Serena conduce operaclassica eco italiano

Gli allievi dell’Accademia di Canto Lirico

 debuttano sul palcoscenico del Teatro San Carlo

 

Giovedì 15 settembre

 

 

Teatro di San Carlo. 2009

 

Gli allievi dell’Accademia di Canto Lirico del Teatro di San Carlo faranno ufficialmente il proprio debutto sul palcoscenico del Massimo napoletano giovedì 15 settembre alle ore 20.

In programma uno speciale recital su musiche di Mozart, Verdi, Puccini, Donizetti, Bellini e Mascagni.

Provenienti da tutto il mondo, queste giovani promesse dell’Opera di domani, sotto la guida del direttore e coordinatore dell’Accademia Ilias Tzempetonidis e della docente principale Mariella Devia, hanno iniziato il loro percorso all’interno dell’Accademia del Teatro di San Carlo lo scorso anno, superando una dura selezione che ha visto la partecipazione di oltre 400 candidati.

Dopo il debutto di giugno 2022 a Palazzo Reale con una selezione di arie ed insiemi dall’opera Don Chisciotte di Giovanni Paisiello (Napoli 1769), gli undici giovani allievi si esibiranno adesso nella sala del Teatro, accompagnati al pianoforte da Roberto Moreschi, misurandosi con un programma che parte cronologicamente da Wolfgang Amadeus Mozart e giunge fino ai Veristi italiani del primo Novecento, non senza un omaggio alla canzone napoletana storica.

 

«Questo concerto – afferma il sovrintendente Stéphane Lissner – ci rende orgogliosi del percorso compiuto finora dagli allievi della nostra Accademia. Valorizzare i talenti e formare una nuova generazione di artisti per il palcoscenico del futuro, oltre a trasmettere sempre più il patrimonio musicale alle giovani generazioni, è compito imprescindibile per un Teatro con la storia e il prestigio del San Carlo».

A dicembre, con l’Orchestra del San Carlo gli allievi dell’Accademia saranno in tournée a Praga mentre nell’autunno 2023 saranno impegnati in due appuntamenti in Francia: alla Philharmonie de Paris e al Louvre.

 

 

 

Breve Guida all’ascolto

a cura di Dinko Fabris

 

La voce ha costituito fin dalle prime comunità umane. oltre quarantamila anni fa, lo strumento che consentiva di innalzare la condizione terrena verso dimensioni trascendenti, addirittura in comunicazione con la divinità oltre che con gli altri simili. È il fenomeno ben studiato da Corrado Bologna nel suo classico libro Flatus vocis, la forza archetipica e metafisica della voce. Nel tempo il canto ha accompagnato ogni funzione della vita e le sue stagioni, entrando poi come protagonista assoluto quando, a partire dal Seicento, è apparsa l’opera in musica, la straordinaria forma di spettacolo tuttora in piena vitalità che ha la caratteristica appunto di essere interamente cantata: il canto che “incanta” e crea l’illusione che tutto quel che si vede sulla scena stia realmente accadendo. E’ naturale che chi dimostrava un talento innato per il canto, abbia da sempre ricevuto uno status privilegiato, dal mitico cantore Orfeo agli altrettanto mitici divi delle scene operistiche degli ultimi quattro secoli. Din dall’età barocca e poi per tutto il Settecento e l’Ottocento, primedonne e divi hanno conquistato ed esaltato schiere di fanatici “followers” ben prima della nostra triste epoca di sudditanza digitale e i grandi compositori hanno sempre scritto i loro capolavori operistici pensando a specifici cantanti a loro disposizione, tanto da cambiare radicalmente tessitura, abbellimenti e perfino struttura generale in caso di successivi cast molto diversi. Studiare il canto oggi è dunque per prima cosa un atto di umiltà ed enorme sacrificio, poiché un giovane interprete sa bene di doversi confrontare con una tradizione secolare di virtuosi dalle qualità vocali impressionanti. a loro volta acquisite attraverso anni di studio e pratica. Peraltro il repertorio di un cantante non è uniforme, dal punto di vista dell’interpretazione, ma cambia nel tempo da una generazione all’altra, da una nazione all’altra e perfino da una personalità di compositore ad un’altra: ciascuno con le sue precise esigenze di stile, di ornamentazione, di emissione, di drammaturgia e cosi via. Oggi l’interpretazione della musica del passato – che forma a maggior parte del repertorio, rispetto alle rarissime esecuzioni di autori viventi nel nostro tempo – non può più essere affidata solo agli studi di conservatorio, ma richiede un continuo sforzo di perfezionamento sotto la guida di esperti maestri oltre che per propria ricerca personale, e deve essere “storicamente informata”. Un esempio dei risultati che un tale lavoro di perfezionamento, in questo caso condotto ai più alti livelli internazionali grazie alle cure di una docente come Mariella Devìa, è offerto dal programma qui presentato dal primo nucleo di allievi dell’Accademia di Canto Lirico del San Carlo al loro debutto ufficiale sul palcoscenico storico del Teatro, giunti alla metà del loro percorso formativo e già con prestigiosi appuntamenti internazionali in vista.

