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Comunicato Stampa

 

                               La damnation de Faust di Hector Berlioz

Protagonisti John Osborn, Daniela Barcellona, Ildar Abdrazakov

Dirige Pinchas Steinberg

 

Dal 7 al 15 febbraio al Politeama

 

 

Torna nella programmazione del Teatro di San Carlo dopo 14 anni dall’ultima rappresentazione La damnation de Faust di Hector Berlioz che sarà presentato in forma di concerto al Politeama dal 7 al 15 febbraio 2023.

Pinchas Steinberg dirigerà Orchestra e Coro del Massimo napoletano (quest’ultimo preparato come di consueto da José Luis Basso) e un cast di prima grandezza che annovera: John Osborn (Faust), Daniela Barcellona (Marguerite), Ildar Abdrazakov (Méphistophélès), Louis Morvan (Brander), Laura Ulloa (Una voce celeste).

La damnation de Faust di Hector Berlioz, leggenda drammatica in quattro parti su libretto dello stesso Berlioz e Almire Gandonnière (tratto dal celebre dramma di Goethe tradotto in francese da Gérard de Nerval), andò in scena per la prima volta nel 1846 all’Opéra Comique di Parigi proprio in forma di concerto. La definizione “leggenda drammatica” si riferisce infatti alla concezione, da parte del compositore, di un’opera non destinata al palcoscenico, piuttosto un mosaico di scene, una struttura a tableaux che possono essere fruiti anche singolarmente.

Nella sua versione Berlioz fa precipitare Faust all’inferno, contraddicendo quindi la redenzione del protagonista che Goethe aveva reso possibile. Tuttavia fra tutte le versioni musicali, quella di Berlioz è forse la più fedele a certi aspetti del poema goethiano di cui conserva quella particolare tinta romantico-tedesca: dal senso panico della natura al tema popolare, dalla tensione mistica alla seduzione del demoniaco e ancora il dramma dell’innocenza, il registro magico, l’incantato, la potenza degli angeli. Proprio per questa profonda tensione emotiva La damnation de Faust è un titolo ancora oggi fortemente amato dal pubblico.

 

 

 

 

Guida all’ascolto

a cura di Catherine Massip

 

Berlioz e Goethe

Berlioz e Goethe sono i nomi di due icone del romanticismo letterario e musicale: « Queste fantasie, queste aspirazioni all’infinito, questa sete di piacere, queste passioni ingenue, questi ardori di amore e d’odio, questi bagliori del cielo e dell’inferno devono aver tentato, e di fatto hanno tentato, molti musicisti, drammaturgi, senza parlare di disegnatori e pittori. Quante volte è stato scomodato Goethe, che a sua volta aveva scomodato Marlowe, per trasformare il suo lavoro in opera, leggenda, o balletto». Recensendo il Faust di Gounod per il Journal des débats (26 marzo 1859), Berlioz riassumeva con un colpo di penna un mito che lo aveva ossessionato dalle Huit scènes de Faust del 1828-1829 sino a La Damnation de Faust del 1846. Nel 1828, Berlioz scopre il capolavoro di Johann Wolfgang von Goethe (1749-1832) nella traduzione del poeta francese Gérard de Nerval (1808-1855), conoscendone solo la prima parte poiché la seconda sarà pubblicata nel 1835: « Ho la testa piena di Faust, e se la natura mi ha dotato di una pur minima immaginazione credo sia impossibile che io incontri un soggetto migliore di questo. » (Lettera del 12 novembre 1828). Le Huit scènes de Faust rappresentano dunque la matrice sulla quale Berlioz realizzerà nel 1846 La Damnation de Faust, poiché in esse sono presenti brani per solisti, scritti su liriche in versi che ancora lasciano il segno sull’ascoltatore odierno. A Mefistofele, «Storia di un topo», «Storia di una pulce » e « Serenata», a Margherita « Il Re di Thule. Canzone gotica». Berlioz inviò al poeta un esemplare a stampa delle Huit Scènes realizzate nel 1829, ma non ricevette alcuna risposta.

