale la scenografia ma d’effetto:
‘Non ci sono quinte, tutti sono in scena. Le Nozze di Figaro si svolge nella parte anteriore del palcoscenico e la scenografia cresce di atto in atto. Don Giovanni è rappresentato in prospettiva: l’eroe in primo piano e tutti gli altri (donne, valletto, rivale) a rincorrerlo trafelati. Così fan tutte ha un andamento circolare su due livelli: il grande palcoscenico collettivo e un palcoscenico centrale dove, a turno, le ragazze interpretano il loro ruolo di amanti fedeli e abbandonate ed i ragazzi (i loro fidanzati) quello dei corteggiatori ‘albanesi’-recitano le preziose note di regia.
Sempre pieno il teatro durante le rappresentazioni. Il pubblico ha apprezzato le opere ed applaudito lungamente.
Sto parlando di Le nozze di Figaro (Vienna, 1786), Don Giovanni (Praga, 1787) e Così fan tutte (Vienna, 1790) che la XXXIII edizione di Ravenna Festival ha presentato al Teatro ‘Alighieri’, sera dopo sera, dal 31 ottobre al 6 novembre scorso, nell’ambito della ‘Trilogia d’Autunno’ che quest’anno ha compiuto 10 anni.
In tale occasione ha collaborato con due tra i teatri più antichi d’Europa : lo svedese Drottningholms Slottsteater (progettato dall’architetto Nicodemus Tessin il Vecchio, completato dal figlio omonimo ed inaugurato nel 1754) e l’Opéra Royal de Versailles: inaugurato il 16 maggio 1770 in occasione del matrimonio del delfino Luigi con l’arciduchessa Maria Antonietta d’Asburgo- Lorena, vi venne suonato il Persée di Lully scritto nel 1682 (anno in cui Luigi XIV decise di spostare la propria corte a Versailles).
Tutte belle le voci del cast, un po’ sottotono (soprattutto nella prima serata) l’Orchestra Giovanile ‘Luigi Cherubini’ al cui podio sono saliti Giovanni Conti, Erina Yashima e Tais Conte Renzetti, allievi dell’Italian Opera Academy di Riccardo Muti.
Antonio Greco ha guidato il Coro Cherubini ed il Coro da camera 1685 dell’Istituto Superiore di Studi Musicali ‘G. Verdi’ di Ravenna.
La regia è stata firmata da Ivan Alexandre, mentre Antoine Fontaine ha curato scene, costumi e luci (queste ultime assieme ad Alexandre). Essenziale la scenografia ma d’effetto:
‘Non ci sono quinte, tutti sono in scena. Le Nozze di Figaro si svolge nella parte anteriore del palcoscenico e la scenografia cresce di atto in atto. Don Giovanni è rappresentato in prospettiva: l’eroe in primo piano e tutti gli altri (donne, valletto, rivale) a rincorrerlo trafelati. Così fan tutte ha un andamento circolare su due livelli: il grande palcoscenico collettivo e un palcoscenico centrale dove, a turno, le ragazze interpretano il loro ruolo di amanti fedeli e abbandonate ed i ragazzi (i loro fidanzati) quello dei corteggiatori ‘albanesi’-recitano le preziose note di regia.
Sempre pieno il teatro durante le rappresentazioni. Il pubblico ha apprezzato le opere ed applaudito lungamente.
Figaro è la tredicesima opera di Mozart. Il testo è tratto da una commedia di Pierre-Augustin Caron de Beaumarchais, ‘Le Mariage de Figaro’, dove spicca il contrasto tra nobili e servitù tanto che Napoleone noterà in seguito che ‘dans le Mariage la rèvolution etait dejà en action’.
Fu Mozart a proporre al poeta italiano la commedia, che quest’ultimo definì subito ‘un soggetto, esteso, multiforme e sublime’, ideale per il genio del compositore austriaco che scrisse la musica in gran segreto, dato che l’Imperatore Giuseppe II aveva vietato la rappresentazione teatrale, convinto che alimentasse l’odio tra le classi. Infine, rimosse le scene più marcatamente ‘politiche’, acconsentì alla rappresentazione a Vienna.
Fu Mozart a proporre al poeta italiano la commedia, che quest’ultimo definì subito ‘un soggetto, esteso, multiforme e sublime’, ideale per il genio del compositore austriaco che scrisse la musica in gran segreto, dato che l’Imperatore Giuseppe II aveva vietato la rappresentazione teatrale, convinto che alimentasse l’odio tra le classi. Infine, rimosse le scene più marcatamente ‘politiche’, acconsentì alla rappresentazione a Vienna.
La figura di Don Giovanni, invece, è nata grazie a Tirso de Molina (una delle principali figure teatrali del siglo de oro) ed al suo ‘El Burlador de Sevilla’ (1625) che Mozart e Da Ponte rivisitarono liberamente.