Si parte cronologicamente da Wolfgang Amadeus Mozart, nelle due capitali Praga e Vienna degli ultimi anni del Settecento, e si giunge ai Veristi italiani del primo Novecento, non senza un omaggio alla canzone napoletana storica. Il primo Leporello, interprete della celebre “aria del catalogo” per la prima versione del Don Giovanni di Mozart fu nel 1787 a Praga il “basso buffo” italiano Felice Ponziani, ma nella ripresa della stessa opera a Vienna l’anno successivo Mozart volle l’altro basso italiano Francesco Benucci, per il quale aveva scritto già la parte di Figaro nelle Nozze. Mozart aveva una conoscenza eccezionale delle possibilità dei cantanti anche per i legami familiari: la sorella di sua moglie era una grande cantante professionista a Monaco e per una sua altra cognata, Josepha Hofer, Mozart scrisse le impervie arie per soprano della Regina della Notte in quella che sarebbe stata la sua ultima opera, Die Zauberflõte (Il Flauto magico), di cui la seconda è considerata uno dei vertici del virtuosismo canoro del Settecento, con i suoi slanci verso il registro sovracuto con ricorso a tecniche interpretative mozzafiato: “Der Hölle Rache kocht in meinem Herzen” (La vendetta dell’inferno ribolle nel mio cuore) è una tipica aria di furore da parte della regina del male, nel momento in cui consegna un pugnale alla figlia Pamina per uccidere il suo nemico Zarastro, senza riuscire peraltro a smuovere la fanciulla dai puri sentimenti.

Spostandoci nell’epoca dominata dal cosiddetto “Belcanto”, la prima metà dell’Ottocento, troviamo estratti da due capolavori di genere diverso di Gaetano Donizetti. Lucia di Lammermoor è il più grande successo nel genere serio dell’autore; ebbe la sua prima proprio al Teatro di San Carlo di Napoli nel 1835 e con le parole“Il dolce suono” inizia la celbre “aria di pazzia” della protagonista Lucia, costretta con l’inganno a sposare un uomo non amato che uccide senza esserne consapevole (alla prima napoletana il ruolo fu interpretato da Fanny Tacchinardi). Da un’opera comica di straordinaria popolarità. Don Pasquale, sono tratte la romanza che inizia l’opera, “Bella siccome un angelo”, cantata da un baritono-lirico nel ruolo del Dottor Malatesta, e la immediatamente successiva aria per soprano “So anch’io la virtù magica” cantata da Norina, la protagonista femminile dell’opera (alla prima parigina del 1843 i due ruoli erano interpretati dalle autentiche star vocali del tempo, il baritono Antonio Tamburini e il soprano Giulietta Grisi, primi interpreti tra i tanti titoli anche dei Puritani di Bellini).