 

Berlioz, librettista e compositore

La Damnation de Faust è una delle composizioni sulle quali l’autore si è soffermato più generosamente nei suoi Mémoires. Berlioz ha cominciato la composizione nel settembre 1845; essa sarà completata nell’agosto 1846 come annuncia egli stesso al padre: «Lavoro duramente a un’opera di grandi dimensioni che sono sul punto di terminare e che vorrei presentare qui a Parigi verso la fine di novembre. Mi sono visto costretto a esserne contemporaneamente il poeta e il musicista, perché la mia composizione cominciata e continuata per i campi, in Baviera, in Austria, in Ungheria, in Boemia e in Slesia, andava più veloce di quanto potessero i miei autori di versi a Parigi.» (Lettera del 16 settembre 1846). Pur avendo usato la traduzione di Gérard de Nerval ed essersi servito dell’aiuto parziale di un letterato, Almire Gandonnière (1814-1863), per due o tre scene, il compositore si è imposto l’elaborazione del libretto come farà più tardi per la sua opera Les Troyens. L’enumerazione dei paesi e delle regioni attraversate rispecchia l’intensa attività di questi anni che segnano una svolta nella vita di Berlioz. Durante il suo secondo grande viaggio nell’Est Europa, egli dirige le sue composizioni a Vienna, Praga, Pesth, Breslavia e Brunswick, mentre prosegue la sua attività di cronista per la stampa parigina. Le sei lunghe lettere che raccontano la situazione musicale di questi paesi – pubblicate nel Journal des débats  nel 1847 – formeranno il capitolo LIII dei Mémoires. Nel capitolo successivo, il compositore alza il velo sul processo creativo che presiede a La Damnation de Faust e allo slancio che la anima: « In viaggio nella mia vecchia carrozza tedesca ho cercato di scrivere i versi destinati alla mia musica. Ho cominciato con l’Invocazione di Faust alla natura, senza cercare né di tradurre, né di imitare il capolavoro, ma di ispirarmi ad esso per estrarre l’essenza musicale qui contenuta […] Solo dopo, man mano che mi venivano le idee musicali ho scritto i versi che mi mancavano, e ho composto la partitura con una facilità raramente provata per le altre composizioni. Scrivevo quando potevo e dove potevo: in carrozza, in treno, sui battelli a vapore, anche nelle città malgrado i diversi impegni ai quali mi obbligavano i concerti che dovevo qui tenere.» Così, l’Introduzione « Le vieil hiver a fait place au printemps » (Il vecchio inverno ha fatto posto alla primavera) è stata scritta in una locanda di Passau, l’aria di Mefistofele «Voici les roses » (Ecco le rose) e il balletto delle Silfidi a Vienna, sulle rive dell’Elba, la marcia di Rákòczy anch’essa a Vienna, il ritornello della Ronda dei contadini a Pesth, il coro degli angeli di Margherita a Praga, la canzone latina degli studenti a Breslavia. Prosegue Berlioz: « Il resto è stato scritto a Parigi, sempre in modo imprevisto, a casa mia, al caffè, ai giardini delle Tuileries, persino su una colonnina del boulevard du Temple. Non ho cercato le idee, lasciavo che venissero ed esse si sono presentate nell’ordine più imprevisto. Quando l’intero abbozzo della partitura era finalmente tracciato, mi sono messo a lavorare il tutto, levigandone le parti, unendole, fondendole insieme con tutto l’accanimento e la pazienza di cui sono capace […] Considero questo lavoro come uno dei migliori da me prodotti. » A questo periodo di entusiasmo, seguirono le difficoltà di preparazione dei due concerti all’Opéra-Comique del 6 e 20 dicembre 1846. L’indifferente accoglienza del pubblico sarà mortificante per Berlioz, ormai sull’orlo della rovina finanziaria. Dopo la morte del compositore, la composizione entra però definitivamente nel repertorio delle società concertistiche in Francia e altrove. Essa conoscerà ugualmente degli adattamenti scenici, il primo per iniziativa di Raoul Gunsbourg al Teatro di Monte Carlo nel 1893.