Don Giovanni cerca di sedurre le sue prede in ogni modo, manipolandole ed ingannandole, ‘agitando come un terremoto la più complessa delle opere della trilogia’, scrive Leonetta Bentivoglio nel bel saggio sulla trilogia in seno a ‘Mozart, Mozart, Mozart’, il libro editato da Ravenna Festival che accompagna le tre opere rappresentate.
D’altronde scriveva Bertold Brecht l’8 luglio 1943: ‘E’ notte, ascolto alla radio l’ultimo atto del Don Giovanni. Un vertice simile non è mai più stato raggiunto’.
La critica che implicitamente Mozart rivolge a Don Giovanni, non attiene al suo sfrenato desiderio sessuale o al suo ateismo: Mozart avvalla la libertà dei costumi (come si vedrà in seguito in ‘Così fan tutte’) ma non tollera la brutalità, la violenza e tantomeno lo stupro. Critica la sua condizione di nobile arrogante, non sorretto da alcuna aristocrazia dello spirito (‘la nobiltà ha dipinta negli occhi l’onestà’) e non gli destina una propria aria. E’ curioso ma l’unica volta che Don Giovanni canta ‘una canzonetta’ (Deh, vieni alla finestra!) la intona impersonando il suo servo Leporello, dato che voleva conquistare la cameriera Elvira.
Protagonista di ‘Così fan tutte’ è don Alfonso, maestro della ‘scuola degli amanti’: nobile anziano ‘che non seduce più’, il tradimento in amore è per lui ‘un accidente inevitabile’.
Don Alfonso insegna molte cose: ci induce a ridere della nostra fragilità che è tale perché ‘suppone di trovare sicurezza nei baluardi morali’, facendoci comprendere che bisogna prendere le avventure amorose per quel che sono, con prudenza, evitando di distruggere affetti che in principio sembravano altrettanto assoluti.
Lo scambio delle due coppie ci fa capire che non è la persona in sé a farci innamorare: sono piuttosto la fantasia, le aspettative e il sogno a guidarci. A fare la differenza è come la guardiamo, come lei ci sente e ci guarda. Sono le circostanze temporali, quindi, a determinare un adulterio: lo confermano le opere di Ariosto, Boccaccio, Shakespeare e Goldoni, cioè le fonti del libretto.
Non si può, però, sfuggire alla resa dei conti perché prima o poi arriva comunque: la vita è piena di situazioni imperfette e l’amore non fa certo eccezione.
Don Giovanni cerca di sedurre le sue prede in ogni modo, manipolandole ed ingannandole, ‘agitando come un terremoto la più complessa delle opere della trilogia’, scrive Leonetta Bentivoglio nel bel saggio sulla trilogia in seno a ‘Mozart, Mozart, Mozart’, il libro editato da Ravenna Festival che accompagna le tre opere rappresentate.
D’altronde scriveva Bertold Brecht l’8 luglio 1943: ‘E’ notte, ascolto alla radio l’ultimo atto del Don Giovanni. Un vertice simile non è mai più stato raggiunto’.
La critica che implicitamente Mozart rivolge a Don Giovanni, non attiene al suo sfrenato desiderio sessuale o al suo ateismo: Mozart avvalla la libertà dei costumi (come si vedrà in seguito in ‘Così fan tutte’) ma non tollera la brutalità, la violenza e tantomeno lo stupro. Critica la sua condizione di nobile arrogante, non sorretto da alcuna aristocrazia dello spirito (‘la nobiltà ha dipinta negli occhi l’onestà’) e non gli destina una propria aria. E’ curioso ma l’unica volta che Don Giovanni canta ‘una canzonetta’ (Deh, vieni alla finestra!) la intona impersonando il suo servo Leporello, dato che voleva conquistare la cameriera Elvira.
Protagonista di ‘Così fan tutte’ è don Alfonso, maestro della ‘scuola degli amanti’: nobile anziano ‘che non seduce più’, il tradimento in amore è per lui ‘un accidente inevitabile’.
Don Alfonso insegna molte cose: ci induce a ridere della nostra fragilità che è tale perché ‘suppone di trovare sicurezza nei baluardi morali’, facendoci comprendere che bisogna prendere le avventure amorose per quel che sono, con prudenza, evitando di distruggere affetti che in principio sembravano altrettanto assoluti.
Lo scambio delle due coppie ci fa capire che non è la persona in sé a farci innamorare: sono piuttosto la fantasia, le aspettative e il sogno a guidarci. A fare la differenza è come la guardiamo, come lei ci sente e ci guarda. Sono le circostanze temporali, quindi, a determinare un adulterio: lo confermano le opere di Ariosto, Boccaccio, Shakespeare e Goldoni, cioè le fonti del libretto.
Non si può, però, sfuggire alla resa dei conti perché prima o poi arriva comunque: la vita è piena di situazioni imperfette e l’amore non fa certo eccezione.
Paola Cecchini