Verdi esercitava un controllo totale sulle scelte dei cantanti per le sue opere, perlomeno da quando era stato accreditato come il maggiore operista europeo del suo tempo. Non fa eccezione Rigoletto, alla cui prima di Venezia del 1851 il ruolo del Duca di Mantoca che canta la celeberrima “canzone” dell’atto III “La donna è mobile” fu affidato al tenore Raffaele Mirate, uno degli ultimi virtuosi dell’età belcantistica particolarmente apprezzato dal compositore. Il finale del secolo XIX è caratterizzato da un’espansione internazionale del repertorio della “canzone napoletana” d’autore, che è in realtà un genere raffindatissimo di lirica vocale da camera paragonabile al Lied tedesco, con la caratteristica dell’uso della lingua aulica napoletana, che non fu mai un dialetto: i brani proposti nel concerto ne sono esempi d’eccellenza, dalle romanze dello specialista Francesco Paolo Tosti (il testo di “A vucchella” fu scritto da Gabriele D’Annunzio in napoletano a un tavolo del Caffé Gambrinus nel 1897 e musicato dieci anni piu tardi da Tosti, che nel 1887 aveva già scritto la romanza in italiano “Malìa”) all’intramontabile “Core ingrato” composto da Salvatore Cardillo su testo di Riccardo Cuordiferro (simbolico pseudonimo per l’altro emigrato Alessandro Sisca) nel 1911 a New York per la voce del più illiustre degli emigrati napoletani, Enrico Caruso, che registrandola in uno dei pionieristici dischi deol tempo la consacrò per sempre nel repertorio dei grandi cantanti fino ai nostri giorni.

Caruso fu anche uno degli interpreti più amati da Puccini, che incise le arie per tenore di Tosca già nel 1903, tre anni dopo la prima assoluta dell’opera al Teatro Costanzi di Roma. La prima Flora Tosca, era stata, nel 1900, il soprano rumeno Hariclea Darclée, cui spettò il compito di intrepretare il ruolo di una cantante d’opera di cento anni prima, vero “teatro nel teatro”. Appena un anno dopo Pietro Mascagni presentava alla Scala Le Maschere, il suo personale omaggio all’epoca dell’opera buffa, ancora con Caruso protagonista, in cui l’aria “Quella è una stra- stra- strada” è interpretata dal baritono-commediante balbuziente dal nome inequivocabile di Tartaglia; un monologo esilarante che chiude con perfetta coerenza il programma iniziato con la maschera buffa di Leporello.

 

 

 

Teatro di San Carlo 
giovedì 15 settembre 2022, ore 20:00

 

 

RECITAL LIRICO ACCADEMIA TEATRO DI SAN CARLO

 

 

Allievi dell’Accademia del Teatro di San Carlo

 

Pianoforte | Roberto Moreschi

Programma

Giacomo Puccini, da La bohème “Quando m’en vo”

Laura Ulloa | Soprano

 

Gaetano Donizettida L’elisir d’amore “Una furtiva lagrima”

Giorgi Guliashvili | Tenore

 

Giacomo Puccini, da Turandot  “Tu, che di gel sei cinta”

Chiara Polese | Soprano

 

Wolfgang Amadeus Mozart, da Don Giovanni “Madamina, il catalogo è questo”

Ignas Melnikas | Baritono

 

Wolfgang Amadeus Mozart, da Die Zauberflöte “Der Hölle Rache kocht in meinem Herzen”

Maria Sardaryan | Soprano

 

Giuseppe Verdi, da Rigoletto “La donna è mobile”

Li Danyang | Tenore

 

Giacomo Puccini, da Tosca “Vissi d’arte”

Chiara Polese | Soprano

 

Gaetano Donizetti, da Don Pasquale “Bella siccome un angelo”

Giovanni Impagliazzo | Baritono

 

Gaetano Donizetti, da Don Pasquale “So anch’io la virtù magica”

Marilena Ruta | Soprano

 

Pietro Mascagni, da Le maschere “Quella è una strada”

Takaki Kurihara | Baritono

 

Gaetano Donizetti, da Lucia di Lammermoor  “Il dolce suono…”

Maria Sardaryan | Soprano

 

Francesco Paolo Tosti, “Malìa”

Takaki Kurihara | Baritono

 

Francesco Paolo Tosti, “’A vucchella”

Li Danyang | Tenore

 

Riccardo Cordiferro Salvatore Cardillo, “Core ‘ngrato”

Giovanni Impagliazzo | Baritono

 

 

 

Con gentile preghiera di pubblicazione e/o diffusione

Rossana Russo,

Responsabile della comunicazione creativa e strategica e relazioni con la Stampa

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Giulia Romito, Comunicazione e Stampa

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