 

Una « leggenda drammatica »

La disperazione di Faust e la sua ricerca dei piaceri, il dolore di Margherita e la crudeltà del suo destino, il machiavellismo e l’ironia di Mefisto, l’intrusione del fantastico o del triviale fanno de La Damnation de Faust un affresco che apre tutte le porte dell’animo umano, con le sue contraddizioni, la sua attrazione per il bello e il brutto, il positivo e il negativo. Per mettere in atto questo gioco violento dei contrati, Berlioz mette in moto il suo straordinario potere di seduzione melodica ma anche tutti i colori della sua orchestra. L’autore della Symphonie fantastique (1830), del Requiem (1837), della Symphonie funèbre et triomphale (1842) possiede un totale controllo dei timbri e delle combinazioni che conferiscono all’orchestra berlioziana un’identità unica.

Questi mezzi sono al servizio di una struttura drammatica rigorosa che conduce inesorabilmente l’ascoltatore dalla speranza al dramma e poi alla resurrezione: nella concezione di Berlioz, contrariamente a Goethe, Faust è condannato e Margherita salva. Ciascuna delle quattro parti è collocata in uno spazio diverso, preceduta da un’invocazione di Faust (le prime tre parti) o di Margherita (la quarta parte). Durante questi momenti meditativi in cui si dispiega lo stile arioso di Berlioz, grandioso e di una bellezza melodica assoluta, l’azione è in qualche modo sospesa prima che si scatenino le forze distruttrici sotto i colpi di cannone di Mefistofele.

La prima parte si svolge in Ungheria in un’atmosfera bucolica che sembra richiamare la Sinfonia pastorale di Beethoven e più precisamente il tema della sua celebre melodia « An die ferne Geliebte » (« All’amata lontana») ; questo tema di Faust: « Le vieil hiver a fait place au printemps » («Il vecchio inverno ha fatto posto alla primavera») domina tutta la scena. Un coro di contadini giunge a rompere con ritmi di danza l’esaltazione dell’eroe la cui inquietudine è rafforzata da un annuncio di guerra, reso inequivocabile dal suono della tromba. Questa seconda scena termina con la celebre marcia ungherese detta di Rákòczy. Mentre l’eroe raggiunge il suo rifugio nel Nord della Germania, il grande recitativo « Sans regret j’ai quitté les riantes campagnes » (« Senza rimpianto ho lasciato le ridenti campagne ») apre la seconda parte ; la disperazione conduce Faust alle soglie del suicidio, ma il gesto fatale è interrotto dal canto di festa della Pasqua e dall’annuncio della Resurrezione data dal coro. L’evocazione dell’infanzia e della purezza fa vacillare il disegno funesto dell’eroe. Ma la speranza che rinasce è spezzata dalla brutale apparizione di Mefistofele che trascina Faust in una folle corsa ai piaceri. La compagnia dei bevitori accoglie la canzone strofica e sarcastica di Brander (canzone del topo) seguita da una fuga in cui Berlioz imita a suo piacimento lo stile scolastico fugato sulla parola Amen, un’offesa alla Chiesa e alla religione.

L’influenza di Mefisto sulla compagnia prosegue con la canzone di Mefistofele « Une puce gentille » (« Una pulce gentile »), mentre Faust vuole fuggire « ces lieux où la parole est vile, la joie ignoble et le geste brutal ! » (“quei luoghi in cui la parole è vile, la gioia ignobile e il gesto brutale!”). Nei boschi e nelle praterie ai bordi dell’Elba (scena 6), Mefisto dispiega seduzioni ben più pericolose. Nel grande arioso « Voici des roses » (« Ecco delle rose »), la voce dell’essere demoniaco riprende l’ampia generosità dello stile vocale di Faust ma si presti attenzione all’accompagnamento del trombone e al suo colore scuro. Il « Songe de Faust » (« Sogno di Faust ») nel quale si fondono le voci soliste con il coro degli Gnomi e delle Silfidi danno forma al mondo delle illusioni e delle visioni felici dal cui interno apparirà la figura di Margherita. L’orchestra, con trasparenze e tocchi raffinati, e le voci nell’acuto che riprendono il motivo « Le lac étend ses flots » (« Il lago distente i suoi flutti”) creano l’atmosfera unica di questa scena centrale dell’opera. Il balletto delle Silfidi che la conclude su un ritmo di valzer è tipica dell’orchestrazione di Berlioz, un tema agli archi punteggiato da sprazzi dei flauti e delle arpe. Nella scena successiva, il coro dei soldati e degli studenti esprime tutto il cinismo e la brutalità dei seduttori, personaggi caratterizzati da un ritmo ostinato e dal pizzicato degli archi. Berlioz ha scelto di sovrapporre i due gruppi in una scrittura densa.

L’inizio della terza parte prolunga questa atmosfera di « conquista » guerriera prima che Faust scopra la stanza di Margherita ed esprima ancora una volta con ardore il suo desiderio di felicità e d’amore « Merci, doux crépuscule » (« Grazie, dolce crepuscolo »), aria che Berlioz non esita a concludere con una lunga e sinuosa melodia degli archi con sordina (scena 8). L’incontro dei due amanti è preceduto da un recitativo di Margherita, già immersa nel suo sogno d’amore assoluto, espresso dalla canzone gotica del re di Thule, fedele sino alla tomba … Ma in Berlioz è vietato cedere alla dolcezza. Mefistofele chiama a sé immediatamente stratagemmi e spiriti diabolici: il Minuetto dei folletti, affidato ai legni che giocano con la rottura dei ritmi e dei timbri, ricorda agli ascoltatori che il fantastico e il demoniaco conducono alla danza. L’intensa  coppia d’amore di Faust e Margherita finalmente riunita (scena 13) « Ange adoré dont la céleste image » (“Angelo adorato la cui celeste immagine”) si dissolve nel dramma e il tradimento in una conclusione frenetica: Mefisto sa che Faust è suo, mentre Faust esprime il suo desiderio con le stesse parole di Margherita, pronta a perdersi per lui.

La quarta parte si apre con la romanza di Margherita « D’amour l’ardente flamme » («L’ardente  fiamma d’amore”), un grande momento di emozione, quasi prossima a una cavatina, che esprime l’attesa, il dolore e la solitudine. Un sentimento schiacciante si è impossessato dell’anima “alterata” di Faust la cui disperazione si esprime nell’invocazione alla Natura (scena 16) « Nature immense impénétrable et fière » (“Natura immensa, impenetrabile e fiera”). Nel corso del recitativo su uno sfondo di suoni di caccia, Faust viene a sapere del crimine di Margherita e della sua condanna: la sua anima sarà il prezzo per salvare la vita di quest’ultima. Dopo la « Course à l’abîme » (« Corsa verso l’abisso »), una cavalcata fantastica, l’anima di Faust diviene preda di « cohortes infernales » (« coorti infernali »). Berlioz si crogiola nella scrittura di un coro dal linguaggio “demoniaco”. Ma l’Inferno non avrà l’ultima parola. In un’ultima scena apprezzata da Wagner, l’anima di Margherita è ammessa al cospetto dell’Altissimo. I registri acuti delle voci e degli strumenti, e insieme le due arpe, creano un’atmosfera serafica adatta a questa apoteosi.

(trad. dal francese di Fiorella Sassanelli)

 

 

TEATRO POLITEAMA

martedì 7 febbraio 2023, ore 20:00

venerdì 10 febbraio 2023, ore 20:00

domenica 12 febbraio 2023, ore 17:00

mercoledì 15 febbraio 2023, ore 18:00

 

Hector Berlioz

LA DAMNATION DE FAUST

Leggenda drammatica in quattro parti per soli, coro e orchestra

Libretto Hector Berlioz, Almire Gandonnière e Gérard de Nerval da Johann Wolfgang von Goethe

 

 

 

Direttore | Pinchas Steinberg

 Interpreti

 

Faust | John Osborn
Marguerite | Daniela Barcellona
Méphistophélès | Ildar Abdrazakov
Brander | Louis Morvan

Una voce celeste | Laura Ulloa #

 

Orchestra e Coro del Teatro di San Carlo

Maestro del Coro | José Luis Basso

Produzione Teatro di San Carlo

 

♭ debutto al Teatro di San Carlo

allievo Accademia del Teatro di San Carlo

 

Esecuzione in forma di concerto

 

 

 

 

 

 

 

Rossana Russo,

Responsabile della comunicazione creativa e strategica e relazioni con la Stampa

r.russo@teatrosancarlo.it

 

 

Giulia Romito,

Comunicazione e Stampa g.romito@teatrosancarlo.it 0817972301

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